Economia & Impresa sociale 

Cooperazione sociale, la sfida è trasformare i territori

Non basta più avere competenze e “menti illuminate” dentro l’impresa, occorre connettersi e catalizzare “l’innovazione che accade” al di fuori dell’impresa, attraverso strategie e scelte divenute oggi centrali per competere. Come dimostra l'indagine del progetto “CoopUpIN”, promosso da Confcooperative Emilia-Romagna, in collaborazione con Irecoop Emilia-Romagna, AICCON e Social Seed

di Paolo Venturi e Sara Rago

Una delle principali sfide cui si trova di fronte la cooperazione oggi è quella di dare evidenza della propria capacità di trasformare i territori e le comunità in cui opera, in altri termini di dare conto dell’impatto generato attraverso le proprie attività.

Generare impatto presuppone una consapevolezza, da parte della cooperazione stessa, di essere parte di un ecosistema, che si compone di una pluralità di istituzioni e, quindi, di relazioni tra i soggetti che ne fanno parte. Assumere questa prospettiva, oltre ad accrescere nel tempo il potenziale di impatto delle azioni cooperative che possono essere messe in campo, permette di alimentare anche lo sviluppo di processi di innovazione che vanno “oltre le mura” dell’impresa stessa per aprirsi all’ecosistema e alle sue componenti istituzionali per dare vita a percorsi di innovazione aperta (Chesbrough, 2003). Oggi, infatti, in misura crescente, lo sviluppo di innovazione passa da relazioni interne (dipendenti e soci) ma soprattutto esterne (fornitori, partner, altre figure legate specificatamente all’innovazione imprenditoriale, ecc.) all’impresa cooperativa e avviene in luoghi collaborativi, piattaforme reali o virtuali in cui si condividono risorse per ottene benefici in termini di innovazione.

Non basta più avere competenze e “menti illuminate” dentro l’impresa, occorre connettersi e catalizzare “l’innovazione che accade” al di fuori dell’impresa, attraverso strategie e scelte divenute oggi centrali per competere.

Per tale ragione e a sostegno di tali processi, ha preso avvio nel 2016 il progetto “CoopUpIN” promosso da Confcooperative Emilia-Romagna, in collaborazione con Irecoop Emilia-Romagna, AICCON e Social Seed, volto a promuovere azioni di sensibilizzazione, studio e realizzazione di strumenti di open innovation adatti al mondo cooperativo regionale e appoggiati sulla rete di incubatori cooperativi COOPUp.

All’interno di questo percorso è stata realizzata un’indagine avente quale obiettivo l’analisi del fabbisogno in termini di innovazione delle cooperative emiliano-romagnole. Nello specifico, il questionario di indagine, compilato da 136 soggetti cooperativi presenti quasi totalmente (97,8%) sul territorio regionale, aveva l’obiettivo di rilevare come realtà operanti in diversi ambiti di attività (soprattutto servizi educativi, socio-educativi ed assistenziali – 28,2% e agroalimentare e agricolo – 13,4%) e con diverse dimensioni, in termini di fatturato prodotto (il 38,8% ha un fatturato tra 1 e 10 milioni di euro) e numero di dipendenti (oltre il 60% delle realtà occupa fino ad un massimo di 20 persone), approcciassero in maniera più o meno differente le tematiche legate all’open innovation e, più in generale, ai processi di innovazione.

4 cooperative su 10 conoscono il tema dell’innovazione aperta. Sono soprattutto i soggetti che promuovono spazi innovativi come i community hub ad avere una maggiore consapevolezza del concetto (10 su 10), ma anche le realtà operanti nell’ambito dei servizi professionali (10 su 10) e in buona percentuale (8 su 10) i soggetti che erogano servizi di gestione del verde e dei rifiuti. Totalmente avversi alla conoscenza del concetto di open innovation, invece, sono i soggetti appartenenti ai macro-settori delle pulizie e trasporti (10 su 10)

Coerentemente, all’interno delle cooperative operanti nel settore dell’edilizia, delle energie rinnovabili, dei servizi professionali e del marketing e della comunicazione (per la totalità dei rispondenti di queste categorie) si riscontra l’uso di un modello classico dell’ufficio risorse umane, ancora legato allo svolgimento di meri compiti amministrativi. All’opposto, invece, si trovano i community hub e le cooperative operanti nella gestione dei servizi ambientali e dei rifiuti (rispettivamente il 10 su 10 e 6 su 10), i quali hanno confermato di aver già effettuato una transizione organizzativa che prevede la presenza di un ufficio risorse umane strategico con una funzione dedicata allo sviluppo di open innovation.

Quasi 6 su 10 cooperative hanno avviato progetti di innovazione nell’arco dell’ultimo triennio. Dei restanti, solo una parte residuale (poco più del 6,0%) sostiene di non ritenere necessario per il futuro prendere in considerazione l’idea di implementare processi di innovazione al proprio interno, mentre 1 su 3 di chi non ha sviluppato innovazioni nell’ultimo triennio esprime intenzionalità nel voler procedere in tale direzione nel futuro più o meno immediato (Figura 1). Gestione e rigenerazione di spazi (Community hub), editoria e comunicazione ed energie rinnovabili sono i settori in cui la totalità dei rispondenti hanno sviluppato nell’ultimo triennio progetti innovativi. Anche in questo caso, sono soprattutto le realtà di medie e grandi dimensioni in termini di fatturato a dichiarare di avere intrapreso percorsi di innovazione negli ultimi 3 anni.

Ma perché innovare? Le cooperative vedono nell’introduzione di future innovazioni una possibilità, in particolare, per diminuire i costi, da un lato, e per migliorare il servizio reso al cliente/utente, dall’altro (Figura 2).

4 cooperative su 10 dichiarano che il focus per lo sviluppo di percorsi di innovazione è principalmente quello interno, tant’è vero che vedono nei propri dipendenti (16,8%) le figure “privilegiate” con cui progettare in termini di innovazione. Tuttavia, una percentuale rilevante (34,3%) ha indicato nel rapporto con soggetti esterni (clienti, fornitori, università, ecc.) la leva per lo sviluppo di processi di innovazione. Infatti, qualora questo si verifichi, la dimensione relazionale con altre imprese è per oltre 1 cooperativa su 2 l’asset strategico per lo sviluppo di progetti di innovazione aperta (Figura 3), a dimostrazione di quanto non possa esistere innovazione aperta senza un tessuto di relazioni con il proprio territorio/ecosistema di riferimento.

Da questi dati viene confermato l’assunto secondo cui la propensione ad innovare sia fortemente correlata all’età delle imprese ed alla loro dimensione: da un lato, le realtà di più recente costituzione e quelle con le dimensioni maggiori che danno segni di una più forte propensione verso l’implementazione di processi innovativi, anche attraverso la realizzazione di processi di change management organizzativo al proprio interno; dall’altro, le restanti realtà che invece non hanno ancora voluto/potuto assimilare l’innovazione quale asset strategico del loro sviluppo.

Da questo percorso oltre alla ricerca, è nata la prima guida sull’innovazione aperta in ambito cooperativo: uno strumento semplice pensato per incentivare e supportare il ri-orientamento strategico delle cooperative verso una dimensione improntata alla condivisione e alla contaminazione. Dimensioni queste imprescindibili per riaffermare, in un contesto trasformato, il valore della biodiversità cooperativa.

* Paolo Venturi è direttore di AICCON (Centro Studi promosso dall'Università di Bologna)
Sara Rago è coordinatrice Area Ricerca di AICCON


In copertina un'immagine della Cooperativa Biplano


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