Economia & Impresa sociale 

Stop a Flixbus, Airbnb tassato: l’Italia e il terrore della concorrenza

Inseriti nel testo della manovrina del governo due provvedimenti che mettono nei guai la maggiore società di trasporto su gomma europea, famosa per le tariffe low cost, e il portale di affitti tra privati. Ecco cosa rischiano in un paese che incoraggia le start up ma poi le bastona non appena hanno successo

di Gabriella Meroni

Con il voto del Senato che ha approvato la “manovrina” sono guai grossi per due delle più innovative startup sbarcate con successo in Italia: Flixbus e Airbnb. Per la prima si profila lo stop definitivo; per la seconda una tassazione sfavorevole. Partiamo da Flixbus, una delle principali aziende che muove persone con i bus in giro per l’Europa, che presto non avrà più le licenze per effettuare il servizio in Italia, salvo colpi di scena delle prossime settimane.

La società di trasporto su gomma oggi fa circa 120mila tratte al giorno in oltre mille destinazioni in Europa e opera in 20 nazioni dove muove oltre 30 milioni di passeggeri. Ma non possiede nemmeno un bus (un aspetto importante, perché è il grimaldello usato dal Parlamento per metterla al bando): trova accordi con compagnie locali di trasporto, mentre provvede in autonomia alle autorizzazioni per le lunghe tratte. In Italia sono 49 le piccole e medie aziende di noleggio con le quali opera, che comprano i mezzi, pagano la benzina e gli autisti. Ma un anno fa Flixbus non rischiava nulla, anche se in parte aveva cominciato a destabilizzare il mercato del trasporto su bus.

Una storia di incredibile successo, la sua. Fondata nel 2011 a Monaco nel 2013, riesce ad organizzare la sua prima corsa da Monaco a Berlino. Cresce per accordi, fusioni e acquisizioni. Nel 2015 compra la sua prima startup, Liinita, un servizio da poco uscito da un incubatore d’impresa che offriva un servizio di condivisione delle corse per negozi retail e centri commerciali. E' quello che servirà per elaborare il suo modello basato sul noleggio di autobus. Nell’estate del 2015 arriva in Italia e apre una filiale a Milano, poi cresce e arriva in un anno a trasportare 2,5 milioni di passeggeri. A giugno 2016 acquista la società Megabus e si afferma, a 3 anni dalla sua prima corsa, come gigante del trasporto pubblico europeo.

Arriviamo in Italia. Dove dallo scorso febbraio – sintetizza l’AGI – la politica discute di Flixbus e con la stessa dicotomia che ha caratterizzato la discussione su Uber: lo chiudiamo o non lo chiudiamo? Un gruppo di senatori pugliesi del centrodestra infila in un emendamento una norma per impedire alle società che non posseggono autobus di lavorare nel settore dei trasporti su autobus: ovvero Flixbus. Viene approvato, ma dopo molte proteste sui giornali il governo cancella l’emendamento, a maggio l’emendamento rispunta identico, ma sotto matrice Pd, reinserito dalla commissione presieduta da Francesco Boccia, deputato Pd e piuttosto critico verso le società web. Flixbus è condannata. Nonostante lo stop non piaccia quasi a nessuno. Il problema è che sulla “manovrina” è stata posta la questione di fiducia ed è passata in Senato senza modifiche. Flixbus non potrà più ottenere le licenze per offrire il servizio. E per evitare la chiusura del servizio in Italia il Governo dovrebbe intervenire in tempi brevi.

Quanto a Airbnb, la stessa manovrina ha introdotto dal 1 giugno la cedolare secca al 21% sugli affitti brevi, che riguarderà le case vacanze e gli immobili affittati tramite portali. I soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare agiscono come sostituti d'imposta trattenendo le tasse da versare, e i portali di prenotazioni online internazionali saranno costretti a diventare esattori. Le piattaforme prive di stabile organizzazione in Italia dovranno agire da sostituti d'imposta, nominando un rappresentante fiscale per la riscossione e pagando direttamente all'Agenzia delle Entrate l’imposta.


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