Politica & Istituzioni

Che delusione la nuova inclusione per gli alunni con disabilità

Sono stati pubblicati in Gazzetta ufficiale i testi delle otto deleghe legate alla Buona Scuola, in vigore dal 31 maggio 2017. Come cambierà l'inclusione degli alunni con disabilità? Bene l'introduzione dell'ICF e del profilo di funzionamento, mentre delude la formazione iniziale per gli insegnanti. L'introduzione di fatto della separazione delle carriere legittimerà la delega dell'alunno con disabilità al solo insegnante di sostegno. E che dire del "premio" per le scuole speciali?

di Sara De Carli

Sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del 16 maggio 2017 gli otto decreti legislativi che esercitano le deleghe previste dalla Buona Scuola, approvati dal Consiglio dei Ministri del 7 aprile scorso. Si tratta di decreti che intervengono sui seguenti aspetti: formazione iniziale e accesso al ruolo dei docenti della scuola secondaria (decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59); promozione della cultura umanistica (n. 60); revisione della formazione professionale (n. 61); valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo e esami di Stato (n. 62); diritto alla studio (n. 63); scuola italiana all’estero (n. 64); istituzione del sistema integrato di educazione e istruzione zero-sei anni (n. 65) e inclusione scolastica degli alunni con disabilità (n. 66). Tutti i provvedimenti entrano in vigore il 31 maggio 2017.

Uno dei decreti più attesi riguardava la revisione del sistema di inclusione scolastica degli alunni con disabilità: sono oltre 224.000 gli studenti con disabilità iscritti alle scuole d’Italia. Ne abbiamo scritto molto nei mesi scorsi e poco cambia fra il testo che le Commissioni avevano consegnato al Governo e il testo definitivo pubblicato in Gazzetta: è oggi però la giornata in cui raccogliere i commenti e le osservazioni degli esperti, dopo aver letto il testo definitivo.

Cosa cambierà concretamente dal 31 maggio e poi dal prossimo anno scolastico? Il decreto riesce davvero a dare concretezza al suo bellissimo articolo 1? Nei principi infatti si afferma che l'inclusione scolastica «si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno, nel rispetto del diritto all'autodeterminazione e all'accomodamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualità di vita», si dice che l’inclusione si realizza nella «definizione e la condivisione del progetto individuale fra scuole, famiglie e altri soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio» e si scrive nero su bianco che l’inclusione «è impegno fondamentale di tutte le componenti della comunità scolastica». Il decreto inoltre «promuove la partecipazione della famiglia, nonché delle associazioni di riferimento, quali interlocutori dei processi di inclusione scolastica e sociale».

1. Evelina Chiocca
Formazione di tutti i docenti, è questo il principale fallimento

Presidente del CIIS (Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno)

«Il grosso fallimento è sulla formazione di tutti i docenti e di tutto il personale, per entrare in una scuola che ha scelto l’integrazione come suo elemento caratteristico. Non c’è coerenza tra questa scelta e le condizioni messe in campo, l’azione politica della legge è diversa dalle sue intenzioni. È un’occasione persa, sono passati 25 anni dalla legge 104, c’era bisogno di dire con chiarezza che tutti gli insegnanti sono insegnanti di tutti gli alunni della classe e che tutti gli alunni sono alunni di tutti gli insegnanti. È la formazione dei docenti che modifica l’inclusione, non l’aggiunta di un altro piano o la creazione di un altro gruppo. È solo la formazione che può portare tutti gli insegnanti ad avere la percezione, ogni mattina, di entrare in classe per lavorare con tutti, non che siccome non me la sento o non sono specializzato, di questo alunno posso anche non occuparmi. Invece sarà ancora di più così, perché queste “sezioni per il sostegno” a cosa servono se non a far passare l’idea che noi docenti di sostegno apparteniamo a qualcosa di differente? Io la chiamo separazione delle carriere di fatto e pur avendo sentito con le mie orecchie che non si voleva la separazione carriere, nei fatti l’effetto è questo.

