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Vaccini, dubbi dagli epidemiologi: i dati sulla copertura sono corretti?

Dopo l’introduzione dell’obbligo per 12 vaccinazioni un gruppo di epidemiologi interviene sull’allarme destato dal presunto crollo della copertura vaccinale in Italia. «I dati sono riferiti ai bambini fino a 24 mesi, ma molti si vaccinano più avanti. Se si considera la popolazione fino a 14 anni, la copertura è ottimale». E lanciano un allarme: il 5% dei genitori rifiuta i vaccini e potrebbe non iscrivere i figli a scuola

di Gabriella Meroni

C’è uno “zoccolo duro” di oppositori ai vaccini, in Italia, pari a circa il 5% dei genitori, che potrebbero ribellarsi al recente obbligo di sottoporre i bambini a 12 vaccinazioni prima di iscriverli a scuola, arrivando al punto di rifiutarsi di mandarli in classe. Non basta: la decisione del ministro Lorenzin sull’obbligatorietà, dovuta all’allarme circa il crollo della copertura vaccinale in Italia, potrebbe essere stata presa sulla base di dati incompleti e, quindi, sostanzialmente errati.

Sono le due clamorose affermazioni che si evincono da una lettera (pubblicata da quotidisanosanita.it) scritta da un gruppo di epidemiologi, il cui primo firmatario, Massimo Valsecchi, oltre che Direttore Dipartimento Prevenzione ULSS 20 di Verona è anche Componente della Commissione Nazionale di verifica dell’eliminazione del morbillo e della rosolia (gli altri firmatari sono in fondo a questo articolo). Il testo, che raccomanda al ministro una «riflessione critica prima di adottare decisioni drastiche», mette in luce un elemento nuovo e non ancora emerso nel dibattito pubblico: il metodo di calcolo della copertura vaccinale. « La diminuzione di coperture segnalata dall’Iss si basa sul rilevamento periodico che viene effettuato a 24 mesi di vita», segnalano i medici, che però «non consente di cogliere un nuovo fenomeno, e cioè la crescente esitazione dei genitori di fronte all’offerta vaccinale con il conseguente ritardo di adesione». La sola misurazione delle coperture a 24 mesi non riesce, in altri termini, a “vedere” le coperture ottenute con la vaccinazione dei bambini che vengono vaccinati dai genitori in ritardo, e rischia quindi di «confondere un (certamente preoccupante) “ritardo vaccinale” con una mancata adesione».

Quindi non è vero che chi non è vaccinato due anni non lo sarà poi in seguito, anzi; una sottolineatura non da poco viene corroborata anche da alcuni precisi dati: un’indagine effettuata nella Usl di Verona (che conta 480 mila abitanti) ha evidenziato a 24 mesi dalla nascita la diminuzione di copertura vaccinale segnalata dal Ministero e dall’Iss; non succede la stessa cosa però se si mette sotto la lente la percentuale di popolazione infantile residente di età inferiore a 14 anni. Qui le percentuali sono ben diverse e molto più confortanti: la copertura dei nati dal 2000 al 2014 è infatti del 95,51% per la poliomielite (ciclo completo) e del 93,59 % per il morbillo (prima dose). «Dati che è opportuno ricordare», scrivono gli epidemiologi, «perché sono la prova tangibile di una raggiunta buona protezione immunitaria complessiva della popolazione infantile in assenza di epidemie di rilievo».

Il problema è però che il Ministero si basa su altri dati, quelli relativi ai bambini fino a due anni, mentre sarebbe utile – sempre secondo la lettera – effettuare un’analisi che guardi a tutte le fasce di età infantili inferiori ai 14 anni. «Il dato, se confermato, imporrebbe una rivisitazione dei criteri di monitoraggio», continua il testo, che mette in risalto la tendenza da parte dei genitori a “recuperare” le vaccinazioni non effettuate nelle età in cui i bambini sono molto piccoli e i timori dei genitori molto alti. Due, a questo punto, le raccomandazioni dei medici: mettere in atto interventi specifici di verifica, in tutte le regioni a 24 e 36 mesi, della copertura vaccinale di tutta la popolazione infantile con meno di 14 anni e un programma di rendicontazione delle reazioni avverse effettivamente verificate sul campo, da trasmettere ad una commissione nazionale indipendente a cui demandare anche il compito della comunicazione «secondo canoni di rigore».

Il rischio che si corre, conclude la lettera, è infatti molto alto, e riguarda quello “zoccolo duro” di genitori che si oppongono ai vaccini tout court. «Esiste un 5% della popolazione che si lascia profondamente influenzare dalle fandonie che circolano sulla Rete riguardo ai vaccini», si legge, «che arriverebbe e sarebbe disposta a non iscrivere i bambini a scuola pur di evitare di sopportare l’idea di un rischio di eventi avverso temuto e considerato reale nel proprio vissuto».


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