Welfare & Lavoro

Sergio Gatti: «Serve una nuova economia, che punti su lavoro e reddito e non su finanza e rendita»

«Le imprese di successo hanno un approccio sostenibile che si integra con le forze presenti nel territorio», intervista al direttore generale di Federcasse a pochi giorni dall’evento in programma a Palermo

di Redazione

Vicepresidente del Comitato scientifico organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani e direttore generale di Federcasse, Sergio Gatti, sarà uno dei relatori del primo incontro in programma nell’edizione 2018 dell’happening della solidarietà (qui il programma) , che avrà al centro il tema del lavoro. Vita.it lo ha intervistato a pochi giorni dall’evento.


Partiamo dal titolo dell’happening: “Coesioni culturali per una nuova economia del lavoro e dello sviluppo”. Cosa c’è dietro quel “nuova”? E perché la necessità di legare il tema del lavoro a quello dello sviluppo?
Nuova economia è quella che genera ricchezza attraverso il lavoro e il reddito. Lo fa rispettando tre requisiti: stando in modo efficiente sul mercato, generando internalità positive nell'impresa (coinvolgimento, qualificazione permanente dei lavoratori, equilibrio tempi di lavoro e personali/familiari) e creando esternalità positive ovvero valore aggiunto di lungo periodo per le comunità nelle quali essa opera (rispetto dell’ambiente, valorizzazione della cultura locale, promozione di elementi di welfare partecipato e di comunità, capitale sociale). Quindi non ricchezza per pochi, come avviene attraverso la finanza per la finanza e la rendita, nè a danno di lavoratori e consumatori. A monte della nuova economia c'è una visione dell'uomo, un'antropologia, e quindi il suo protagonismo in tutti gli ambiti della vita, economia compresa. Prima della politica, delle norme e delle azioni c'è dunque una cultura, possibilmente coesa e condivisa, che richiede alle politiche pubbliche e alle strategie delle imprese e dei corpi intermedi di darsi orizzonti di senso.

Cosa non funziona nel modello di mercato di lavoro così com’è impostato oggi?
Ci sono fenomeni da denunciare: precariato, caporalato, discriminazione ancora presente per il lavoro femminile, tassi di disoccupazione ancora alti tra i giovani, politiche e percorsi formativi ancora non abbastanza in sintonia. Ma il mercato del lavoro si è messo in movimento, una stagione di riforme si è avviata, anche se alcuni elementi vanno migliorati e altri inseriti. Ma l’Italia non è un paese da buttare via. Occorre investire di più sulla formazione professionalizzante. Potenziare l’intervento dello Stato accrescendo di almeno il 50% gli investimenti nella Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), accrescere con determinazione gli investimenti negli ITS e finanziare un numero più consistente di contratti di apprendistato formativo (apprendistato duale). E’ utile promuovere l’alternanza studio-lavoro, incentivare le condotte virtuose delle imprese che investono sulla qualità del lavoro, sul rispetto sostanziale della parità uomo/donna. Servono politiche strutturali di lunghissimo periodo (fiscali e organizzative) a favore della famiglia, l’alleggerimento degli oneri burocratici e fiscali per le piccole imprese che sono l'ossatura robusta dell'Italia: generano l’80% dell'occupazione e il 70% del valore aggiunto.

Prima della politica, delle norme e delle azioni c'è dunque una cultura, possibilmente coesa e condivisa, che richiede alle politiche pubbliche e alle strategie delle imprese e dei corpi intermedi di darsi orizzonti di senso

Tre provvedimenti urgenti che su questo tema si sente di suggerire al legislatore?
Metterei sul piatto quattro proposte per il Governo italiano:

  • Mettere il lavoro al centro dei processi formativi: Per ridurre ulteriormente e in misura più consistente la disoccupazione giovanile, occorre intervenire in modo strutturale rafforzando la filiera formativa professionalizzante nel sistema educativo italiano
  • Canalizzare i risparmi dei Piani individuale di risparmio (Pir): Anche verso le piccole imprese non quotate che rispondano ad precise caratteristiche di coerenza ambientale e sociale. Stimolando l’investimento dei patrimoni familiari delle generazioni adulte.
  • Accentuare il cambio di paradigma del Codice dei contratti: potenziando i criteri di sostenibilità ambientale; inserendo tra i criteri reputazionali i parametri di responsabilità sociale, ambientale e fiscale con certificazione di ente terzo; varando un programma di formazione delle Amministrazioni sul nuovo Codice.
  • Tenendo conto delle scadenze e dei vincoli europei rimodulare le aliquote Iva per le imprese, che producono rispettando criteri ambientali e sociali minimi, oggettivamente misurabili (a saldo zero per le finanza pubblica). Anche per combattere il dumping sociale e ambientale.