Rimane la divisione fra gli specializzati e i curricolari, come se non l’alunno non stesse in classe con gli insegnanti curricolari. Anche la continuità è pensata solo per il docente specializzato precario, come se l’inclusione derivasse dalla relazione dell’alunno con un unico insegnante. La norma sottolinea questo legame fra l’alunno e l’insegnante specializzato, in qualche modo legittima la delega. Questo ci metterà molto in difficoltà, perché noi che lavoriamo nella scuola sappiamo quanto sia grande la necessità degli insegnanti curricolari di esser formati e supportati da riferimenti che rafforzino l’idea dell’integrazione come corresponsabilità, che o diventa reale o non possiamo parlare di integrazione. Abbiamo fatto una scelta anni fa, ma oggi non mi pare che la si voglia percorrere fino in fondo. Si poteva fare? Forse i tempi erano stretti ma almeno si poteva accennare la direzione di un percorso: invece non c’è nulla».

2. Dario Ianes
La separazione delle carriere di fatto autorizza la delega

Docente ordinario di Pedagogia e Didattica Speciale all'Università di Bolzano, co-fondatore del Centro Studi Erickson di Trento.

Passi avanti rispetto al testo presentato dal Governo a gennaio sono stati fatti. Positivo è l’aver introdotto l’ICF come paradigma per costruire il profilo di funzionamento dell’alunno. Questo quadro complessivo di come realmente funziona quell’alunno preciso andrà fatto con la collaborazione dei genitori e di un rappresentante della scuola, preferibilmente scelto tra i docenti. Anche nel PEI viene ribadita con forza la partecipazione della famiglia. Tutto questo è strategico e cambierà concretamente le cose, perché l’ICF sottiene un’antropologia biopsicosociale, dove c’è il corpo del soggetto ma anche i suoi comportamenti, le sue competenze, la partecipazione sociale, c’è una visione della persona globale e sistemica, con il ruolo che giocano i contesti, la famiglia, i compagni, tutto ciò che fa sì che nella realtà due persone con la sindrome di Down funzionino in modo totalmente diverso: questa è la concezione della persona più avanzata che abbiamo, far entrare questo modello che dà il giusto valore agli elemento di contesto e di partecipazione è un grande passo in avanti, che tuttavia richiederà uno sforzo enorme da parte della sanità e della scuola, che non hanno confidenza con il modello. È un punto che va presidiato, nel decreto previsto entro 180 giorni per indicare le modalità di redazione del PEI, ma è un passo avanti.

Sulla continuità il decreto è irrilevante: le famiglie chiedevano continuità sull’intero ciclo scolastico, non c’è granché. Non ci sono più né i cinque né i dieci anni di permanenza sul sostegno, anche se poi il punto fondamentale è distinguere tra continuità sul sostegno e continuità sull’alunno. Poi però io voglio anche dire che dobbiamo chiederci quanto la continuità sia un valore e chi la deve garantire: se il Consiglio di classe è stabile e con una buona programmazione, la continuità è data da quello, mentre caricando troppo la continuità sull’insegnante di sostegno, smontiamo i principi integrazione.

L’altra grande esigenza espressa dalle famiglie era di avere insegnanti più formati e competenti: ne è uscito un mostro. La specializzazione per il sostegno, per la primaria, durerà un anno o 60 crediti formativi, come adesso. Però per accedervi devi avere altri 60 crediti su didattica dell’inclusione oltre ai 30 già previsti dalla laurea in Scienze della Formazione primaria: questi 60 dove li faccio? In un passaggio però poi si dice che possono essere riconosciuti i crediti universitari o il tirocinio… sembrerebbe lanciare un segnale che però depotenzia tutto, di fatto sarà uguale ad oggi, è una presa in giro alla richiesta di una formazione più forte. Ci sarà da presidiare molto questo decreto per il riconoscimento dei crediti.

L’ultimo tema che vorrei segnalare con forza è che nella primaria si diventa insegnante di sostegno dopo essersi abilitati come insegnanti, con una specializzazione ulteriore. Per la secondaria invece nel percorso triennale ci sono due percorsi diversi, per il posto di sostegno e per il posto comune, devi scegliere: di fatto si prefigura una separazione delle formazioni. Il FIT è differente tra posti comuni e posti sostegno. Cambiare è possibile, ma devi vincere il concorso per il FIT e fare i tre anni, di cui uno senza lavorare: questa cosa vuol dire separazione. È una grossissima frattura, strutturale, fra chi è insegnante di sostegno alla primaria e chi lo è alla secondaria. Si crea un gruppo di soggetti che sono specializzati per sostegno e la conseguenza qual è? Che il docente di filosofia o matematica vedrà il collega come docente di sostegno, non un collega di matematica che si è ulteriormente specializzato sul sostegno: non lo vedrò come un collega con cui pensare una matematica più inclusiva ma come uno a cui delegare, perché abbiamo due abilitazioni diverse. Credo che questo aprirà moltissimi problemi.

