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Estinzioni di massa: la sesta sarà opera dell’uomo

In occasione della Giornata mondiale dell'Ambiente l'associazione ricorda come dal 1970 a oggi abbiamo perso il 58% della ricchezza della vita sulla Terra. In meno di 10 anni quasi il 70% degli elefanti di foresta. È come se stessimo per perdere alcuni dei capolavori dell'arte: in Italia la lontra rischia l'estinzione ed è come se perdessimo la Venere di Botticelli

di Antonietta Nembri

Il pianeta Terra ha vissuto nel corso della sua storia lunga milioni di anni diverse estinzioni di massa (da quella del Permiano a quella dei dinosauri), ma quella cui ci troviamo di fronte, la sesta – come avverte una nota di WWF – è la prima a essere causata da una singola specie: l’uomo. Le principali cause di questa sesta estinzione di massa sono le grandi modificazioni globali che l’uomo sta causando al pianeta. In primis – continua la nota di WWF – i cambiamenti climatici in atto, la frammentazione e la distruzione degli habitat e l’esponenziale aumento del bracconaggio e dei crimini di natura. In pochi anni abbiamo perso un patrimonio unico di specie, di popolazioni, di diversità

Secondo il WWF, solo dal 1970 al 2012 abbiamo perso il 58% della ricchezza della vita sulla Terra per quanto riguarda mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci. Alcuni di questi animali come il Lupo della Tasmania, lo Stambecco dei Pirenei, la Tigre del Caspio, il Rinoceronte nero dell’Africa occidentale, il Leopardo di Zanzibar, sono scomparsi recentemente, altri rischiano di scomparire in una manciata di anni.

In poco più di 10 anni è scomparso in Africa quasi il 70% degli elefanti di foresta. Solo nel Mediterraneo più del 50% degli squali sono a rischio estinzione, per non parlare di specie simboliche come la Vaquita, una piccola focena del Messico, di cui restano non più di 30 esemplari o la Balena franca Nord Atlantica, vicinissima all’estinzione e di cui sopravvivono non più di 350 individui nell’Atlantico settentrionale. Per non parlare dell’Orso marsicano, sui nostri Appennini (non ne sopravvivono più di 50), del Leopardo dell’Amur, straordinario felino confinato nelle foreste tra Cina e Russia, degli ultimi 40 Rinoceronti di Giava o dei Gorilla di Cross River che stiamo cancellando dalle foreste del Bacino del Congo.

L’estinzione di animali unici sottolinea l’incapacità del genere umano di intervenire con determinazione su emergenze planetarie paradossalmente da noi stessi scatenate, quali quella dei cambiamenti climatici in atto. «Abbiamo perso la diversità delle tigri, dei rinoceronti, degli elefanti, degli anfibi, delle grandi scimmie, dei mammiferi marini: la nostra azione ha amplificato forse anche di 1000 volte quello che è il normale tasso di estinzione delle specie sulla Terra» insiste WWF.

In occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente il WWF ha scelto alcuni dei capolavori della natura più vicini all’estinzione e li ha avvicinati alle grandi opere dell’uomo da cui mai vorremmo separarci con l’obiettivo di far comprendere il valore simbolico di quello che stiamo distruggendo. Non esistono dipinti, sculture, sinfonie, opere letterarie, non esistono testimonianze storiche che possano avvicinare il valore di quello che l’evoluzione della vita sul nostro Pianeta è in grado di offrirci.

E così ricorda ancora WWF mentre mai potremmo immaginare la nostra vita senza le sinfonie di Mozart e di Beethoven, le pitture del Caravaggio o gli scavi di Pompei, lasciamo che spariscano dal pianeta capolavori della natura che mai più nessuno potrà riprodurre o imitare e della cui estinzione saremo a tutti gli effetti corresponsabili.

E gli esempi del WWF vedono accostare all’Orso marsicano gli Eremi abruzzesi candidati a entrare nella lista dei siti Unesco, al Gipeto (raro avvoltoio che in Italia conta una decina di coppie sulle Alpi dove è stato reintrodotto grazie al WWF) la Nona di Beethoven. Alla lontra, raro mammifero acquatico un tempo diffuso che è stato sterminato (ne sopravvivono solo 600 esemplari) in Italia, viene accostata la Venere del Botticelli.

In apertura un leopardo delle nevi – foto di Klein & Hubert – WWF