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CIDSE: il consumo responsabile inizia da te

In giugno si è celebrato il secondo anniversario della pubblicazione del Laudato Sì, l’enciclica scritta da Papa Francesco “per la ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”. La piattaforma delle ong cattoliche internazionali, CIDSE, ne ha fatto il motore di una campagna mondiale di sensibilizzazione improntata su stili di vita responsabili. A Bruxelles, una mostra fotografica aperta fino al 6 luglio dimostra che è possibile

di Joshua Massarenti

“Molte cose devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare. Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione”.

Tra i tanti “comandamenti” che invitano ogni essere umano a rispettare il pianeta e gli esseri umani che ci abitano, quello che appare nell’introduzione del quarto capitolo dell’Enciclica di Papa Francesco sull’educazione e la spiritualità ecologica è probabilmente uno dei più significativi. Dalla telefonia mobile ai prodotti agricoli pieni di pesticidi, passando per l’uso delle automobili, le catene di fast-food, i jeans fabbricati da minorenni del Bangladesh in condizioni disumane, l’era di consumismo globale sfrenato in cui viviamo ci spinge a stili di vita che mettono in pericolo il futuro dell’umanità.

Molte cose devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare.

Papa Francesco (Laudato Sì)

Vivere in modo responsabile, una sfida difficile ma non impossibile

Vivere e consumare in modo responsabile è allo stesso tempo tra le sfide più difficili da mettere in pratica, perché cambiare stile di vita necessita grande forza di volontà, ma anche tra quelle maggiormanente a portata di mano, perché mai come oggi il consumatore ha la possibilità di fare scelte responsabili rispetto ai prodotti e ai modelli di consumo che il mercato mondiale ci propone ogni giorno. Questo discorso potrebbe valere soltanto per le società di consumo dei paesi sviluppati, mentre per quelli più poveri prevalgono logiche di sopravvivenza. Ma come ci ricordano i nuovi Obiettivi di sviluppo sostenibile adottati dagli Stati membri delle Nazioni Unite nel settembre 2015, le sfide per la lotta contro la povertà, una crescita economica sostenibile e la protezione del pianeta (i tre punti cardini degli SDGs) sono globali e accomunano tutti gli esserei umani in una logica di co-responsabilità.

In questa nuova architettura mondiale, l’enclicica di Papa Francesco pubblicata due anni fa è risultata sin dal suo lancio una grande fonte di ispirazione per la società civile. Di sicuro ha permesso di gettare le basi di una delle campagne di sensibilizzazione su stili di vita responsabili tra le più ambiziose mai lanciate dal mondo delle ong cattoliche. Quella coordinata da CIDSE, una piattaforma internazionale basata a Bruxelles che riunisce sedici reti di organizzazioni non governative (tra cui la FOCSIV), ha fatto proprio gli obiettivi fissati da Papa Francesco nel Laudato Sì: “Ogni aspirazione a curare e migliorare il mondo richiede di cambiare profondamente gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società”.

La campagna di sensibilizzazione coordinata da CIDSE, una piattaforma internazionale basata a Bruxelles che riunisce sedici reti di organizzazioni non governative (tra cui la FOCSIV), ha fatto proprio gli obiettivi fissati da Papa Francesco nel Laudato Sì.

Una mostra per cambiare stili di vita

Una mostra fotografica, inaugurata proprio da CIDSE a Bruxelles, riassume i messaggi che le ong cattoliche hanno voluto trasmettere all’opinione pubblica attraverso la campagna 'Cambiamo per il Pianeta – Prendiamoci cura delle persone'. L’esposizione, aperta al pubblico fino al 6 luglio presso la Chapelle de l'Europe a Bruxelles, espone tra l’altro le fotografie vincitrici del concorso organizzato da CIDSE rivolto sia a professionisti del settore che agli appassionati di fotografia amatoriali che hanno a cuore il cambiamento sociale ed ambientale e che sono desiderosi di condividere particolari iniziative comunitarie di produzione e consumo di cibo ed energia in modo completamente sostenibile.

