Cooperazione & Relazioni internazionali

«Le guardie libiche ci uccidono e ci gettano in una buca»

Terrificante racconto di un giovane camerunense, raccolto da una volontaria dell'ong Sos Mediterranée dopo il salvataggio suo e di altre di 250 persone domenica 27 agosto, concordato con la Guardia costiera e le altre ong presenti in mare. "Ascoltiamo queste testimonianze prima che sia troppo tardi", chiede ai governi la vicepresidente dell'organizzazione

di Redazione

"I libici ci hanno picchiato tutto il tempo, senza motivo. Ci hanno messo in prigione, sempre senza motivo. Le guardie carcerarie uccidono la gente e la gettano in una buca. Chiudono la buca soltanto quando è piena di corpi". E' talmente sconvolgente da sembrare appartenente al mondo irreale degli incubi la testimonianza di un giovane camerunense raccolta da una volontaria della Aquarius, la nave di salvataggio dell'organizzazione umanitaria italo-franco-tedesca Sos Mediterranée, gestita in partnership con Msf, Medici senza frontiere, che domenica 27 agosto 2017 ha tratto in salvo due imbarcazioni in acque internazionali ad est di Tripoli. In totale 251 persone – tra cui 26 donne, 5 bambini sotto i 5 anni e 29 minori non accompagnati – sono state salvate e condotte al sicuro a bordo della nave.

“La frusta, mattina, pomeriggio e sera: questo è il nostro pasto. Ho assistito a una scena di tortura in cui guardie libiche hanno colpito la testa di un prigioniero appeso a testa in giù, come una palla", ha raccontato il ragazzo africano, che ha spiegato di avere trascorso 6 mesi in stato di detenzione in Libia. "Abbiamo tutti sofferto così tanto. Tutte le persone che vedete qui sono passate attraverso tante prove, sono morte dentro da molto tempo, anche le loro famiglie devono credere che siano morti. Oggi è come una resurrezione". Narrazioni agghiaccianti di fronte a cui Sophie Beau, vicepresidente di Sos Mediterranée, chiede di non rimanere indifferenti: "La prima cosa che raccontano i naufraghi quando arrivano a bordo non è il trauma del viaggio in mare. Quello che evocano, prima di tutto, è quello che chiamano 'l'inferno libico': sequestri di persona, stupri, estorsioni di riscatto sotto tortura, abusi e umiliazioni, il lavoro forzato, i mercati di schiavi", rimarca Beau. "I migranti sono in balia di un traffico di esseri umani su larga scala. Invitiamo gli Stati europei e mediterranei ad ascoltare queste storie terrificanti prima che sia troppo tardi e che altre persone muoiano in mare mentre cercano di fuggire dalla Libia, o vengano respinte e rimandate nelle mani dei loro carnefici". Appello che arriva proprio nel momento in cui i leader europei stanno invece elogiando le ultime mosse del governo italiano che ha stretto accordi con le autorità libiche per pattugliare le proprie coste per non fare partire le imbarcazioni.

Secondo i racconti delle persone soccorse, le imbarcazioni sarebbero partite da Al Khums, ad est della capitale. "Le due operazioni di salvataggio di domenica hanno avuto luogo in acque internazionali ad est di Tripoli, mentre la maggior parte dei salvataggi dall’inizio dell’anno si erano svolti ad ovest, al largo di Sabratha", ha detto Nicola Stalla, il coordinatore dei soccorsi di Sos Mediterranée a bordo della nave Aquarius. Alle 6.30 di domenica mattina, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma (Mrcc) ha chiesto alla nave Aquarius di ricercare attivamente una imbarcazione in difficoltà segnalata a 20 miglia nautiche dalla costa libica, facendo presente che anche la guardia costiera libica, avvertita della presenza di questa imbarcazione, sarebbe potuta intervenire. Dopo aver individuato l'imbarcazione in difficoltà a 24 miglia nautiche dalle coste e in assenza di altre unità navali della zona, ivi comprese quelle delle Guardia Costiera Libica, i soccorritori della nave Aquarius hanno prestato la prima assistenza alla imbarcazione in difficoltà distribuendo giubbotti salvagente alle 116 persone che erano a bordo del gommone.

Il Mrcc di Roma ha poco dopo autorizzato il trasferimento delle 116 persone a bordo della nave Aquarius, dove i naufraghi sono stati presi in carico dal personale medico di Msf, anche nella considerazione dell’urgenza derivante da una importante perdita di carburante al fondo del gommone, che rischiava di causare gravi ustioni alle persone sedute al centro dell'imbarcazione. Completata questa prima operazione di salvataggio, il Mrcc ha poi segnalato alle navi delle ong presenti nella zona ad est di Tripoli la presenza di una seconda imbarcazione in pericolo. La nave Open Arms, della Ong Proactiva, ha individuato poco dopo il gommone e avviato la distribuzione di giubbotti di salvataggio, collaborando poi al trasferimento, in accordo con il Mrcc, delle 135 persone a bordo della nave Aquarius.

Le 251 persone originarie del Mali (63), Sudan (61), Costa d'Avorio (39), Egitto (18), Ghana (10) e altri Paesi dell'Africa occidentale e del Corno d'Africa, hanno trascorso la notte al sicuro sulla nave Aquarius. Diversi pazienti sono stati presi immediatamente in carico dal personale medico di Medici Senza Frontiere, per prevenire la possibilità di ustioni dovute alla benzina (i loro vestiti erano inzuppati di carburante), trattare la disidratazione e curare le lesioni dovute ai maltrattamenti subiti in Libia. Dopo aver trascorso la notte a bordo della nave Aquarius e ricevuto le prime cure mediche urgenti, i 251 profughi sono stati trasferiti a bordo della nave Vos Hestia dell'ong Save the children. “Sos Mediterranée non ha interrotto le attività di ricerca e soccorso. Questa domenica, infatti, la nave Aquarius e Open Arms hanno salvato la vita di 251 persone. Operando con celerità su uno dei gommoni, visto che una perdita di benzina aveva già causato gravi ustioni a più passeggeri. Cosa sarebbe successo a questi uomini, donne e bambini in grande difficoltà se le imbarcazioni umanitarie dotate di strutture mediche a bordo non fossero state lì in tempo?", indica Valeria Calandra Presidente di Sos Mediterranée Italia.


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