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Cooperazione & Relazioni internazionali

Amnesty International: «Con queste insinuazioni sulle Ong si perde la bussola morale»

«Stiamo assistendo ad una campagna di denigrazione nei confronti di chi si dedica all'assolvimento di un obbligo internazionale che competerebbe agli stati europei, i quali invece si sono progressivamente ritirati dalle attività di soccorso» ha sottolineato Gianni Rufini, direttore generale dell’associazione

di Redazione

«Pur non prendendo parte a operazioni di ricerca e soccorso in mare, Amnesty International Italia ha sentito di dover prendere posizione nei confronti della campagna di denigrazione, fatta di voci, insinuazioni e falsità, portata avanti contro le ong che si dedicano all'assolvimento di un obbligo internazionale che competerebbe agli stati europei, i quali invece si sono progressivamente ritirati dalle attività di soccorso, lasciando soli le ong e la Guardia costiera italiana ad assumersi questa responsabilità». A dirlo è Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia che aggiunge, «Sembra proprio che la morte sia l'unico strumento ritenuto efficace per dissuadere chi si imbarca, spesso sotto la minaccia delle armi, nella traversata del Mediterraneo. “Affonderete e vi lasceremo morire” è il messaggio che l'Europa manda ai migranti e ai rifugiati chiedendo loro di rimanere intrappolati nei campi di prigionia in Libia, per servire da schiavi alle organizzazioni criminali locali. Ancor peggio, etichettare come criminale chi cerca di salvare delle vite, contribuisce a giustificare il cinismo di chi mette la difesa delle frontiere al di sopra della salvaguardia delle vite di migliaia di donne, uomini e bambini. Il tutto mentre l'Italia, incurante delle torture e degli stupri praticati nei centri di detenzione in Libia, invia a questo paese le prime motovedette da pattugliamento».

In assenza di percorsi sicuri e legali verso l'Europa, negli ultimi anni centinaia di migliaia di migranti e rifugiati hanno attraversato il Mediterraneo in modo illegale e mettendo in pericolo le loro vite. Invece di creare un sistema ordinato che mettesse a disposizione percorsi sicuri per queste persone e di promuovere il rispetto e la protezione dei diritti umani nei paesi in cui dominano conflitti, persecuzioni e povertà, i leader europei si sono sempre più concentrati sul blocco delle frontiere e sui negoziati con governi che violano i diritti umani, allo scopo di impedire le partenze.

Decine di migliaia di persone sono attualmente intrappolate in Libia e cercano disperatamente il modo per fuggire da quel paese e raggiungere l'Europa. Le agenzie dell'Onu, le organizzazioni non governative (Ong) e i mezzi d'informazione hanno ampiamente documentato le massicce, sistematiche e orribili violazioni dei diritti umani contro i migranti e i rifugiati che si trovano in Libia.

Intraprendere un viaggio sempre più pericoloso verso l'Italia rimane l'unico modo per fuggire a tale sofferenza. Lo hanno fatto circa 180.000 migranti e rifugiati nel 2016 e 37.000 finora nel 2017. Lo scorso anno sono morte o scomparse in mare oltre 4500 persone, circa 900 quest'anno. Le imbarcazioni su cui salgono migranti e rifugiati sono inadatte alla navigazione, stipate all'inverosimile, prive a bordo di marinai esperti così come di equipaggiamento di salvataggio, dotate di motori inadeguati e di carburante insufficiente. Inevitabilmente, finiscono in avaria. Come già nel 2014 spiegò la Guardia costiera italiana ad Amnesty International, le imbarcazioni con a bordo migranti e rifugiati sono in avaria per definizione a causa della loro profonda inadeguatezza alla navigazione. Andare in avaria determina l'obbligo, ai sensi delle leggi del mare, di offrire assistenza. Le attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale per prevenire la morte di migliaia di uomini, donne e bambine che continuano a partire dalla Libia in condizioni del genere restano pertanto indispensabili e dovrebbero essere viste come una priorità assoluta.


Invece, i leader europei hanno scelto di dare priorità ai tentativi di stroncare le reti dei trafficanti e cooperare con le autorità libiche per fermare le partenze.

Sebbene l'operazione militare dell'Unione europea denominata Eunavfor Med abbia contribuito in modo significativo alle attività di soccorso nel Mediterraneo centrale, la ricerca e il soccorso non sono il suo obiettivo principale. L'operazione Triton dell'agenzia europea per le frontiere Frontex ha a sua volta dato un contributo ma la sua missione effettiva è quella di pattugliare l'area nei pressi del confine marittimo meridionale dell'Italia.

Nel 2016 le Ong hanno aumentato le loro attività garantendo in questo modo assai maggiore sicurezza in mare in una zona del Mediterraneo che altrimenti sarebbe rimasta fondamentalmente priva di controlli.

