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A Milano un vescovo da campo

Mario Delpini succede ad Angelo Scola alla guida della grande diocesi. Una scelta che conferma il disegno di papa Francesco: nominare vescovi-pastori, che abbiano cura delle comunità e di chi le guida. Nel curriculum pochi saggi di teologia, e molta saggezza concreta. Come quella contenuta nel libro del neo arcivescovo, «Reverendo che maniere...»

di Giuseppe Frangi

Un pastore più che un profeta. È la formula che sta guidando papa Francesco nella scelta dei vescovi delle maggiori diocesi italiane. E la regola è stata ampiamente rispettata anche a Milano, dove alla successione di Angelo Scola è stato chiamato Mario Delpini. Il profilo del neo arcivescovo ambrosiano è un profilo low profile. È un sacerdote che è sempre stato sul campo e che soprattutto è stato riferimento per i sacerdoti di una delle maggiori diocesi del mondo: sono 2mila gli ordinati, in mille parrocchie, a cui si aggiungono religiosi e religiose.

Delpini ha stili di vita molto dimessi. Ha abitato nella casa madre de Fratelli Oblati in via Settala, dalle parti della Stazione centrale, ed è noto perché gira spesso in bicicletta. In questi anni è stato vescovo vicario con delega sul clero.

L’attenzione ai “fratelli” preti è esperienza di lunga data per Delpini. Nel 1998 infatti pubblicò un libretto che è diventato un piccolo long seller. Si intitolava "Reverendo, che maniere…” ed è un vademecum di comportamento, anche con punte di ironie, ad uso del sacerdote comune. «Alcuni preti», scriveva don Mario in quelle pagine, «esercitano la loro furbizia nel conseguire scopi ai quali tengono molto, anche se c’entrano poco con il ministero loro affidato. Pensano ad esempio ad incarichi di prestigio o a legare il loro nome a basiliche sproporzionate. Prima o poi i preti furbi arrivano là dove vogliono, anche a prezzo di trascurare i servizi più abituali richiesti dall' esercizio del ministero, come visitare gli infermi, consolare gli afflitti, prendersi cura dei piccoli». Invece troppo spesso i preti hanno la tentazione di far voltar la testa alle donne. E raccomanda di non lasciar spazio a quelle parrocchiane che «tendono a sequestrare il prete, con una specie di gelosia, come fosse il sostituto del marito (che magari non sono riuscite a trovare)».

Insomma raccomandazioni semplici, dettate da una preoccupazione prima pastorale che teologica (per quanto Delpini sia rettore maggiore dei seminari di Milano). Del resto Delpini conferma la linea di una chiesa impegnata sul campo, in primo luogo ad esercitare con coerenza e fedeltà la sua missione. Niente chiesa da campagne ideologiche. Niente tentazioni di scendere sul piano delle battaglie intellettuali. Per papa Francesco la scommessa si gioca tutta nella passione concreta per il destino delle persone, e i sacerdoti sono gli avamposti di questa chiesa “ospedale da campo” che soccorre solitudine e povertà.

Dopo quel suo libro che aveva avuto tanta diffusione, Delpini era tornato sugli stessi tempi con un altro libretto di indicazioni sagge e partiche per chi gestisce le parrocchie. «Con il rispetto dovuto», era il titolo. «Frammenti di saggezza all’ombra del campanile», il sottotitolo. Lo stile è affettuoso e anche divertente. Nella quarta di copertina si legge questo: «Le porte delle chiese sono per dire alla gente: “Entrate! Siete attesi! Questa è la vostra casa!”. Le porte delle chiese mi confidano di essere ancora commosse quando accolgono la nonna che accompagna il nipotino a dire una preghiera alla Madonna e quando il ragioniere tornando dal lavoro si inginocchia e lascia quietare il nervosismo per tornare a casa sorridente». Il libro è del 2011. Papa Francesco doveva ancora arrivare…

Nell'incontro con la stampa i due vescovi hanno avuto modo di rispondere alle domande dei giornalisti.

Ripercorrendo i suoi sei anni alla guida della Diocesi, il cardinale Scola ha detto di «aver avuto la fortuna di arrivare a Milano nel momento in cui la città ha ritrovato un ritmo nuovo, uno slancio nuovo, ha preso coscienza di essere una metropoli europea. Ma questo non è ancora tutto. Occorre trovare ancora una completezza di senso».

«Vivo questo momento con un acuta percezione della mia inadeguatezza per il ministero al quale mi ha chiamato Papa Francesco – ha confessato mons. Delpini -. Sono immensamente grato a Papa Francesco per questo segno di fiducia, ma questo non toglie che avverto tutta la sproporzione tra il compito al quale sono chiamato e quello che io sono».

Per «orientare il cammino di un popolo tanto numeroso e talora preso da dubbi» il nuovo Arcivescovo ha chiesto quindi di essere «accompagnato da molta preghiera e da quella testimonianza di santità operosa tanto presente nel popolo ambrosiano».


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