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Pratiche per la città futura

Il tempo futuro è quello del recupero. Anna Detheridge nella sua rubrica "L'altra città" sul magazine in distribuzione, affronta la scommessa dell'associazione "Tempo Riuso" - che ha anche lanciato un corso al Politecnico di Milano - : riusare la città "dismessa"

di Anna Detheridge

«Spazi e terreni vuoti che non trovano ancora un nuovo utilizzo, potrebbero trovare un uso temporaneo in quel tempo di mezzo di anni, e spesso decenni, che intercorre tra vecchia e nuova destinazione d’uso». Così recita il manifesto di un’associazione, Tempo Riuso, fondata a Milano nel 2009 da Isabella Inti, Giulia Cantaluppi e Matteo Persichino. L’associazione attraverso la proposta di animare in modo temporaneo spazi abbandonati, in realtà guarda molto più lontano, ipotizzando nei fatti un ripensamento e la riappropriazione da parte dei cittadini di luoghi che si aprono a una progettualità sperimentale, portati a rivivere e a generare nuovi contenuti.

L’esempio di Tempo Riuso è interessante in quanto si
tratta di un’associazione che attraverso un’attività radicata nella realtà e nel divenire della città metropolitana, arriva
a realizzare proposte progettuali e formative innovative, in grado di produrre nuovi contenuti anche all’interno delle facoltà universitarie, proponendo metodologie e processi di trasformazione non soltanto urbanistici ma sociali e culturali.
Tempo Riuso potrebbe essere definita come piattaforma che genera, promuove e attiva non solo una visione ma pratiche ed usi creativi per la città futura, sostenibili per antonomasia da molti punti di vista.

E se è vero ciò che Gabriele Pasqui, direttore del Dipartimento Architettura e Studi Urbanistici di Milano afferma nella prefazione al manuale che Tempo Riuso ha pubblicato nel 2014 (Altreconomia Edizioni) «che le strategie e le tattiche del riuso temporaneo rispondono a mutamenti profondi delle pratiche sociali urbane, a una frammentazione dei modi e delle forme sociali e spaziali di appropriazione»
è vero anche che si tratta di pratiche che preparano nuovi strumenti e strategie per vivere e muoversi dentro la città contemporanea.


Una delle scommesse di Milano: il riuso delle aree dei grandi scali ferroviari. In apertura lo Scalo Farini oggi, sopra il rendering di uno dei progetti presentati

Attivisti e ricercatori al tempo stesso, la rete di professionisti intorno a Tempo Riuso tiene un corso di perfezionamento all’interno del Politecnico di Milano che ha l’obiettivo 
di formare nuove figure professionali in grado di gestire processi complessi di trasformazione non soltanto sul fronte tecnico. L’associazione mira ad avviare bandi di assegnazione e concorsi di idee per il riuso temporaneo, per avviare startup e per la gestione degli spazi.

La città di Milano è al momento in una fase di transizione che punta molto su un cambio di immagine e su una ritrovata identità europea, con le sue piste ciclabili e nuove fondazioni culturali. Ma la “città dei cittadini” è ancora una partita aperta. Nel bel mezzo di una dismissione che conta oltre un milione di mq di scali ferroviari, circa 50 cascine e capannoni agricoli, gli ex mercati generali in disuso, oltre a 70 edifici vuoti, tutti all’interno dei confini della metropoli, rimane da vedere se le forze che governano la città saranno in grado di cogliere un momento unico di potenziale trasformazione che riguardi da vicino la qualità di vita degli abitanti. In quest’ottica Tempo Riuso è un’autentica e importante risorsa di sperimentazione culturale e sociale, ancora troppo poco ascoltata.

@annaconnect

*Anna Detheridge è teorica delle Arti Visive e curatrice di diverse mostre e rassegne, tra le quali INNATURA. X Biennale internazionale di fotografia, Palazzo Bricherasio, Torino (2003); Arte Pubblica in Italia: lo spazio delle relazioni, Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Biella (2003) e Le Immagini al Potere, Fondazione Mazzotta, Milano (1996). Giornalista e saggista, ha insegnato al Politecnico di Milano, all'Università Bocconi e allo Iulm. Nel 2001 ha fondato l'Associazione culturale non profit Connecting Cultures, attiva nel campo delle politiche culturali, dell'arte pubblica, della progettazione e della formazione. Nel 2012 ha pubblicato per Einaudi Scultori della speranza. L'arte nel contesto della globalizzazione (PBE). Vive e lavora a Milano.


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