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Sanità & Ricerca

Djokovic e l’insana dieta del glutenfree

Sono sempre di più i non celiaci che evitano il glutine. Fra di loro il campione di tennis serbo. Una moda controproducente raccontata sul numero del magazine in distribuzione

di Gabriella Meroni

Non più “con” ma “senza”. Cambiano le parole magiche che fanno vendere pane, pasta, merendine e biscotti: dai prodotti “ricchi di” (vitamine, nutrienti, sali minerali) si è passati negli ultimi anni a quelli “a zero”, zero grassi, zero zuccheri ma, soprattutto, zero glutine.


Quella del “gluten free” è una vera e propria ondata inarrestabile che ha travolto abitudini alimentari e scaffali dei supermercati: nel 2009 in base ai dati Nielsen il giro d’affari dei prodotti senza glutine era pari a 211 milioni di euro, realizzato per oltre il 70% dal canale farmaceutico; sette anni dopo, il giro d’affari è arrivato a 320 milioni, con una crescita media del 27% l’anno. Peccato che oltre un terzo di questa spesa sia appannaggio di persone che si privano del glutine per scelta, e non per motivi di salute: non sono
cioè né celiaci né intolleranti.

Semplicemente, credono — sbagliando — che una dieta priva di questa proteina sia più salutare. Secondo 
la Coldiretti, addirittura un italiano su dieci segue questa “moda”, definita dall’Associazione Italiana Celiachia «un falso mito», dal momento che nessuna ricerca scientifica dimostra
i vantaggi per la salute che erroneamente le vengono attribuiti, spesso per “colpa” di qualche star del
cinema o campione dello sport che ne fa una bandiera di benessere. Un atteggiamento che ha provocato seri danni per chi, invece, è costretto a vivere senza glutine per motivi seri. «Il rischio è quello di banalizzare una malattia sistemica e severa come è la celiachia, sottovalutando i rischi di trasgressione e inosservanza della dieta», spiega il presidente di Aic (Associazione Italiana Celiachia) Giuseppe Di Fabio. «Soprattutto, però, il rischio reale lo corre chi non ha ancora la dia- gnosi di celiachia o di dermatite erpetiforme: stiamo parlando in Italia di oltre 400mila persone che non possono essere diagnosticate se si trovano già a dieta senza glutine».

Un rischio non da poco: secondo Aic, infatti, solo il 30% delle diagnosi attese è nota, e nonostante si parli sempre più di celiachia, il grado di conoscenza della malattia non migliora. Anzi. «I centri di riferimento specializzati nella diagnosi riferiscono preoccupanti numeri relativi a pazienti che afferisco- no ai centri già a dieta senza glutine, assunta in modo autonomo, ma anche “prescritta” dai medici di famiglia», continua Di Fabio. Un gravissimo errore, visto che «la diagnosi di celiachia può essere effettuata solo se il paziente affronta lo screening a dieta libera. Le confuse informazioni pseudo-scientifiche diffuse in modo virale, compromettono anche il corretto accesso dei pazienti alla diagnosi, e quindi alla cura».

Ma i guai derivanti da questa dieta fai da te non finiscono qui. La diffusione incontrollata di alimenti gluten free ha portato anche a pesanti conseguenze sul piano normativo, con lo stralcio degli alimenti formulati per celiaci dalla norma europea sui cibi destinati a categorie vulnerabili di popolazione.
«Quando siamo andati a spiegare a Strasburgo cosa fosse la celiachia, i relatori della norma hanno ammesso che non avevano conside- rato il problema da un punto di vista medico e sanitario, ma erano partiti dall’analisi del mercato e dei consumi gluten free», si indigna Di Fabio…

Nella foto di copertina Novak Djokovic. Il campione di tennis è uno dei più noti seguaci di un'alimentazione gluten free. Scelta che ha anche racconta nel suo libro “Serve to Win”


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