Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Attivismo civico & Terzo settore

Adolescenti, come cambiano dai 12 ai 18 anni?

Nel 2013 la Fondazione Zancan ha avviato il progetto "Crescere". «Gli adolescenti sono una fascia delicata e complessa della società che non si prende abbastanza in considerazione», dice Giulia Barbero Vignola, ricercatrice che ha preso parte all'iniziativa. «In questi anni di studio abbiamo scoperto che l'utilizzo di internet è esploso. Ma alla domanda "qual è la cosa più importante per essere felice?", loro ci hanno risposto la relazione umana con amici e famiglia»

di Anna Spena

Non una fotografia. Ma un video per raccontare ogni passaggio della crescita degli adolescenti. Il progetto si chiama “Crescere”, ed è uno studio longitudinale che ascolta i ragazzi e li segue dai 12 ai 18 anni. È realizzato dalla Fondazione Emanuela Zancan, grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. «Gli adolescenti sono una fascia delicata e complessa della società», dice Giulia Barbero Vignola, ricercatrice della Fondazione Zancan che ha preso parte al progetto. «Però ancora troppo poco presa in considerazione».

Come nasce il progetto?
L’idea è nata nel 2009, fare uno studio sugli adolescenti. Una fascia poco presa in considerazione e di cui si sa poco con l’obiettivo di capire come evolve la loro crescita. Non una fotografia della crescita, ma un video.

Quando è partito ufficialmente?
Nel 2013, all’inizio coinvolgeva un campione di oltre 400 ragazzi e famiglie in provincia di Padova e Rovigo. Dal 2016 aderiscono allo studio Crescere anche 8 istituti di istruzione superiore (licei, istituti tecnici e professionali), coinvolgendo altri 600 ragazzi e famiglie. Il campione si è ampliato arrivando a oltre 1.000 ragazzi.

Come si sviluppa?
I ragazzi vengono seguiti nel tempo, dai 12 fino ai 18 anni d’età, attraverso monitoraggi periodici, questionari e visite mediche. Nel 2013 li abbiamo incontrati tutti per fare delle intervista approfondite, e poi abbiamo conosciuto le loro famiglie.

Poi?
Ogni anno li intervistiamo di nuovo. Circa 100 domande. Alcune hanno una procedura informatizzata, altre sono risposte aperte quando si toccano temi più personali. Ovviamente le domande cambiano in base alla fase della crescita in cui ci troviamo.

Qual è stato, ad oggi, il risultato più importante e significativo che avete registrato?
Ci siamo accorti di quanto i ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati, di essere considerati, interrogati. Ed è un dato che un po’ stupisce. E ci racconta che hanno bisogno della nostra attenzione.

L’obiettivo della ricerca?
Questo non è uno studio fine a se stesso ma serve a capire quali sono le variabili di una crescita positiva e restituire alla comunità, alla scuola e alla famiglia delle informazioni utili nella relazione con i ragazzi.

Altri elementi significativi che avete riscontrato?
Il rapporto con il “virtuale”. A 15 anni il 70% guarda la tv tutti i giorni, il 22% qualche volta alla settimana (soltanto il 2% dice di non guardarla mai); il 98% possiede uno smartphone per il proprio uso personale; il 93% si collega a internet tutti i giorni. Rimangono connessi da 5 minuti a 24 ore al giorno. Il 37% naviga libero, senza limiti di tempo o restrizioni di siti in cui non può andare. L’89% quando usa internet di solito è da solo. Le attività principali che i ragazzi amano fare online sono: chattare con gli amici, usare i social network, ascoltare musica. Per queste attività, più personali, preferiscono utilizzare lo smartphone, per le altre attività usano anche il computer o tablet condiviso con gli altri familiari: fare ricerche per la scuola, ricevere o spedire mail, guardare film e video musicali, scaricare giochi e programmi, giocare ai videogiochi. Rispetto a 4 anni fa, quando gli stessi ragazzi avevano 12 anni, è diminuita la percentuale di ragazzi che guardano la tv tutti i giorni, è aumentato l’uso di internet e dei social network. Ora quasi tutti usano Whatsapp per comunicare (96%), uno su due ha un profilo Facebook e il 30% lo guarda tutti i giorni o quasi. Poi utilizzano Instagram (72%), Skype (27%), Snapchat (25%), Google+ (22%), Ask (19%), Telegram (11%), Tumblr, Viber ecc.

