Cooperazione & Relazioni internazionali

Migranti in Centrale: non è un’emergenza ma un problema di integrazione

L’operazione di controlli straordinari in Stazione Centrale messa in campo dalla questura martedì ha sollevato un nodo centrale: la situazione di sospensione in cui sono costretti i migranti in attesa di permesso di soggiorno, una condizione che provoca tensioni sociali e che è deleteria per chi è costretto ad aspettare

di Ottavia Spaggiari

Agenti a cavallo, volanti, camionette e un elicottero. Uno spiegamento di forze senza precedenti quello predisposto dal questore di Milano martedì in Stazione Centrale, obiettivo: un servizio di controllo straordinario sui migranti che trascorrono nel piazzale della stazione giornate intere. Un blitz concluso con un nulla di fatto: per nessuno dei 52 stranieri trovati senza documenti è stato emesso un provvedimento di espulsione e nemmeno un fermo, mentre alcuni di loro ieri in questura hanno scoperto che c’era stata una risposta positiva alla loro richiesta di permesso di soggiorno per motivi umanitari. Un’operazione straordinaria da una parte accompagnata da un comizio improvvisato di Salvini e dall’altro che ha sollevato diverse perplessità tra le istituzioni comunali e gli esponenti della società civile. “Mi piacerebbe capire che tipo di risultati portano azioni simili.” Ha dichiarato a Repubblica l’assessore alle Politiche Sociali Pierfrancesco Majorino. “L’accertamento delle condizioni e dello status dei richiedenti asilo deve accompagnarsi, sempre, con il rispetto dei diritti umani.” L’intervento in Centrale però ha sollevato un nodo chiave, come spiega Ulderico Maggi di Comunità Sant’Egidio che, per mesi ha coordinato il servizio di accoglienza all’interno del Memoriale della Shoah, al Binario 21. “Al di là delle modalità, un’operazione di controllo è legittima, anche se poi, come ieri, abbiamo visto che non c’erano situazioni di irregolarità. Il vero tema è quello su cui il decreto Minniti insiste troppo poco, ovvero quello dell’occupazione in senso lato. Non credo che la situazione della Stazione Centrale sia molto diversa da quella di altri luoghi, in cui sempre più persone si trovano sospese senza una prospettiva futura.” Secondo Maggi infatti il vero problema è quello di un’assistenza che rimane emergenziale ma fatica a diventare strutturale. “I processi di integrazione dovrebbero essere avviati da subito, così da evitare questo periodo di limbo, che può creare tensioni a livello di ordine pubblico, ma è anche drammatico per l’individuo che ha già dovuto subire traumi enormi durante il viaggio e finisce per trovarsi bloccato in questo stato di attesa molto pesante.” Un problema che rischia di aggravarsi con l’arrivo dell’estate, l’incremento degli arrivi e la chiusura delle frontiere a nord. “Il problema è sempre quello. Due estati fa la maggior parte delle persone che arrivava a Miano erano migranti in transito, diretti in altri Paesi, mentre oggi è sempre più difficile varcare la frontiera, chi arriva finisce per restare, molti sono rispediti indietro, i cosiddetti “dublinati”, che magari avevano iniziato a costruirsi una vita al nord ma che vengono rimandati in Italia in base alla convenzione di Dublino, poi ci sono i minori non accompagnati, moltissimi giovanissimi, di 13 o 14 anni che vengono presi in carico dai servizi territoriali”. Una situazione calda, molto complessa, in cui però la società civile ha dato una delle sue prove più brillanti. “Negli ultimi due anni la risposta dei cittadini è stata straordinaria. Si è costruito un movimento incredibile di persone singole, di gruppi, di laici e di religiosi di fedi diverse, che hanno offerto una risposta oltre l’emotività. Al memoriale della Shoah abbiamo avuto oltre 400 volontari, persone diversissime tra loro, ma molto consapevoli. Hanno capito che il singolo immigrato è una vittima della guerra mondiale a pezzi. Questo è un patrimonio enorme ed è la più grande ricchezza che ci possa essere.”


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