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La strada per l’autonomia passa da un campo coltivato

Grazie alla rete Agricoltura sociale Lombardia sono 1.479 le persone in stato di disagio (tra queste 790 con disabilità) che attraverso un percorso di tirocinio professionalizzante nel settore agricolo hanno la possibilità di riappropriarsi della propria vita. Nel corso del 2017 hanno preso il via 132 nuove esperienze tra alternanza scuola-lavoro e tirocini

di Antonietta Nembri

Si chiama Agricoltura Sociale Lombardia ed è la realtà operativa che promuove iniziative che favoriscono i valori sociali e l’inclusione socio-lavorativa di persone che vivono diversi tipi di svantaggio. Stiamo parlando di giovani con fragilità, soggetti con disabilità di tipo fisico, cognitivo, sensoriale, relazionale e psichiatrico o con disagi legati alle dipendenze, detenuti ed ex detenuti, immigrati e donne in stato di difficoltà.
A pochi mesi dall’approvazione (era novembre) da parte della Regione Lombardia del finanziamento dell’azione di sistema presentata dalla Provincia di Mantova (ente capofila) per il potenziamento della rete attribuendo così alle singole reti locali di ciascuna provincia fondi per attivare percorsi sperimentali in ambito agri-sociale, Agricoltura Sociale Lombardia presenta i primi dati e le prime esperienze emblematiche. I numeri parlano di 132 nuovi percorsi (72 i tirocini lavorativi e 60 progetti di alternanza scuola-lavoro) e di ben 1.479 persone in stato di disagio (tra loro 790 le persone con disabilità). I progetti che prevedono l’alternanza sono già partiti e si rivolgono in particolare a ragazzi con fragilità, mentre i primi tirocini per lo più professionalizzanti hanno preso il via a fine aprile, mentre la maggior parte inizieranno da giugno.

«La rete Agricoltura Sociale Lombardia esplicita una forma innovativa di lavoro organizzato in cui l’esperienza lavorativa diventa progetto comune», commenta Alessandra Bezzecchi, responsabile servizio disabili Provincia di Mantova. «Le persone coinvolte, sia fragili sia con problemi di salute, costruiscono la propria identità attraverso il lavoro in agricoltura: individualismo, competizione, guerra dei talenti, autoritarismo, egoismo e solitudine professionale spariscono quando il legame sociale è così forte. Le storie delle persone inserite grazie alla rete lombarda ci raccontano di eroi che senza vergogna hanno trovato non un luogo ma una comunità di senso dove radicarsi».

Ben 119 le realtà mappate tra aziende agricole, cooperative, fondazioni e associazioni presenti nelle 12 province lombarde. Tante le storie di riuscita che si potrebbero raccontare: dalle assunzioni a tempo determinato o indeterminato fino ai progetti auto-imprenditoriali. Come la storia di Roberto, inserito nel progetto “Orti Sociali Voghera” di Pavia che da paziente del Centro Psicosociale ora gestisce un progetto tutto suo. Sul territorio di Pavia, del resto si possono contare 11 inserimenti lavorativi di persone con disabilità, problemi di dipendenza ed ex detenuti.

«Con l’agricoltura sociale vogliamo promuovere il passaggio da una logica di pura assistenza a una visione di giustizia sociale che porta i soggetti deboli ad essere veri e attivi protagonisti della vita, contrastando l’emarginazione e valorizzando le loro potenzialità» spiega Moreno Baggini, responsabile del progetto “Orti sociali Voghera”, nonché vicedirettore della Caritas diocesana di Tortona e coordinatore nell’ambito della rete Agricoltura Sociale Lombardia per il territorio di Pavia che conta 8 realtà mappate tra aziende agricole, cooperative e fattorie sociali. Nel 2017 in provincia di Pavia, inoltre si possono contare 13 nuovi percorsi (attivati attraverso il Bando regionale), comprensivi di tirocini e alternanze scuola-lavoro, rivolti a giovani con fragilità.

Il progetto “Orti sociali Voghera”, inserito nell'azienda agricola Baggini, nato nel 2014, ha lavorato fina da subito in sinergia con altre realtà – Comune di Voghera, Provincia di Pavia, Slow Food Oltrepo Pavese, Coldiretti, Caritas Diocesana di Tortona, Regione Lombardia – con un unico obiettivo: divulgare contenuti e prassi dell’agricoltura sociale con il fine di sviluppare sempre più l’inclusione lavorativa di soggetti svantaggiati.

«Il nostro obiettivo è promuovere la persona rendendola autonoma e protagonista: l’inserimento lavorativo in un progetto di agricoltura sociale veicola benefici da tutti i punti di vista rispondendo in maniera completa ai bisogni dell’utente», afferma Baggini che ha gestito numerose iniziative di inclusione. «L’attività agricola permette di seguire un percorso completo nel suo divenire attraverso il processo di produzione che va dalla semina alla raccolta, fino alla vendita del prodotto. L’insieme di tutti questi elementi, la relazione personale intensa e qualificata, il contatto con la natura, la soddisfazione di un raccolto, offrono un approccio positivo sul piano del benessere generale che pochi altri ambienti possono garantire. In agricoltura è, infatti, possibile sperimentare una connessione immediata tra azione ed effetto: "Se una pianta si secca è perché non è stata accudita". Questo permette al soggetto coinvolto di acquisire un senso di responsabilità con la percezione di diventare indispensabile per qualche cosa, riconquistando la propria autostima». Risulta così emblematica la storia di Roberto che proprio grazie all’esperienza in ambito agri-sociale ha trovato il suo riscatto. Un lutto segna a tal punto il suo equilibrio psichico da impedirgli per due anni di uscire di casa, nel frattempo comincia a essere seguito come paziente dal Centro Psicosociale della zona. Poi a primavera 2016 attraverso il progetto “Epoquè” realizzato in convenzione con il Cps di Voghera e finanziato dalla Fondazione Cariplo, inizia una prima esperienza di agricoltura sociale nel contesto di “Orti Sociali Voghera”. «Ha iniziato con mansioni semplici, come togliere erba infestante a mano, passando successivamente alla semina fino alla raccolta vera e propria dei prodotti» racconta Baggini. «Tutte le fasi del progetto hanno previsto un affiancamento da parte dello staff garantendo in questo modo apprendimento delle abilità e acquisizione di autonomia lavorativa».

Ora Roberto ha ripreso in mano le redini della propria vita, lavora con continuità per diverse aziende agricole del territorio, specializzandosi in particolar modo nella coltivazione di zucche, competenza per cui è richiesto da numerosi contesti lavorativi. Attraverso una conduzione di tipo familiare gestisce inoltre un terreno tutto suo dedicato alla produzione di ortaggi. «Questa esperienza è stata per me molto positiva e importante: mi ha permesso di ricominciare una nuova vita regalandomi tante soddisfazioni. Venivo da una situazione difficile», racconta Roberto. «Lavorare con la terra mi fa stare bene perché è una cosa che facevo anche da piccolo con mio padre, quindi sapevo già come muovermi. Ad “Orti Sociali di Voghera” ho trovato persone che hanno capito subito la mia situazione e che mi hanno messo a mio agio con i ritmi di lavoro e a contatto con gli altri. È bello avere a che fare con colleghi gentili e disponibili: Moreno e gli altri mi hanno fatto sentire rispettato».


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