Quella del belga Sebastien Pins, vincitore della categoria amatoriale, richiama l’attenzione sull’importanza delle api, il cui tasso di mortalità in Europa è salito a ritmi vertiginosi nell’ultimo decennio fino a raggiungere il 30%, con conseguenze gravissime sulla biodiversità e la produzione agricola, quindi sulla nostra sicurezza alimentare. Le cause sono sempre le stesse: la diffusione dei pesticidi e gli effetti del cambiamento climatico che, secondo Henri Clément, portavoce dell’Unione nazionale dell’apicoltura francese provocano direttamente o indirettamente la morte di oltre l’80% delle api in alcuni zone rurali d’oltralpe.

Attraverso la sua foto, scattata nei dintorni di Marchin (nelle Ardenne), Pins ha voluto “sensibilizzare l’opinione pubblica sulla scomparsa delle api, la relazione tra l’uomo e il suo ambiente e l’impegno cittadino di un apicoltore non professionista che vuole trasmettere la sua passione e il suo sapere al proprio nipote. In una società materialista come la nostra, saranno i piccoli gesti a fare la differenza e la nostra capacità attraverso questi gesti a convincere le generazioni future sulla necessità di produrre e consumare in modo responsabile”.

Dalla parte opposta del pianeta, il fotografo brasiliano Sebastien Roessle, vincitore della categoria professionisti, ha cercato di rendere onore all’agricoltura sostenibile con una fotografia scattata ad un piccolo produttore di caffè biologico, mentre la sua connazionale Priscilla Rodriguez (seconda nella categoria amatoriale) ha illustrato panelli solari che consentono agli abitanti di un villaggio situato su un’isola di accedere all’elettricità.

Ma il Brasile non è un caso isolato. Sul nostro pianeta, circa 1,3 miliardi di persone non hanno accesso all’energia elettrica e 2,6 miliardi dipendono dalle energie fossili. In Bangladesh, dove vive il fotografo Mohamad Rakibul Hassan, il governo ha sottoscritto alla COP22 di Marrakech l’impegno di rendere la sua economia più verde e di soddisfare il 10% della domanda di elettricità prodotta da rinnovabili entro il 2020. La donna illustrata nella foto di Hassan sull’isola di Gabura mentre chiama con il suo cellulare alimentato grazie all’energia solare sembra indicare la strada giusta per raggiungere questo obiettivo.

A dimostrazione che la sfida per preservare il pianeta riguarda tutti, dal Canada, David Costa ha immortalato un orticoltore che assieme ad un gruppo di volontari cura un giardino comunitario di “Cultivons Ahuntsic-Cartierville”, uno degli eco-quartieri di Montreal che nel 1995 ha lanciato un programma di sensibilizzazione, d’azione e di responsabilizzazione per incitare gli abitanti della metropoli canadese a ridurre l’impatto dei loro stili di vita sull’ambiente. Dal 2015, una scuola è stata scelta per produrre oltre 1.800 varietà di legumi per favorire il consumo a chilometro zero.

Sud o Nord del mondo, poco importa. I produttori agricoli saranno sempre i primi ad essere chiamati in causa nel sostenere un’agricoltura sostenibile. Nei Territori Palestinesi, i pastori del villagio di Salem fotografati da Ahmad Al-Bazz sono da sempre considerati un esempio per la loro capacità di allevare in “modo responsabile” le loro pecore, da cui traggono carne, latte, lana per i vestiti e il concime che usano come fertilizzante.

“Come ci dimostrano le foto esposte in questa mostra, promuovere alternative a favore di stili di vita sostenibili è già una realtà in tante parti del mondo”, sottolinea Lieve Herijerds, direttrice di Broederlijk Delen, un’ong belga della rete di CIDSE impegnata a migliorare le condizioni di vita delle comunità rurali africane e sudamericane. “Da queste immagini dobbiamo ispirarci per lanciare nuove azioni”.

Quelle promosse dalla campagna “Cambiamo per il Pianeta – Prendiamoci cura delle persone” hanno coinvolto tutte le reti del CIDSE, non lasciandosi sfuggire le grandi opportunità offerte dall’agenda climatica e dal documento pontificio Laudato Sì. “Abbiamo partecipato a COP21 portando una trentina di volontari che sono stati coinvolti in azioni di mobilitazione sociale per spingere i leader del pianeta a sottoscrivere gli accordi di Parigi”, ricorda a Vita.it Claudia Beltran, responsabile delle campagne di sensibilizzazione di Manos Unidas, l’ong della Chiesa cattolica spagnola.

Come ci dimostrano le foto esposte in questa mostra, promuovere alternative a favore di stili di vita sostenibili è già una realtà in tante parti del mondo.

