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Ecco i local coach: gli attivatori delle comunità locali

Nel territorio di Tirano, in provincia di Sondrio, nascono i local coach, nuove figure di welfare di comunità create per attivare i cittadini e aiutarli a trovare soluzioni condivise ai propri problemi

di Redazione

In farmacia, in piazza, nei giorni di mercato, davanti ai negozi di alimentari: è in questi luoghi che si intercettano i bisogni dellefamiglie, parlando con la gente, vivendo il quotidiano, chiacchierando fuori dalla scuola mentre si aspetta l’uscita dei figli o grazie al confronto con figure come insegnanti, medici, parroci. Ed è questo il metodo con cui gli operatori del progetto Sbrighes, sostenuto dal bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo e che agisce nel territorio di Tirano e comuni limitrofi in provincia di Sondrio dall’unione di diverse organizzazioni pubbliche e private. I local coach colgono le esigenze del territorio e si inventano – letteralmente – nuovi percorsi per soddisfarle, connettendole con le potenzialità che lo stesso territorio offre.

«Ci stiamo mettendo in gioco in modo diverso dal solito», conferma Maria Teresa D’Avanzo, psicoterapeuta della cooperativa Ardesia, la cui mission è portare avanti servizi di domiciliari e residenziali per anziani. «Niente formalismi o facili etichette, veniamo da percorsi diversi, siamo assistenti sociali, educatori, psicologi, ci presentiamo come persone che vivono il territorio e a partire da contatti informali attiviamo processi di protagonismo e partecipazione dei cittadini a partire da legami che già esistono, cercando di arricchirli o creandone di nuovi».

La figura che Sbrighes ha messo in campo è infatti quella del “local coach”, grazie al quale sono già partiti alcuni microprogettistimolati anche con una “call” sul territorio che ha premiato gruppi di famiglie che si sono aggregate per rispondere a problemi diconciliazione, ponendo attenzione a coinvolgere le famiglie più in difficoltà: uno di questi progetti ha permesso a un gruppo di mamme con bambini di affidarli, nel corso della stagione turistica estiva, a un’altra mamma disoccupata che ha svolto il ruolo di babysitter e in seguito, data la positiva esperienza e i contatti che ha attivato, ha trovato un’occupazione stabile come assistente scolastica, mettendo a frutto le competenze acquisite.

Altre iniziative in cantiere, racconta Maria Teresa, sono il rilancio di un edificio pubblico in disuso nel territorio di un Comune limitrofo che sta vivendo il fenomeno dello spopolamento, pensandolo per rispondere alle nuove esigenze del territorio: «Da noi solo pochi giovani riescono a trovare lavoro, gli altri, magari i più qualificati, si spostano nelle grandi città, abbandonando la montagna», spiega D’Avanzo. «Il risultato è che in paese restano gli anziani, spesso soli e disorientati. L’edificio che speriamo di poter riattivare, a partire da un lavoro di confronto con gli abitanti, sarà per loro un centro polivalente in cui aggregare in parte bisogni comuni oggi delegati ai servizi assistenziali e domiciliari, ma anche altre piccole esigenze pratiche che possono essere condivise come per esempio la prenotazione di visite mediche o gli acquisti di farmaci. Insomma, un esempio concreto di “welfare in azione”, visto che il successo di Sbrighes è direttamente proporzionale alla quantità di contatti, idee e stimoli che vengono dal territorio, e che il gruppo di progetto ha il compito di trasformare in azioni che rispondano a bisogni della comunità. «Siamo una dozzina di local coach e non ci annoiamo mai», conclude Maria Teresa, «anzi, più andiamo avanti più ci rendiamo conto che il lavoro non manca. Certo, per realizzare un progetto come Sbrighes serve tanta inventiva e flessibilità anche oraria e agire molto sul tema della fiducia, ma far saltare schemi consolidati e mettere le mani in pasta, adottando uno sguardo diverso verso il territorio e i suoi abitanti, secondo noi è l’unico modo per raggiungere il risultato».


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