L'anno scorso, nel Mediterraneo centrale, le navi delle Ong hanno soccorso 46.796 persone su un totale di 178.415 arrivi. Nei primi tre mesi dell'anno hanno soccorso 7632 persone su un totale di 23.832 arrivi e il numero è considerevolmente salito ad aprile. Le loro attività sono svolte in collegamento con il Centro di coordinamento per il soccorso marittimo della Guardia costiera, a Roma, e nel rispetto della legge del mare.

Il motivo per cui ottengono questi grandi risultati è che si sono attivate nella ricerca delle imbarcazioni in avaria giungendo il più vicino possibile alle zone in cui la loro assistenza potrebbe essere necessaria. L'Europa dovrebbe essere orgogliosa di un successo del genere ottenuto dalla sua società civile ed essere riconoscente per il fatto che così tante vite umane siano state salvate da morte certa. Al contrario, le Ong in questione sono diventate il bersaglio di insinuazioni – che restano prive di sostanza – da parte di rappresentanti delle istituzioni, esponenti politici e commentatori i quali sostengono che proprio la vicinanza delle loro navi alle acque territoriali libiche e il loro metodo operativo stanno incoraggiando le partenze dalla Libia, dunque alimentando il traffico di esseri umani e, in definitiva, contribuendo all'aumento delle morti in mare.

Sono stati avanzati sospetti circa contatti diretti tra le Ong e le reti di trafficanti e si è speculato circa l'origine dei fondi con cui finanziano le attività di ricerca e soccorso.

Il 27 aprile, conversando con giornalisti italiani, il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ha sostenuto che alcune Ong potrebbero avere persino l'obiettivo di destabilizzare l'economia italiana traendone in qualche modo vantaggio. Ha aggiunto di essere a conoscenza di contatti tra alcune Ong e i trafficanti, ma di non averne le prove e che, mentre le Ong sono estremamente attive, gli stati che dovrebbero fornire risposte sono "inattivi", in particolare Malta che non risponderebbe alle richieste di ricerca e soccorso.

Dichiarazioni che sollevano dubbi sul ruolo delle Ong possono essere rintracciate già alla fine del 2016 in documenti confidenziali di Frontex resi noti dal Financial Times a dicembre dello scorso anno.

In quei documenti, Frontex elencava una serie di considerazioni relative al metodo operativo delle Ong che faciliterebbe l'azione dei trafficanti: le Ong operano molto vicino alle acque territoriali libiche; quando, nel giugno 2016, le operazioni di soccorso delle Ong si sono intensificate, ciò ha coinciso con la diminuzione delle richieste di soccorso provenienti da telefoni satellitari a bordo delle imbarcazioni e dirette alla Guardia costiera italiana; ai migranti verrebbero date istruzioni precise sulla rotta da seguire per raggiungere le navi delle Ong; le persone soccorse dalle Ong non intendono collaborare alle indagini per il contrasto al traffico di esseri umani e le stesse Ong non raccolgono testimonianze significative dai migranti e dai rifugiati soccorsi.

I documenti di Frontex indicano chiaramente (e lo fanno ancora di più in un testo rieditato che però è stato omesso dalle copie che Amnesty International è stata in grado di ottenere) che le operazioni di soccorso vengono condotte direttamente dalle Ong in assenza di collaborazione con la Guardia costiera italiana e dunque possono potenzialmente essere preparate tramite accordi tra le Ong e i trafficanti.

In seguito, quest'accusa è stata mossa pubblicamente a vari livelli contro le Ong che operano nel Mediterraneo centrale.

Nel febbraio 2017 Fabrice Leggeri, direttore di Frontex, ha dichiarato in un'intervista che le Ong costituiscono un fattore di attrazione per le persone che si trovano in Libia e che esse non collaborano in modo sufficiente al contrasto del traffico di esseri umani.

Sempre nel febbraio 2017, il procuratore di Catania ha confermato ai giornalisti che il suo ufficio non aveva aperto un'inchiesta penale bensì un'indagine conoscitiva – non riferita ad alcun sospetto né ad alcuna specifica condotta criminale – sui metodi operativi delle molte nuove Ong comparse di recente in alto mare e sulle loro fonti di finanziamento, in quanto sospettava possibili collusioni con i trafficanti.

Da allora esponenti politici del Movimento 5 Stelle e della Lega Nord, così come vari editorialisti, hanno iniziato a mettere in discussione il ruolo e i reali obiettivi delle Ong che operano in mare. Le Ong coinvolte nelle attività di ricerca e soccorso hanno negato vigorosamente tutte le accuse offrendo numerosi elementi di spiegazione sulle loro modalità operative e fonti di finanziamento. Il procuratore di Catania, l'ammiraglio Enrico Credendino – responsabile dell'operazione Sophia – e rappresentanti di una delle Ong coinvolte, Proactiva Open Arms, sono stati ascoltati in una serie di audizioni parlamentari.

