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Se il faro del Demanio punta sulla rigenerazione

«Quello che abbiamo fatto è stato un cambio di orizzonte. Ma il lavoro non è finito: vogliamo coinvolgere anche gli altri livelli di governo oltre allo Stato». L'intervista, in edicola sul numero di VITA in distribuzione, a Roberto Reggi che dal 2014 dirige l'Agenzia del Demanio e che era stato scelto per rivoluzionare l'ente

di Lorenzo Maria Alvaro

Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza ed ex sottosegretario al ministero dell’Istruzione, dal 2014 (riconfermato proprio a fine settembre) dirige l’Agenzia del Demanio. Una nomina che aveva un mandato molto specifico: rivoluzionare e modernizzare l’ente superando la mera logica di efficientamento. «Il principale compi- to dell’Agenzia è, storicamente, garanti- re la funzionalità, per dipendenti e cittadini, degli spazi ad uso governativo, che sono la maggioranza dei beni che gestiamo». Un patrimonio di 43.258 fabbricati e terreni per un valore di 60,1 miliardi di euro di cui l’84% (21.923 beni per un valore di 51 miliardi) in uso governativo, il 12% (5.918 beni per un valore di 7 miliardi di euro) di demanio storico e artisti- co indisponibile alla concessione e il 4% (per un valore di 2,1 miliardi) di patrimonio disponibile. «L’Agenzia banalmente si è sempre occupata della manutenzione del patrimonio pubblico:», chiarisce il direttore, «ci è stato chiesto di provare a far tornare strategici quei beni che non lo erano più, cioè quei 15.417 fabbricati e terreni disponibili ad essere attribuiti in concessione».


Sono passati circa tre anni. Possiamo fare un bilancio di questa trasformazione?
Quello che abbiamo fatto è stato un cambio di orizzonte immaginando una possibile utilità di questi beni per comunità, territori e città.

In particolare lei ha introdotto il tema della rigenerazione urbana. Perché?
L’esperienza da sindaco mi ha insegnato l’importanza di recuperare i vuoti urbani della città per generare indotti positivi. Ho applicato la stessa idea su scala nazionale. Non esiste oggi una città italiana in cui non sia stato avviato un progetto importante di rigenerazione urbana. Siamo diventati un alleato importante di tutti i sindaci. Questo è for- se il risultato più grande che posso dire di aver ottenuto.

Le forme del riuso che avete messo in campo sono molteplici. Possiamo riassumerle?
Lo strumento più potente che abbiamo usato in questi anni è il federalismo demaniale. Abbiamo trasferito 4.462 be- ni a 1.324 enti territoriali per un valore di 1,6 miliardi. Significa che il conto patrimoniale dello stato è diminuito di 1,6 miliardi a favore dei conti patrimoniali degli enti locali. Sono dimensioni imponenti, mai viste prima in questo Paese. A questa cifra poi si deve aggiungere il valore degli esiti sociali dei progetti sui territori. Un altro strumento fondamentale sono i progetti a rete con bandi rivolti ai privati che hanno riguardato gli edifici costieri, i cammini e percorsi e i terreni.

Si riferisce al progetto Valore Paese. Qual è l’innovazione?
È un progetto che ci ha consentito di attrarre consistenti fondi da privati. Avevamo la disponibilità di questi beni che erano solo un costo. Grazie a Valore Paese non solo sono diventati un ricavo, ma hanno generato un consistente impatto economico sul territorio in termini di investimenti e lavoro.

Può darci qualche numero?
Per quello che riguarda i fari, nel biennio 2015-2016, abbiamo destinato strutture per un controvalore di 760mila euro di canone d’affitto a favore dello Stato. Gli investimenti diretti da parte dei privati sono stati di 17 milioni per una ricaduta economica complessiva di 60 milioni e 300 nuovi occupati. Se pensiamo che si tratta di soli 24 beni si capisce quanto siano importanti questi dati.

In cosa consiste la forma “a rete” dei bandi?
Invece di metter a bando ogni bene singolarmente e vedere costantemente andare deserte le call, abbiamo deciso di creare un brand che valorizzi il bene mettendolo in un contesto e in un sistema. E il caso di “Cammini e percorsi” il cui bando è ancora aperto. Si par- la di piccoli immobili a prima vista poco interessanti sia per le condizioni della manutenzione che per la posizione. Ma inseriti in un sistema attrattivo per il turismo lento, quello a piedi o in bici, assumono un’altra dimensione e una fisionomia interessante dal punto di vista degli investitori.

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