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Csvnet in audizione, occhi puntati sul Codice del Terzo Settore

Stefano Tabò è intervenuto nelle commissioni di Camera e Senato sul decreto attuativo più corposo della Riforma del Terzo settore. Permanendo una valutazione positiva, sono state rilevate alcune incongruenze e la necessità di cambiamenti nelle disposizioni riguardanti il tema del controllo esercitato dai Csv sugli enti del Terzo settore

di Redazione

Con quella alla Commissione Lavoro e previdenza sociale del Senato dello scorso 15 giugno Csvnet ha concluso le audizioni parlamentari (la prima si era tenuta alla Commissione Affari sociali della Camera il 5 giugno) sui decreti attuativi della Riforma del Terzo settore (Legge 106/16)

Gli interventi del presidente Stefano Tabò si sono concentrati sul decreto più corposo, quello riguardante il Codice del Terzo settore (in allegato il testo): in particolare sui 6 articoli (61-66) che si occupano direttamente della revisione del sistema dei Centri di servizio per il volontariato e su altri 5 articoli attinenti al controllo sugli enti di Terzo settore da parte degli stessi Csv.

Sul primo blocco, che si estende per oltre il 13% dell’intero testo, Tabò ha ribadito la valutazione sostanzialmente positiva già espressa al momento dell’approvazione dei decreti da parte del governo: si apprezza cioè la “visione organica di insieme” con cui viene riformata una normativa “vecchia nella logica e inadeguata nel contenuto”, si constata con soddisfazione come l’esperienza ventennale dei Csv venga legittimata e rafforzata.

CSVnet chiede di estendere alcune disposizioni già previste per le reti associative anche ai Csv. Si chiede di prevedere, anche per i rappresentanti legali e gli amministratori dei Csv, l’incompatibilità con condanne penali, passate in giudicato, per reati che comportino l’interdizione dai pubblici uffici. Si chiede poi – continua una nota di Csvnet – , proprio per assicurare le peculiarità della governance richieste ai Csv dal Codice, che sia esplicitata anche per i Centri di servizio per il volontariato la possibilità di andare in deroga alle disposizioni riguardanti l’assemblea per la generalità degli enti di terzo settore (art. 24).

Ma i rilievi più consistenti dell’associazione dei Centri di servizio riguardano il secondo blocco di articoli, piuttosto tecnico ma cruciale, sul quale è stato presentato un dettagliato contributo specifico. In esso si chiede, tra l’altro, che il controllo sugli enti di Terzo settore esercitato dai Csv si configuri quale funzione complementare (e non integrata) alla loro funzione costitutiva; che la vigilanza su tale controllo sia direttamente in capo al ministero del Lavoro e Politiche sociali (e non tramite l’Organismo nazionale di controllo previsto per i Csv); e che la funzione dei Csv sia attivabile solo su base volontaria, cioè sugli enti di Terzo settore che ne facciano richiesta.
Una più corretta impostazione è presupposto perché effettivamente gli “enti di piccole dimensioni” possano beneficiare dell’intervento dei Centri di servizio per il volontriato, così come richiesto dalla legge delega (art. 7, c.2).


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