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Ostia, la colpevole connivenza dei media

Parla Daniele Taurino, coordinatore gruppo giovani del Movimento Nonviolento della città. «Siamo un territorio ricco di realtà associative e di cittadinanza attiva. Ma i giornali ci hanno abbandonato preferendo parlare di mafiosi e fascisti. E così siamo senza sedi nell'indifferenza generale»

di Lorenzo Maria Alvaro

Il 2 novembre a Ostia, presso l'idroscalo, è stato riaperto il parco letterario Pier Paolo Pasolini. Un posto fortemente simbolico, nell'Oasi della Lipu proprio lì dove il grande intellettuale è stato ucciso. Una volta al mese sarà in programma un giorno di arte e poesia all'ombra del monumento deturpato da un militante di estrema destra in trasferta. Un recupero voluto dai cittadini e dalle associazioni del territorio. Ma sui giornali nessuno ne ha mai parlato.

Ed è proprio questa dicotomia tra la Ostia dei giornali e la Ostia vissuta giorno per giorno dai suoi abitanti che per Daniele Taurino, coordinatore gruppo giovani del Movimento Nonviolento, è la radice del problema.

«Quella raccontata dai giornali è una parte della realtà», spiega il giovane, nato a Fiumicino ma che vive e frequenta Ostia da sempre, sia per studio che per la partecipazione all'organizzazione dei Social Days. «Quella dei media è un'analisi che ha un fondo certamente di verità. Ma se ciascuno decidesse di girare togliendosi i para occhi si accorgerebbe che viviamo, tutti da Milano a Palermo passandomi per Roma e Napoli, in un sistema che Falcone avrebbe definito “sistema mafioso”».

Per Taurino quella che si può definire una vera è propria colpa dei mezzi di informazione è che «mediaticamente alcuni elementi di questo sistema vengono esaltati. Penso a Casa Pound e la presenza di alcuni clan come gli Spada, i Fasciani e i Triassi». Allo stesso tempo però non vengono esaltati gli elementi postivi della società di Ostia. «Cioè il fatto che sia una società viva ricca di realtà associative sul territorio che, soprattutto nel vuoto politico di questi anni, si sono impegnate tantissimo».

E l'elenco è veramente lunghissimo. Si va dal Centro Socio Culturale Affabulazione, che riunisce un grandissimo numero di realtà sociali sotto lo stesso tetto (Efo e Awa Onlus Onlus, Note di colore onlus, L’allegra Banderuola Onlus, Sostegno Onlus) e anche attività artistiche come Artisti per caso, Magazzino dei Semi, Taiko – do, Drum Circle e Co.Ci.D, al Gruppo studentesco di iniziativa sociale fatto da giovanissimi fino all'associazione Retake che si occupa di lotta contro il degrado, nella valorizzazione dei beni pubblici e nella diffusione del senso civico. E ancora AGISCO ( che si occupa di giovani e legalità), Ciao Onlus (integrazione di immigrati, accoglienza e orientamento). L'Alternativa Onlus (sostegno ai senza fissa dimora) e le due scuole di calcio popolare Dinamo Ostia e Spartak Lidense.

«Sono talmente tante le realtà sociali di Ostia che viviamo un problema enorme dal punto di vista degli spazi. Tantissime realtà infatti rimangono senza casa, senza una sede», spiega Taurino. «Questo mentre Casa Pound sul territorio ha più sedi», aggiunge amaro. E infatti a Ostia Casa Pound addirittura ha un pub, L'Idrovolante. «L'Ostia per così dire bella», spiega Daniele, «non ha alcuno spazio invece. Per questo si è deciso di fare i Social Days: per riappropiarci degli spazi e parlare».

Ed ecco il vero problema: «Non siamo sostenuti né dalla politica né dalla comunicazione. La cultura fascista e mafiosa nasce su un terreno di scontro. È chiaro che se non vengono comunicati quegli spazi e quelle esperienza che fanno giustizia sociale e antiviolenza non si fa nulla per arginare e combattere chi invece fa della violenza il proprio linguaggio. In questo momento sarebbe utile sentire il sostegno dei media. Ecco perché sono, siamo, arrabbiati con i media. Ed ecco perché quello che abbiamo letto in queste settimane è stato incredibile».

Non si è fatto altro, secondo i ragazzi che a Ostia combattono ogni giorno per migliorare le cose, che il gioco dei mafiosi svelando come ad essere malconcio, più che il tessuto sociale del territorio, sia lo stato di diritto nel Paese. «Si è parlato solo di Casa Pound. Prima delle elezioni avevo fatto un foglietto con le percentuali. Ho preso tutti i risultati al centesimo. Una situazione prevedibile in cui era chiaro avrebbero vinto i 5S», spiega Taurino, «vorrei dire una cosa che trovo importante: la non collaborazione al male è un dovere più importante della collaborazione al bene. È una frase di Pietro Pinna, il mio maestro, che significa che non si può agire solamente come protesta». E la frecciatina è diretta alla Federazione Italiana della Stampa che ha proposta la marcia a Ostia insieme a Libera. «Noi abbiamo partecipato. Ci mancherebbe. Ma bisogna dire che non si può agire solamente come protesta segnando una linea di demarcazione tra noi buoni e loro cattivi. E soprattutto non lo si può fare solo quando succede qualcosa. Bisogna costruire la società che vogliamo. Ed è una cosa che si fa giorno per giorno».

Insomma Ostia, la società civile di Ostia, ha bisogno di essere raccontata e sostenuta. Altrimenti gli Spada vincono. Ora c'è finalmente una nuova amministrazione. «Dal M5S ci aspettiamo in primo luogo che amministri. Ci sono problemi primari da risolvere, anche per il degrado della città. Poi, dal punto di vista del mondo associativo, ci servono spazi. Un centro aggregativo che ci permetta di incontrarci. Sarebbe bello chiamarla Casa della pace e della legalità».

Sperando che per riaccendere i riflettori sulla città non serva un'altra testata. «Quando è successo ero all'estero», ricorda in conclusione Taurino, «e devo essere sincero: non mi ha fatto una grande impressione. O almeno non mi ha provocato uno sdegno maggiore di prima. E anche su questo i media mi hanno deluso: quel gesto da parte di un mafioso è stato stupido se si tiene conto che è uno che vuole fare il boss. Ma quello che gli Spada fanno ogni giorno a Ostia è molto più grave. È ridicolo averlo arrestato per questa testata e non prima. Mettendo l'aggravante mafiosa a quella testata, si è solo certificato che tutti sapevano chi era. E allora non si capisce perché siamo arrivati alla testata. Andava tutto fermato prima».



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