Cosa pensano della scuola?
A più di un ragazzo su due la scuola piace “abbastanza”, al 21% piace “molto”. Per il 19% dei ragazzi invece, il giudizio è negativo (“non piace tanto/per niente”). Per alcuni studenti la scuola è fonte di stress: il 10% si sente molto stressato per il lavoro che fa a scuola, il 39% “abbastanza”, il 43% “poco”. Sono quasi tutti d’accordo sul fatto che avere una buona istruzione è importante per loro: 7 su 10 hanno risposto «molto», 3 su 10 «abbastanza». Alla domanda “per cosa pensi sia importante avere una buona istruzione?” i ragazzi hanno risposto con le loro parole, evidenziando soprattutto l’utilità per trovare lavoro (indicato nel 62% dei casi), ma anche per avere un buon futuro, per essere informato, per “non farsi prendere in giro”, per “non farsi mettere i piedi in testa”.

E del bullismo?
A 15 anni un ragazzo su due (56%) dice di aver subìto almeno una forma di bullismo negli ultimi 6 mesi. Le forme più frequenti di bullismo sono di tipo verbale: insulti, offese, prese in giro, falsità. Il 33% dichiara di «essere stato insultato, offeso o preso in giro» almeno una volta negli ultimi sei mesi. Il 4% «tutti i giorni o quasi». Il bullismo relazionale colpisce 1 ragazzo su 4, che dice di essere stato «escluso o ignorato dal gruppo». Le forme di bullismo indiretto (verbale e relazionale) sono molto più diffuse rispetto alle forme di bullismo fisico. L’8% riferisce di aver subito violenza fisica e di essere stato «colpito, calciato, spinto o rinchiuso». Il 16% è stato infastidito attraverso il computer/cellulare (cyberbullismo). Le discriminazioni in base alla nazionalità, alla religione o all’orientamento sessuale sono più rare (7%, 6% e 6%). Se da un lato il 56% dice di aver subìto almeno una forma di bullismo negli ultimi 6 mesi, il 51% ammette di averli compiuti. Si tratta soprattutto di offese verbali (insulti, offese, bugie e falsità) o relazionali (escludere o ignorare qualcuno dal gruppo). C’è una relazione tra chi subisce atti di bullismo e chi a sua volta li agisce nei confronti di altri. Tra chi ha subìto almeno una forma di bullismo negli ultimi 6 mesi, il 68% dice di aver fatto almeno una prepotenza a danno di altri.

Qual è la loro relazione con la famiglia?
Rimane fondamentale. È il primo punto di riferimento per loro. L’aspetto più critico è quello del dialogo: il 57% sa di poter parlare dei propri problemi in famiglia, un quarto è incerto («a volte sì a volte no») e il 18% invece non è d’accordo. È complicato soprattutto il dialogo con il padre: per quasi metà dei ragazzi risulta «difficile/molto difficile» parlare con il padre di cose che preoccupano veramente. Il legame con la madre è più forte perché – dicono i ragazzi – c’è meno imbarazzo a parlare dei propri problemi, perché cerca di essere comprensiva, aiuta a conoscersi meglio, si interessa maggiormente dei problemi.

C’è una differenza tra ragazzi e ragazze?
Nei primi due anni dello studio, quando i ragazzi avevano dagli 11 ai 13 anni, non c’erano sostanziali differenze tra maschi e femmine nel livello di felicità espresso. Il primo anno le ragazze indicavano punteggi leggermente superiori, ma le differenze erano davvero minime. Dal terzo anno di osservazione, invece, quando i ragazzi sono più grandi e raggiungono i 15 anni d’età, le differenze per genere si fanno più forti e sono i maschi che mediamente esprimono livelli di benessere più elevati rispetto alle coetanee femmine. L’area in cui si osservano maggiori differenze è l’aspetto fisico: le ragazze sono mediamente più insoddisfatte. Lo stesso vale per la fiducia in se stessi: mediamente i maschi esprimono livelli più elevati rispetto alle femmine.

Il risultato che più vi ha stupito?
Abbiamo chiesto a tutti «per te qual è la cosa più importante per essere felice?». E loro hanno risposto la relazione. Al primo posto gli amici e la famiglia. Nelle risposte hanno anche aggiunto “non una relazione virtuale, una vera”.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA