Economia & Impresa sociale 

In Toscana nonni meglio delle baby sitter in 7 famiglie su dieci

I bisogni di welfare delle famiglie toscane nell'indagine Umanapersone - Ipsos presentati oggi al convegno annuale della rete UP Umanapersone “Fare breccia nei mercati privati: con quali chiavi di ingresso?”. Nella ricerca oltre alle famiglie con bambini da 0 a 10 anni anche quelle con anziani non autosufficienti e disabili

di Redazione

Sono i nonni il principale care giver e supporto per le coppie con figli, sia nel quotidiano sia nelle situazioni di emergenza; oltretutto la scelta di una babysitter è per lo più frutto del passaparola con amici o altri genitori; una prevalenza dei canali informali si verifica anche nella ricerca di una badante. E poi ancora, un interesse, nelle famiglie con bambini, verso occasioni di supporto e orientamento per la gestione di problematiche comportamentali e di apprendimento e, in quelle con anziani non autosufficienti e disabili, verso un orientamento sul progredire della malattia del proprio familiare.
Sono questi alcuni dei risultati emersi dalla ricerca UP Umanapersone – Ipsos “I bisogni di welfare delle famiglie con necessità di cura conclamate” presentati questa mattina a Firenze nel corso del convegno annuale della rete UP Umanapersone “Fare breccia nei mercati privati: con quali chiavi di ingresso?”. Tre i target di famiglie toscane presi in esame dai ricercatori di Ipsos: famiglie con bambini da 0 a 10 anni, famiglie con anziani non completamente autosufficienti, famiglie con disabili (205 le interviste effettuate nel settembre 2017).

«I risultati danno alcune utili indicazioni rispetto ai canali di accesso al mercato privato», dice Luca Comodo, direttore del Dipartimento ricerche politico-sociali di Ipsos. «Nell’ambito della cura dei bambini gli spazi sembrano essere ridotti: la rete familiare copre gran parte delle esigenze. Diverso invece il caso di anziani e in particolare delle famiglie con disabili dove una visione olistica della famiglia, la presa in carico non solo del disabile, ma del suo intero contesto di vita, sembra essere il passaggio centrale. Così come, per gli anziani, il supporto per la ricerca delle badanti. E in generale c’è attenzione per corsi che aiutino a confrontarsi consapevolmente con le condizioni date. C’è quindi lavoro da fare per la rete Umanapersone».

Da parte sua Marco Paolicchi, responsabile delle cooperative sociali di Legacoop Toscana riconoscendo che «da sempre lavoriamo con gli enti pubblici, che tuttora rappresentano i nostri principali interlocutori» ha aggiunto: «Oggi però le cose stanno cambiando e la domanda di servizi privati è diventata qualcosa con cui le cooperative sociali sono chiamate necessariamente a confrontarsi. E devono farlo senza perdere di vista il rispetto delle regole e dei valori, la difesa della legalità e con una profonda attenzione ai bisogni dei territori. Senza questi elementi non ci può essere vera innovazione sociale».

«L’ampliamento dei bisogni e la contrazione di risorse pubbliche chiama la cooperazione sociale a confrontarsi con mercati differenti» sostiene Eleonora Vanni, presidente nazionale di Legacoopsociali. «L’elemento qualificante per noi rimane l’integrazione fra soggetti e risorse pubbliche, private e del privato sociale, finalizzate alla reale esigibilità dei diritti sociali e di salute dei cittadini».

Dall’indagine emerge per esempio che nelle famiglie con bambini 0-10 anni, la gestione dei figli crea difficoltà molto spesso nel 21% dei casi, qualche volta nel 59% dei casi. Il principale care giver sono i nonni (77%), seguiti dalla baby sitter (19%). Nella scelta di quest’ultima ci si basa principalmente sul “passaparola”, soprattutto amici o altri genitori. Il 48% del campione esprime la necessità di supporti economici (18%), di una maggiore elasticità degli orari di entrata/uscita dalla scuola/asilo (15%) e di uno snellimento delle pratiche burocratiche per l’iscrizione al nido (6%). Il 54% delle famiglie con bambini risulta interessato (molto o abbastanza) a occasioni di supporto o orientamento su tematiche riguardanti disturbi comportamentali o di apprendimento.

Nelle famiglie con anziani non completamente autosufficienti o con disabili, tra i canali cui ci si è rivolti per ottenere supporto e orientamento prevalgono le strutture tradizionali: medico di base (anziani 74%; disabili 64%), Asl (anziani 45%; disabili 66%), ospedale (anziani 39%; disabili 56%), assistente sociale (anziani 6%; disabili 24%), Comune (anziani 2%; disabili 10%), ma anche amici e parenti (anziani 27%; disabili 23%).
I soggetti del Terzo Settore sono citati solo da una minoranza (anziani 5%; disabili 9%): questo in virtù, secondo quanto emerge dalla ricerca, della preferenza per una struttura pubblica (anziani 35%; disabili 38%), ma anche della mancata conoscenza, ad esempio, che le cooperative sociali offrissero servizi di questo tipo (anziani 29%; disabili 23%). La valutazione sul supporto ricevuto è complessivamente soddisfacente (anziani 90%; disabili 87%) ed emerge interesse per un orientamento rispetto al progredire della malattia del familiare (anziani 62%; disabili 72%). La quasi totalità delle famiglie con anziani non autosufficienti (89%) o con disabili (94%) riceve un supporto economico di diversa natura: nelle famiglie con anziani il 54% non è del tutto soddisfatto, mentre il 46% lo ritiene abbastanza o completamente adeguato; in quelle con disabili il 57% non è del tutto soddisfatto mentre il 43% lo ritiene abbastanza o completamente adeguato.

Oltre due famiglie su cinque si avvalgono di una badante (43%); tra queste il 26% in modo continuativo. Tra i canali di ricerca di una badante prevalgono reti informali: parenti, conoscenti, persone nella stessa situazione (84%) seguiti da Terzo settore (14%), Asl (11%), medico curante (7%), servizi di incontro domanda/offerta (7%). Complessivamente la ricerca di una badante risulta abbastanza facile (71%), sebbene emerga qualche difficoltà per circa una famiglia su tre. L’interesse per un servizio di disbrigo pratiche badanti, segmenta il campione esattamente a metà: il 50% lo ritiene utile e l’altra metà no. Chi non ricorre a una badante, afferma di riuscire a gestire autonomamente l’accudimento della persona (44%), o ritiene che una persona di famiglia fornisca un accudimento migliore rispetto a un estraneo (21%). Il 79% delle famiglie con disabili si avvale dei servizi di un operatore specializzato (infermiere o educatore), o più di uno. Per la sua ricerca, i canali più utilizzati sono le strutture sanitarie tradizionali: Asl (73%), seguita da medico curante (38%), parenti e amici (22%), struttura specializzata (20%).


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