Welfare & Lavoro

Spesa socio sanitaria: la Toscana lancia il suo prototipo

Con l’approvazione a fine giugno della delibera 701 e del protocollo d’intesa “per la promozione e la diffusione della conoscenza del welfare integrativo o mutualismo", Firenze si propone un nuovo modello di governance. Ecco di cosa si tratta

di Redazione

Per usare una metafora automobilistica, il prototipo è nella galleria del vento. Prima di metterlo in pista è prevista una fase di testing sulla pista di casa (diciamo il Mugello, data la vicinanza geografica), dopo di che la Toscana, tra le prime regioni in Italia, potrà mettere su strada una originale “policy regionale per il governo della spesa sociosanitaria privata, out of pocket ed intermediata”, per usare la denominazione con cui lo staff dell’Assessore Diritto alla salute, al welfare e all'integrazione socio-sanitaria Stefania Saccardi, coordinato da Vinicio Biagi e con il supporto scientifico di Massimo Campedelli del Sant’Anna di Pisa, ha battezzato lo studio di fattibilità (il rapporto è scaricabile qui), con cui si disegna un nuovo ruolo di governance pubblica nel socio-sanitario toscano e (forse) di un nuovo modello dasperimentare a livello nazionale.

Al centro vi è il cosiddetto 4° pilastro, cioè l’insieme delle attività socio-sanitarie svolte dalle famiglie (dall’assistenza diretta, all’ottenimento delle agevolazioni fiscali, all’acquisto di prestazioni, ecc.). Una dimensione importante se si pensa che si parla di un valore che, a seconda delle stime, varia dai 53 ai 62 miliardi di euro. In questo budget dell’azienda di welfare familiare, peraltro confluiscono anche parte dell’altrettanto rilevante quota di trasferimenti monetari pubblici per fini assistenziali (secondo Irs/Capp, circa 57 miliardi, di cui 55 dal livello centrale e 2 da quello locale).

Nella sola Toscana questo budget vale circa 3,8/4 miliardi di euro (0,7 miliardi dell’area dell’Ausl sud est, Arezzo-Siena-Grosseto, oggetto di uno specifico prestudio di fattibilità). Fondi che oggi vengono in modo più o meno efficiente gestiti dalle famiglie. «Non sappiamo con precisione quanto vada in lavoro di cura autoprodotto dai caregiver familiari ovvero serva ad acquistare servizi sociosanitari, dalla assistente familiare, al fisioterapista, all’infermiere. Sappiamo però che queste aree di attività sono fortemente segnate da rapporti irregolari, evasione contributiva, evasione fiscale», sostiene Campedelli.

Nella regione di Dante il numero di cittadini che, per le spese sanitarie e sociosanitarie extra livelli essenziali e comunque fuori dalla copertura pubblica, non hanno alcuna forma di assicurazione collettiva, in forma di adesione ad una mutua o di iscrizione ad un fondo contrattuale-aziendale o ad una cassa professionale è pari all’85- 90% dei 3,7 milioni di toscani; in pratica, chi ne usufruisce è una popolazione che non supererebbe le 450-500 mila persone, tra lavoratori e relativi familiari.

Non sappiamo con precisione quanto vada in lavoro di cura autoprodotto dai caregiver familiari ovvero serva ad acquistare servizi sociosanitari, dalla assistente familiare, al fisioterapista, all’infermiere. Sappiamo però che queste aree di attività sono fortemente segnate da rapporti irregolari, evasione contributiva, evasione fiscale

Massimo Campedelli

Non solo. L’invecchiamento della popolazione e la dispersione familiare sono altri due elementi da tenere in grande attenzione e che produrranno effetti decisivi sul welfare fatto in casa. Ancora Campedelli: «Faccio un esempio molto concreto: mio padre abitava a fianco di mio nonno; io abito a 10 chilometri da mio padre e i miei figli probabilmente andranno ad abitare a 100/200 chilometri dalla mia Mantova o forse all’estero». Condizioni che rendono impossibile la tenuta di un welfare di prossimità così come lo abbiamo conosciuto fino ad ora. Di fronte a questo quadro la Regione, dopo un confronto coi rappresentati del mondo del lavoro e delle imprese, del mondo mutualistico e cooperativo, degli enti locali, dei servizi sanitari territoriali, dell’associazionismo e del volontariato, della ricerca, nel Programma Regionale di Sviluppo , con il Progetto 18, intervento 6 “Promozione di welfare integrativo”, si è data tre obiettivi chiave:

  • ridurre l’incidenza della spesa out of pocket e aumentare quella intermediata secondo logiche di mutualità e solidarietà, realizzandone la governabilità;
  • ridurre le asimmetrie informative e aumentare l’efficacia delle strategie di governo della domanda attraverso partnership pubblico privata con gli enti di intermediazione;
  • rendere più efficienti/efficaci gli enti di intermediazione.

Le azioni previste attraverso cui perseguire tale finalità sono quelle di:

  • aggregare le ingenti risorse “disperse” nella spesa privata complessiva;
  • organizzare la domanda di prestazioni sanitarie e sociosanitarie nella direzione di ridurre /compensare le asimmetrie informative rispetto ad una offerta differenziata e plurale;
  • mutualizzare i rischi che portano a fenomeni di rinuncia, impoverimento e spese catastrofiche, soprattutto per le fasce sociali meno abbienti;
  • valorizzare il potenziale di capitale sociale insito nelle diverse forme di auto organizzazione, mutualità e solidarietà espressione della coesione del territorio;
  • costituire luoghi di partecipazione dei soggetti promotori delle innovazioni e di sperimentazione di modelli differenziati per aree geografiche.

A partire da questo quadro le ipotesi di lavoro ipotizzate sono tre:

  1. la costituzione di un coordinamento stabile pubblico-privato sulle policy qui considerate; si immagina un luogo partecipato dai diversi stakeholders, dove concordare, definire e implementare le scelte di policy condivise finalizzate allo sviluppo del secondo pilastro regionale sociosanitario, stabilendo le misure più adeguate a tale fine;
  2. un pacchetto di misure a sostegno della mutualizzazione della spesa privata gestita dalle famiglie, attraverso il coinvolgimento attivo delle realtà di intermediazione della domanda operanti in Toscana (società di mutuo soccorso, fondi aziendali, fondi contrattuali territorializzati, fondi previdenziali, ecc.), basato sulla certificazione di qualità/riconoscimento formale delle stesse, e finalizzato alla condivisione delle priorità di policy sanitaria e sociosanitaria (in primis non autosufficienza, ma in prospettiva aperto anche ad altre aree di bisogno e/o di prevenzione dei bisogni).
  3. il progetto di sperimentazione, con start up su base di area vasta, di un fondo regionale integrativo di secondo livello, quindi aperto e partecipato, prioritariamente finalizzato alle non autosufficienze; la sua conformazione si prevede plurima, ovvero che permetta, per la parte relativa alle non autosufficienze, sia l’adesione dei fondi integrativi incidenti in Toscana (ri-assicurazione), sia l’adesione dei dipendenti pubblici regionali e degli enti locali toscani attraverso accordi contrattuali, nonché l’adesione libera, individuale o collettiva (associativa), della popolazione interessata.

Dopo l’approvazione a fine giugno della delibera 701 e del protocollo d’intesa per la promozione e la diffusione della conoscenza del welfare integrativo o mutualismo (vedi allegato) la sperimentazione di questo nuovo modello entrerà nella fase di warm up. Ci vorrà ancora del tempo per avere il semaforo verde definitivo, ma finora in Italia nessuna norma regionale si era spinta così avanti.


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