Nel marzo 2017 Amnesty International ha incontrato la Guardia costiera al Centro di coordinamento di Roma. Nelle settimane precedenti, l'organizzazione per i diritti umani aveva esaminato numerose informazioni presentate durante le audizioni parlamentari, documenti ufficiali, informazioni pubbliche e articoli e servizi dei mezzi d'informazione.

Alla luce di quanto emerso da queste fonti e sulla base dell'esperienza maturata nello studio e nel monitoraggio delle attività di ricerca di migranti e rifugiati in mare, Amnesty International teme che una campagna di sospetti e insinuazioni circa rapporti criminali con le reti dei trafficanti non basata su alcuna prova stia mettendo a rischio attività di cruciale importanza nel salvataggio di vite in mare da parte di organizzazioni della società civile che si sono attivate volontariamente laddove sarebbe stato compito dei governi destinare risorse e navi per salvare vite umane.

Inoltre, Amnesty International ritiene che la denigrazione delle Ong che salvano le persone in mare e cercano di assicurare loro l'accesso alla protezione che spetta ai rifugiati possa deteriorare ulteriormente il dibattito sull'asilo e l'immigrazione, legittimando la stigmatizzazione, la ricerca di capri espiatori e la discriminazione e contribuisca in definitiva a favorire violazioni dei diritti umani e violenze contro migranti e rifugiati.

Amnesty International ha constatato che il procuratore di Catania ha ripetutamente detto di non avere finora alcuna prova di attività criminali da parte delle Ong che prendono parte alle ricerche e ai soccorsi nel Mediterraneo.

I rappresentanti del Centro di coordinamento della Guardia costiera hanno spiegato ad Amnesty International che nel loro ruolo di funzionari di polizia in mare hanno l'obbligo di informare le autorità inquirenti su ogni sospetto o prova di attività illegali. Amnesty International non è a conoscenza di alcun'azione del genere da parte della Guardia costiera.

Sostegno e apprezzamento per l'opera delle Ong che salvano vite in mare sono stati espressi, tra gli altri, dal primo ministro italiano Paolo Gentiloni e da Federica Mogherini, Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Unione europea nonché vicepresidente della Commissione europea.

Frontex ha a sua volta rivisto la sua posizione sul ruolo delle Ong e il 27 aprile il suo portavoce ha affermato che Frontex non ha mai accusato le Ong limitandosi a considerare che sono i trafficanti a trarre vantaggio dalla loro azione, ciò che ha definito una "involontaria conseguenza" della presenza delle Ong in mare.

Amnesty International sollecita tutte le persone coinvolte, compresi i rappresentanti del potere giudiziario, a parlare pubblicamente in modo responsabile su questioni riguardanti la vita e la morte come quella della ricerca e del soccorso. L'organizzazione per i diritti umani chiede inoltre ai leader europei di garantire che adeguate risorse e navi vengano messe a disposizione per le attività di ricerca e soccorso in mare lungo le rotte dei migranti e dei rifugiati in modo da assicurare il maggior livello possibile di sicurezza in mare per coloro che fuggono dalla Libia.

Mentre il dibattito pubblico si concentra intorno alle congetture sul ruolo delle Ong che continuano a salvare vite in mare, l leader europei proseguono a negoziare forme di cooperazione con la Libia per fermare i migranti e i rifugiati. Sono in corso diverse iniziative per mettere la Guardia costiera locale in condizioni di pattugliare le acque territoriali, intercettare in mare i migranti e i rifugiati e riportarli sulla terraferma libica.

La scorsa settimana il governo italiano ha fornito alla Guardia costiera libica due motovedette da pattugliamento e ha ribadito l'impegno a fornirne 10 entro giugno 2017. Vi è poi stato il vertice di Malta dei ministri della Difesa dell'Unione europea.

Amnesty International è estremamente preoccupata per l'impatto di tali misure sui diritti umani dei migranti e dei rifugiati in Libia. L'organizzazione ha già documentato detenzioni arbitrarie e torture, su scala massiccia e sistematica, di migranti e rifugiati intercettati in mare e riportati sulla terraferma libica.

Uomini, donne e bambini intervistati da Amnesty International hanno denunciato l'aumento dei maltrattamenti, degli stupri, dello sfruttamento e delle estorsioni nei centri di detenzione della Libia, compresi quelli ufficialmente sotto il controllo del ministero dell'Interno.

Amnesty International ha anche documentato violazioni dei diritti umani ai danni di migranti e rifugiati fuori dai centri di detenzione, favorite dall'assenza di legalità e da un diffuso razzismo. L'organizzazione ha infine ricevuto denunce di maltrattamenti di migranti e rifugiati ad opera di funzionari della Guardia costiera libica.

Di fronte a questa tragica situazione, i governi europei dovrebbero mettere a disposizione percorsi legali e sicuri verso l'Europa alle persone che hanno bisogno di protezione, e concentrare la cooperazione con la Libia sulle misure necessarie per proteggere i diritti umani dei migranti e dei rifugiati nel paese, a partire dalla fine delle detenzioni arbitrarie e della tortura.


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