Welfare & Lavoro

Per il dopo di noi nasce il trust multi-beneficiario

UBI Banca lancia "Trust in Life", il primo trust multibeneficiario per il “Durante e Dopo di Noi”, frutto di un protocollo d’intesa con Anffas e CGM per realizzare progetti a sostegno di persone con gravi disabilità e alle loro famiglie. In arrivo anche un bando per sostenere cinque best practice

di Sara De Carli

Per usare una metafora, la legge sul dopo di noi (112/2016) «è un sentiero, che potrebbe diventare un’autostrada a sei corsie»: molto però «dipende da come la società civile riuscirà a comprenderla e coglierne le opportunità, perché nella storia abbiamo visto anche accadere che leggi che erano autostrade a sei corsie siano diventati sentieri stretti, non accessibili a tutti». Stefano Granata, presidente di Cgm, ha usato le parole più colorite per esprimere un concetto che è stato il leit motiv della presentazione di “Trust in Life”, il nuovo progetto di UBI Banca, Cgm e Anffas per il durante e dopo di noi.

L’innovazione della rete

La legge 112 sul dopo di noi è stata approvata dal Parlamento un anno fa e proprio in questi giorni sta diventando concreta, con le Regioni che stanno approvando le loro DGR ed entrando in possesso dei soldi del Fondo nazionale dedicato. La vera portata innovativa della legge, la vera opportunità che essa ha in sé e che va colta, non sono però i 180 milioni di euro in tre anni che la legge stanzia per il Fondo per il dopo di noi: quelli, a confronto dei 127mila disabili gravi che l’Istat ha quantificato come platea dei possibili beneficiari della legge, francamente sono pochi soldi e possono comunque rispondere a un numero limitato di soggetti. Basti pensare che Regione Lombardia – una delle prime regioni in Italia ad aver approvato la DGR sul dopo di noi e che sta per chiedere agli ambiti territoriali di inviare entro il 10 ottobre i loro progetti, in modo che entro il 31 ottobre gli stessi progetti possano partire (ci sarà poi un “bando paracadute” a marzo) – su 29mila persone con disabilità che ha censito in questi mesi, di cui 3.550 individuate come priorità, potrà finanziare con la sua quota del fondo nazionale 600/700 progetti, ha detto Virginio Marchesi, dell’assessorato per l’inclusione scoiale di Regione Lombardia.

La vera portata innovativa della legge quindi sta nella sfida a costruire modelli innovativi, servizi che oggi non ci sono, spronando o “costringendo” soggetti diversi a sedersi attorno al medesimo tavolo, a ragionare insieme, a ibridare competenze e professionalità, a mettere in sinergia risorse, con l’unico obiettivo di costruire un progetto di vita per la persona con disabilità che sia la garanzia della dignità del suo presente e del suo futuro.

Che cos’è Trust in Life

È proprio questo il lavoro che sta alla base del progetto presentato oggi, “Trust in Life”. Anfass, una associazione di famiglie che con le sue strutture associative gestisce un migliaio di servizi volti all’inclusione sociale, frequentati giornalmente da 30mila persone con disabilità; Cgm, che con i suoi 40mila cooperatori è la più grande realtà italiana di cooperazione sociale e UBI Banca, con la sua esperienza specifica nella gestione delle risorse economico-finanziarie, si sono messi insieme per “portare a terra” le opportunità insite nella legge sul dopo di noi e – soprattutto – renderle accessibili a tutte le famiglie, anche quelle che non possiedono grandi patrimoni o che non hanno ancora (questo è l’altro grande capillare lavoro culturale da fare) la predisposizione a costruire quel progetto complesso che è il futuro del proprio figlio con disabilità.

Concretamente ciò che questa mattina è stato presentato a Milano è il primo trust di un istituto di credito italiano in attuazione della legge sul dopo di noi. “Trust in Life”, così si chiama la nuova proposta di UBI Banca, si fonda su due pilastri: il punto di partenza è il progetto di vita, previsto dalla legge 328 e dalla legge sul dopo di noi, co-progettato fra beneficiari, famiglie e operatori, ovviamente seguito da Anffas e Cgm, dall’altra il trust predisposto da UBI Trustee (esiste dal 2000 e già segue un centinaio di trust che hanno per beneficiari soggetti fragili) per gestire le risorse economico-finanziarie e immobiliari. La particolarità della proposta è che con “Trust in Life” si supera l’attuale trust individuale (che già si può fare da tempo e che continuerà ad essere utilizzabile, in particolare con le specificità e le agevolazioni introdotte dalla legge 112) per orientarsi su una nuova proposta, il trust di progetto o multi-beneficiario. Si aggiungono cioè al trust finalità mutualistiche, andando a mutualizzare i bisogni e a far condividere soluzioni e risorse tra più soggetti. È questa la scommessa su cui le tre realtà, unendosi, hanno deciso di fare da apripista.