Lei è reduce dalla 48esima Settimana sociale dei cattolici italiani. Nell’intervento di chiusura monsignor Santoro ha posto l’accento sul “lavoro degno”. Qual è il ruolo di una realtà come Federcasse per cercare di centrare l’obiettivo, in un periodo così travagliato per le banche territoriali?
Federcasse lavora da quasi 110 anni affinché il quadro normativo nel quale operano le BCC sia sempre il più idoneo per cooperative bancarie con finalità mutualistiche. Poter continuare a dare credito a chi merita, a buoni imprenditori che elaborano buoni progetti e che vogliono investire seriamente valorizzando il fattore lavoro è il lavoro fondamentale delle BCC. Negli anni durissimi della crisi, la Banca d’Italia – in uno studio del 2016 – ha evidenziato come le banche di territorio, in gran parte BCC, abbiano svolto una indispensabile funzione anticiclica in tre modi: hanno accresciutole quote di mercato nel credito a piccole imprese e famiglie; lo hanno erogato a condizioni più favorevoli dei concorrenti di altra dimensione; hanno fatto registrare tassi d’ingresso in sofferenza più bassi del resto dell’industria. E inoltre hanno confermato la loro funzione di protagoniste esclusive della “finanza geo-circolare”. L’85% del risparmio raccolto nel territorio di operatività viene investito in economia reale (famiglie, aziende, associazione) di quel medesimo territorio. Lo documentiamo bene nel Bilancio di coerenza 2017 appena terminato. Ma tutto ciò – una finanza d’impatto geo-circolare ante-litteram che eroga il 22% del credito alle piccole imprese manifatturiere e all’artigianato, il 20% all’agricoltura, il 18% al turismo – rischia di essere indebolito o almeno frenato da un approccio regolamentare europeo in materia bancaria omologante e penalizzante per la preziosissima bio-varietà dell’industria bancaria. Federcasse combatte perché vi sia una “proporzionalità strutturata” sia a livello normativo sia a livello di vigilanza per le piccole banche e le banche con finalità mutualistiche. Abbiamo presentato alcuni emendamenti ad alcune normative europee molto rilevanti (CRR, CRD4) per introdurre o accentuare la proporzionalità che resta purtroppo ancora caso per caso e non diventa strutturata. Abbiamo proposto e coinvolto anche altre associazioni bancarie l’introduzione di un green supporting factor ed un social enterprise supporting factor volti a mitigare l’assorbimento di capitale per i finanziamenti destinati, rispettivamente, a promuovere la diffusione di energia pulita, mobilità sostenibile ed efficientamento energetico e lo sviluppo delle imprese dell’economia sociale. Anche questo vuol dire lavorare per il lavoro.

La nuova economia ha bisogno di credito che punta allo sviluppo di lungo periodo e inclusivo

Alla Settimana sociale di Cagliari avete presentato una raccolta di buone pratiche nel lavoro…
È così abbiamo presentato un raccolta di buone pratiche realizzate nei territori. Sono state selezionate e classificate secondo quattro criteri: la capacità di creare valore economico e con esso posti di lavoro; l'originalità, in termini di nuova tipologia di impresa sostenibile o di punta avanzata di una tipologia tradizionale (che potrebbe ispirare altre imprese del medesimo settore); la riproducibilità del modello anche in altri territori (quindi la capacità generativa dell'idea, la sua "fertilità"); la presenza di risultati già maturati nel tempo e ben documentati. Abbiamo tratto alcune "lezioni". Le imprese di successo hanno un approccio sostenibile che si integra con le forze presenti nel territorio. La modularità degli orari di lavoro grazie ad opportunità di conciliazione lavoro-famiglia offerte dalla rete web. Imprese del settore socio-sanitario di massima qualità che rispondono alla domanda di generatività tra le persone longeve attraverso l'incontro tra le generazioni (e non solo); cooperative di reinserimento-lavoro che non assistono ma valorizzano e trasformano in vantaggio competitivo le diverse abilità delle categorie svantaggiate. E molte altre ancora. Questa è nuova economia. Ha bisogno di credito che punta allo sviluppo di lungo periodo e inclusivo.



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