Nei giorni scorsi è arrivata la notizia che ad oggi non esiste possibilità di rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse dopo il 2011. Manca - sembra - un DPCM che destini ai rimborsi una parte delle risorse stanziate per le adozioni: l'ultimo risale al 2011. Una petizione lanciata dal CARE ha già raccolto 5mila adesioni
Si tratta di una notizia, ma non di una sorpresa: i rimborsi delle spese sostenute per la procedura di adozione internazionale non sono una misura strutturale, ma qualcosa che va finanziato di anno in anno e in effetti l’ultimo DPCM che parla di rimborsi risale al 2011, a firma di Carlo Giovanardi. Le famiglie, le associazioni e gli enti hanno più volte sollevato la questione in questi anni, facendo campagne di sensibilizzazione e di advocacy e promuovendo la presentazione di emendamenti con alcuni parlamentari più sensibili. Nessun DPCM è arrivato, ma vero è che il Parlamento negli ultimi due anni ha creato un Fondo Adozioni Internazionali, dotato prima di 15 e poi di 20 milioni di euro: un fondo dedicato (prima la CAI e le adozioni stavano nel Fondo per le politiche della famiglia, comunque esistente), che i politici hanno esplicitamente pensato perché servisse anche al rimborso delle spese sostenute dalle famiglie, benché in effetti il Fondo abbia nel nome solo lo «scopo di sostenere le politiche in materia di adozioni internazionali e di assicurare il funzionamento della Commissione Adozioni Internazionali». Non per nulla lo stanziamento dei 5 milioni aggiuntivi per il 2017 è esplicitamente motivato dal «fine di assicurare il sostegno alle famiglie che hanno concluso le procedure di adozione internazionale». Una mozione di Lia Quartapelle nel gennaio 2014 (la mozione 1/00326) impegnava il Governo a reperire le risorse necessarie per erogare i rimborsi relativi alle procedure di adozione ancora in sospeso (anni 2011, 2012, 2013), nonché a stabilizzarli per il futuro, attraverso un aumento delle risorse disponibili e a valutare la possibilità di superare il sistema dei rimborsi, sostituendolo con misure fiscali idonee. La stessa Maria Elena Boschi prima rispondendo a un’interrogazione parlamentare sul tema, poi scrivendo alle famiglie in attesa dei rimborsi per il 2011, aveva dato rassicurazioni: a inizio agosto 2016 parlava dei rimborsi proprio facendo riferimento al Fondo Adozioni Internazionali, quindi lasciando intendere che una parte di quelle risorse fossero effettivamente utilizzabili anche ai fini dei rimborsi.
In questo senso quindi la petizione del CARE parla oggi di accordi da mantenere: «pacta servanda sunt», esordisce la petizione. Sono oltre 14mila le famiglie che si sono formate dal 2012 a oggi grazie all'adozione internazionale, famiglie che pensavano di contare anche su questo rimborso. «In un periodo di crisi, spesso queste famiglie hanno acceso mutui dedicati all'adozione o hanno chiesto prestiti a amici e parenti per poter raggiungere i loro figli, pensando di veder restituito una parte di questo esborso. Getti il cuore oltre l’ostacolo, anche in virtù di questo patto implicito con lo Stato, per cui una parte delle spese sostenute saranno rimborsate», afferma Monya Ferritti, presidente del coordinamentoCARE.
«Il tema dei rimborsi per noi associazioni famigliari è molto importante, sia perché il costo delle adozioni internazionali è elevato, come sappiamo, sia perché i costi connessi al post-adozione sono elevati e sono interamente a carico delle famiglie. I rimborsi delle spese sostenute per l’adozione sono l’unico sostegno riconosciuto alle famiglie adottive, quindi è grave che venga a mancare», spiega Anna Guerrieri, vicepresidente del CARE. «Parliamo di patti da osservare perché tanti politici in questi anni hanno dichiarato che il loro impegno nel reperire fondi per le adozioni internazionali andava anche nella direzione di sostenere le famiglie, non credo sia possibile che tutti abbiamo frainteso e peraltro lo hanno ribadito loro stessi in questi giorni. I soldi sono stati stanziati, se manca un decreto si faccia il decreto, e si faccia subito. Intanto ringraziamo la vicepresidente Laera che con la sua comunicazione ha permesso di fare chiarezza su questo problema. Se poi si vorrà fare un ragionamento più ampio per capire come si può sostenere meglio le famiglie, se si vuole passare dal rimborso a un’altra misura fiscale, ben venga: quello che brucia è vedere il nulla».