Sostenibilità sociale e ambientale

Trent’anni dall’alluvione in Valtellina: «non c’è ripresa senza partecipazione al bene comune»

Furono 53 i morti nell'alluvione del 1987: oggi il Presidente Sergio Mattarella è ad Aquilone

di Sara De Carli

Un saluto a quanti «portano dentro di sé il ricordo dei terribili giorni dell'alluvione, ma anche l'orgoglio di aver saputo ricostruire la vita sociale, di aver dato un futuro alle loro comunità in questi luoghi, tornati alla loro straordinaria bellezza»: così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato oggi da Aquilone, in provincia di Sondrio, nel trentesimo anniversario dell’alluvione in Valtellina.

Furono 53 i morti dell’alluvione del 1987 e Mattarella ha rivolto a loro il primo pensiero, ricordando «quella valanga di fango e detriti che il giorno 18 colpì il condominio "La Quiete" e l'albergo "La Gran Baita" di Tartano, uccidendo e sottraendo persino alcuni corpi all'affetto dei propri cari. Fu l'inizio di una catena di lutti e sofferenze. Eventi metereologici straordinari sconvolsero un territorio vasto, paralizzando per settimane la vita dei suoi abitanti, colpendo e distruggendo ciò che nel tempo era stato costruito. Ne facciamo memoria qui, nel borgo di Aquilone, perché dieci giorni più tardi dalla prima inondazione, proprio su questa terra venne pagato il tributo umano più pesante, il più spaventoso: si lacerò la montagna e una parte di essa precipitò a valle cancellando ogni cosa. Tanto immane fu la valanga da risalire persino sul versante opposto, seminando ancora morte. Non possiamo – né dobbiamo – dimenticare e, del resto, le foto delle vittime di Aquilone ci ricordano quanto avvenuto e commuovono soprattutto quelle dei bambini».

Quell'alluvione del 1987 fu anche il primo vero banco di prova della Protezione civile italiana, il cui dipartimento era nato nel 1982: «gli eventi della Valtellina così tristi e luttuosi, indussero ad accrescere la coscienza collettiva e la consapevolezza sul valore della Protezione civile», ha ricordato Mattarella.

Ma il Presidente poi ha voluto imperniare il suo discorso sulla solidarietà: «Quando un cataclisma si abbatte su un territorio, anche il più distante, la solidarietà non è un atteggiamento esteriore, ma la condizione stessa dell'essere nazione, cioè del costituire una vera comunità. Non può esserci periferia in una società davvero coesa. Periferia è ciascuno dei luoghi in cui si vive insieme, si possono esprimere i talenti, manifestare le libertà, esercitare i diritti e i doveri dei cittadini. Il centro non è un luogo separato, o sovraordinato, ma è il nostro stare insieme, è il bene comune dell'intera Italia. Lo sottolineo pensando anche ai cittadini delle Regioni colpite dal terremoto degli ultimi tempi: devono essere certi che non li lasceremo mai soli ad affrontare le grandi difficoltà della ricostruzione e della riorganizzazione della loro vita sociale. Questo legame di carattere umano, che precede ogni scelta politica e istituzionale, è parte di quell'unità del Paese che la Costituzione pone saggiamente tra i valori fondamentali e supremi. L'Italia ha bisogno della propria unità, anche per crescere meglio e di più, perché l'unità è una risorsa che accresce le opportunità di ciascuno e di ciacun territorio. Girando il Paese, incontrando persone e comunità locali, avverto come questo senso di unità di vita e di prospettive sia molto più forte di quanto talvolta non venga rappresentato. Voi avete sperimentato quanto sia stata preziosa, nei momenti più drammatici, la solidarietà del resto del Paese: dobbiamo fare in modo che la collaborazione, l'interdipendenza, l'equilibrio tra i diversi territori e le diverse regioni diventino sempre più significativi anche in tempi ordinari, e non soltanto in quelli straordinari di emergenza».

Ha continuato Mattarella dicendo che «la solidarietà fornisce il primo aiuto nell'emergenza, e poi la spinta per ripartire. Ma è la comunità che presto deve tornare protagonista delle scelte. Ciascuna con i suoi cittadini, le sue associazioni, il suo tessuto vitale, il suo sindaco, le sue istituzioni locali che dialogano con le altre istituzioni. Non c'è successo sociale, economico, culturale che possa essere calato dall'alto. Non vi è vera ripresa senza un protagonismo delle persone, senza una partecipazione larga al lavoro comune. Qui le vostre operose comunità sono riuscite a mettere in moto nuove e più moderne attività, a ricreare attrazione, anche turistica, a conciliare ancora armonia e bellezza nella natura che vi circonda».


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