Lieve Herijerds, direttrice di Broederlijk Delen

Se la campagna per favorire cambiamenti individuali e collettivi negli stili di vita ha visto i membri di CIDSE promotori di iniziative congiunte (come la partecipazione a COP21 e COP22), ognuno di loro ha poi potuto declinarla a modo suo. Per Manos Unidas, “il problema dello spreco di cibo è una grande priorità”, sottolinea Beltran. Non a caso, nell’ambito del progetto Storytelling durante il quale le reti di CIDSE hanno realizzato dieci video sul cibo e l’energia, quella di Manos Unidas si è concentrata su uno dei più grandi scandali di questo inizio di XXI secolo. Secondo la FAO, ogni anno vengono sprecati 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, pari a un terzo della produzione mondiale destinata al consumo umano, con una differenza tra i Paesi sviluppati, dove lo spreco è maggiore in fase di consumo, e quelli meno sviluppati, noti per sprecare cibo in fase di post-produzione (principalmente nei sistema di coltivazione, di infrastrutture stradali e di trasporto). In quest’anno 2017, Manos Unidas sta sensibilizzando l’opinione pubblica su due altri temi: la lotta contro la speculazione finanziare sul cibo e il sostegno ad una produzione alimentare locale e diversificata.

Assieme alle altre reti, l’ong cattolica ha risposto all’invito dell’enciclica di Papa Francesco di fare proprio la necessità di modificare il nostro rapporto al consumo e all’ambiente. “Se vogliamo cambiare gli altri, dobbiamo dare l'esempio”, sostiene Claudia Beltran. Nel maggio scorso, le principali organizzazioni aderenti a CIDSE si sono riunite a Casa Velha, in Portogallo, per partecipare ad “un campo sostenibile” in cui riflettere sul Laudato Sì e mettere in pratica la transizione ecologica. “I partecipanti sono stati chiamati a rimanere in contatto fra loro per formare una rete strutturata di leader volontari capaci di promuovere nuove azioni sul proprio territorio”. L’esperienza verrà ripetuta a luglio in Belgio su iniziativa dell’ong fiamminga Broederlijk Delen.

Se vogliamo cambiare gli altri, dobbiamo dare l'esempio.

Claudia Beltran, responsabile delle campagne di sensibilizzazione di Manos Unidas

“Oltre alle iniziative concrete promosse sui social media e sul terreno, da ora in poi la campagna si concentrerà anche su quello che possono fare le istituzioni europee per favorire stili di vita sostenibili”, annuncia Chiara Martinelli, executive advisor di CIDSE e coordinatrice della campagna 'Cambiamo per il Pianeta – Prendiamoci cura delle persone'. “Il consumo e la produzione sostenibili sono sfide che vanno affrontate a 360 gradi, è quindi necessario un approccio olistico che associ le questioni ambientali a quelle economico-commerciali e di giustizia sociale. Dalle istituzioni europee, ci aspettiamo delle politiche che favoriscano, anche sul piano finanziario, i modelli di consumo e di produzione locali difesi dalle realtà non profit”.

Oltre alle iniziative concrete promosse sui social media e sul terreno, da ora in poi la campagna si concentrerà anche su quello che possono fare le istituzioni europee per favorire stili di vita sostenibili.

Chiara Martinelli, executive advisor di CIDSE e coordinatrice della campagna ‘Cambiamo per il Pianeta – Prendiamoci cura delle persone’

La battaglia portata avanti da anni dalla CIDSE assieme ad altri partner (tra cui la FOCSIV) contro i minerali importati nello spazio europeo da zone di conflitto e che sono all’origine di molti prodotti di consumo come il cellulare, è sicuramente l’esempio da seguire. Il 16 marzo scorso, il Parlamento europeo ha votato a favore di un regolamento che mira a porre fine al finanziamento di gruppi armati e alle violazioni dei diritti umani collegate al commercio di minerali provenienti da zone di conflitto. La nuove normativa, che il Consiglio europeo deve ancora approvare con un voto formale, costringe tutti i grandi importatori europei di stagno, tungsteno, tantalio e oro ad effettuare controlli per garantire che i propri fornitori rispettino gli obblighi di responsabilità in materia di diritti umani e del lavoro.

Foto di copertina: Sebastien Pins


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