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Famiglia & Minori

I migranti portano malattie? No, le prendono quando arrivano qui

Un autorevole studio dimostra come oltre il 60% dei contagi da Hiv tra i migranti oggi sieropositivi sia avvenuto dopo il loro arrivo in Europa, un dato che supera il 70% tra i maschi omosessuali e i consumatori di droghe iniettabili. Un preciso segnale d'allarme sul nostro sistema di prevenzione

di Gabriella Meroni

Più della metà dei contagi da Hiv tra i migranti è avvenuto dopo il loro arrivo in Europa. Lo dimostra un autorevole studio trasversale condotto in nove paesi dalla ricercatrice Julia Del Amo dell'Istituto de Salud Carlos III di Madrid, nell’ambito del progetto aMASE: advancing Migrant Access to Health Services in Europe. L’indagine, che comprendeva anche un questionario online, ha preso avvio nel 2014, ed è stata condotta in Italia con la collaborazione dell’ISS e di alcune Associazioni di volontariato tra cui Arché, Anlaids, Opera San Francesco e altre Associazioni di comunità di migrant come Med.eA (Mediare e Attivarsi) e Donne a Colori. Il campione è rappresentato da oltre 2200 migranti con Hiv da più di cinque anni, e ha avuto come obiettivo stabilire dove fosse avvenuto il contagio. Un terzo dei partecipanti proveniva dell'Africa subsahariana e dell'America Latina e della regione dei Caraibi, e quasi la metà erano maschi omosessuali.

Ebbene, in base ai dati disponibili, la percentuale di infezioni da HIV post migrazione è risultata del 63%, un tasso che sale al 72% tra gli omosessuali e al 75% tra i consumatori di droghe iniettabili, mentre si è attestata al 58% per gli eterosessuali e al 51% tra le donne. Se si considerano invece singoli partecipanti allo studio in possesso di documentazione clinica adeguata (che rappresentano una piccola parte del campione), solo il 6,4% è stato classificato come sicuramente infettato prima della migrazione e il 31,1%, viceversa, come sicuramente infettato dopo la migrazione, sulla base dei risultati di test documentati fatti prima o dopo il viaggio. L'acquisizione dell'HIV dopo la migrazione è stata più alta nei migranti degli altri Paesi europei (71%) e dell'America Latina e dei Caraibi (71%) rispetto ai migranti provenienti dall'Africa sub-sahariana (45%).

«L'elevato livello di acquisizione dell'HIV dopo la migrazione fornisce una prova evidente di quanto sia inadeguata la prevenzione dell'HIV per i migranti in tutta Europa, sono le conclusioni dello studio, «e aiuta a individuare i sottogruppi più a rischio. Servono interventi post migrazione nei paesi ospitanti per affrontare la vulnerabilità dei migranti all'infezione da HIV e classificarli come gruppo prioritario nelle strategie di prevenzione primaria e secondaria del virus». Secondo Jasna Loos, dell’Institute of Tropical Medicine di Antwerp, Belgio, in un rapporto precedente era già stato evidenziato il fatto che l’epidemia di HIV tra i migranti fosse sottostimata, e ha invocato l’esecuzione del test per tutti i migranti, oltre a garantire l’accesso alle cure.


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