Accanto a tutto ciò, sono previsti eventi informativi sul territorio per le famiglie, un supporto alle famiglie attraverso UBI Comunità e un bando sul durante e dopo di noi, che uscirà verso fine anno e terminerà nel primo semestre del 2018: rivolto a realtà di Anffas e Cgm, identificherà cinque best practice – «benchmark di sistema» li ha definiti Guido Cisternino, responsabile UBI per il terzo settore e l’economia civile​ – che riceveranno da UBI un supporto finanziario importante, anche attraverso il ristorno di commissioni derivanti dalla commercializzazione di una nuova carta di credito, Hybrid.

Dal trust individuale al trust multi-beneficiario

«L’obiettivo del progetto è trovare modelli di intervento che siano coesivi, cioè che aiutino la coesione e l’integrazione delle persone e dall’altra che siano efficienti, bisogna cioè efficientare la spesa», ha detto come cornice Cisternino. Ma che cosa sono il trust di progetto e quello multibeneficiario? Per dirla semplicemente potremmo definirli come dei contenitori con dentro altre "scatole" costituite da trust individuali: da un lato consentono economie di scala e dall’altro si fondando su una logica mutualistica, per cui alla morte della persona disabile beneficiaria del trust, le eventuali risorse residue vanno a favore dello stesso trust di progetto (ad esempio continuano a sostenere la gestione della casa in cui la persona ha vissuto insieme ad altri al massimo 3 persone, come prevede la legge) o ad altri progetti di vita analoghi. La stessa UBI retrocederà una parte di commissione per metterla a disposzione dell'inziaitiva oggetto del trust. «Il trust individuale, anche quello specifico della legge 112, non è uno strumento per pochi, però di fatto è uno strumento che per cultura oggi intercetta più facilmente persone con capacità economiche e soprattutto culturali di un certo tipo», ha spiegato il notaio Giammatteo Rizzonelli, che ha lavorato all’innovativo strumento. «L’evoluzione dello strumento nel trust collettivo darà una uguaglianza sostanziale nell’utilizzo dello strumento, è un trust misto tra un trust di scopo e uno trust con dei beneficiari, io papà destino un certo patrimonio al trust per mio figlio, che è il primo beneficiario, ma quello che residua va in un fondo collettivo. Ci sono sottofondi specifici per ogni beneficiario e un fondo collettivo. Questo modello mi sembra essere quello d’elezione, che le associazioni dovrebbero utilizzare per rendere più semplice l’accesso allo strumento. In questa versione il trust divcenta lo strumento migliore per affrontare quanto previsto da legge 112». Il nuovo Codice del Terzo settore, peraltro, ha spiegato il notaio, consente anche ai trust di iscriversi nel registro unico.

Secondo le stime fatte da UBI Trustee, Anffas e Cgm, accennate da Massimo Lodi, direttore generale di UBI Trustee, una unità abitativa per quattro persone, con i servizi di sostegno, come prevista dalle legge 112, sostanzialmente avrebbe un costo pari a 1,5 persone assistite singolarmente: «Con il trust di progetto riusciamo a ridurre al 30-40% il costo di gestione del progetto di vita complessivo». Il trust così «va a coprire un punto mai risolto, la destinazione del fondo: il bene vincolato ante legge 112 a chi va destinato? Al disabile? A un ente che può esserci o no? Le famiglie avevano un punto problematico grosso».

Per Roberto Speziale, presidente di Anffas, «la legge 112 è importante per le persone con disabilità e per le famiglie, non già perché risolve tout court tutte le complesse problematiche legate al durante e dopo di noi, ma perché traccia “sentieri nuovi” che aprono per tutte le persone con disabilità la possibilità di progettare la propria vita, partendo dal diritto di scegliere dove vivere e con chi vivere. C’è una spinta propositiva in grado di rimettere in moto processi rigenerativi del nostro sistema di welfare. Una prospettiva di sostegno che persegue obiettivi di inclusione sociale e partecipazione attiva alla vita della comunità, prevenendo e contrastando i fenomeni speculari di istituzionalizzazione in grandi strutture ed isolamento domiciliare che ancora caratterizzano la gran parte dei sistemi di sostegno e presa in carico delle persone con gravi disabilità».

In allegato, in fondo all'articolo, una sintesi del progetto presentato ieri.


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