3. Roberto Speziale
La quantificazione delle ore di sostegno? Tolta dal PEI per evitare ricorsi

Presidente Anffas

Tre cose sono cambiate in maniera positiva rispetto all’impianto iniziale del decreto presentato dal Governo. La prima è la partecipazione delle famiglie e delle organizzazioni di persone con disabilità, la seconda il ragionare con i servizi del territorio, perché il testo arrivato in commissioni prevedeva che il profilo di funzionamento fosse redatto da una commissione INPS, totalmente sanitaria, come per l’attuale certificazione della legge 104. Interessante ovviamente è il riferimento all’ICF e all’ICD. Significa guardare l’alunno non solo nelle sue menomazioni ma nelle sue potenzialità, innanzitutto, è l’approccio corretto e da rafforzare.

Nel decreto di ieri sono molti i momenti necessari: un momento iniziale sanitario, una commissione che deve definire la condizione di disabilità che fa riferimento all’art 1 della Convenzione Onu, dove per la prima volta troviamo sarà integrata da un componente sociale, poi c’è il PEI, che diventa parte del progetto di vita in base all’articolo 14 della legge 328, una cosa che avevamo chiesto noi, perché la scuola non può essere decontestualizzata dal contesto di vita e non ha senso ragionare solo in termini di sostegni scolastici e non complessivamente di sostegni scolastici funzionali al progetto di vita. Ci sono aspetto positivi e innovativi, il problema è che mancano dei raccordi, nella scrittura tecnica del testo mancano dei collegamenti organici, ad esempio avevamo chiesto che chi fa il PEI e il progetto individuale fosse lo stesso soggetto, con una componente medica, sociale e con le agenzie del territorio. Era stata annunciata una semplificazione per le famiglie, non è vero, non c’è.

Una criticità c’è nel PEI: diversamente da quel che avveniva prima sembrerebbe – è scritto in modo ambiguo – che nel PEI vengono indicarti i sostegni ma non quantificati. Il PEI poi viene girato al dirigente che fa una sua analisi, quantifica i sostegni e li sottopone al GIT che fa verifica, una valutazione e poi inoltra una proposta all’Ufficio scolastico regionale. È l’USR che assegna le risorse, noi abbiamo ottenuto che le determinasse confrontandosi con il GLIR, altrimenti lo avrebbe fatto autonomamente. La quantificazione delle ore di sostegno nel PEI era ciò che in questi anni ha consentito a tantissime famiglie di presentare ricorso nel caso in cui le ore di sostegno riconosciute fossero meno di quelle scritte nel PEI e tutte hanno vinto il ricorso: temo sia questa la ragione per nel PEI è stata tolta la quantificazione dei sostegni specifica.

La formazione obbligatoria la troviamo solo per i docenti di sostegno, per gli altri non c’è obbligo, speriamo che questa mancanza venga ovviata rendendo obbligatoria questa formazione nella formazione di servizio. Per ora c’è solo un passaggio dove si parla della valutazione del grado di inclusione della scuola, che prevede si adottano piani di formazione per i docenti curricolari. Nulla si dice sul numero degli alunni per classe, quindi dovrebbe essere rimasta in vigore la normativa vigente. Segnalo invece un articolo che riconosce alle scuole paritarie un finanziamento collegato al numero di alunni e alla percentuale di alunni con disabilità: tradotto significa che una scuola in cui su 300 alunni ce ne sono 200 con disabilità, ha un “premio”. Mi pare un incentivo al un ritorno delle scuole speciali, sotto mentite spoglie, noi avevamo chiesto che si scrivesse un “fermo restando il numero massimo di alunni per classe”… spero di essere io a leggere in modo sbagliato.

Soddisfatti? No. Anffas è sempre stata per la qualità non per quantità del sostegno e la qualità è proporzionale alla formazione di tutti coloro che sono nella scuola. Il decreto su questa parte per accontentare tutti ha scontentato tutti e non ha nemmeno seguito le indicazioni delle Commissioni. Però non mi sento nemmeno di bocciarlo, sicuramente incide sul miglioramento dell’inclusione ma sui decreti attuativi ci sarà da lavorae per migliorare alcuni elementi.

Foto Pexels


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