Cooperazione & Relazioni internazionali

Palestina: a 50 anni dall’occupazione continuano le violazioni dei diritti

Nella Giornata Internazionale dell’Onu di Solidarietà con il Popolo Palestinese, l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite racconta una situazione ancora molto critica, in cui le barriere continuano ad avere un effetto deleterio sulle popolazioni dei territori occupati

di Ottavia Spaggiari

Era il 29 novembre 1947 quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva adottato la Risoluzione della Partizione (181), che stabiliva appunto la divisione del territorio palestinese tra due stati, uno ebraico e l’altro arabo, ponendo invece Gerusalemme sotto un controllo internazionale.
A settant’anni di distanza da allora, la Risoluzione rimane ancora inapplicata e oggi, nella Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese, istituita nel 1977, si continuano a registrare violazioni dei diritti umani in un’occupazione che dura da cinquant’anni, da quella Guerra dei sei giorni in cui tra il 5 e il 10 giugno del 1967 Israele prese il controllo del Golan, del Sinai, di Gaza, di Gerusalemme est e della Cisgiordania.
Secondo il rapporto dell’Onu pubblicato dalle Nazioni Unite lo scorso giugno, dal 2009 sono state formulate «oltre 900 raccomandazioni per migliorare le condizioni dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati. La maggior parte delle raccomandazioni sono state rivolte a Israele».

Nel rapporto vengono poi menzionate nello specifico le restrizioni a cui è soggetta la popolazione palestinese: le barriere rappresentate dai checkpoint, dai permessi e dalle infrastrutture israeliane «che hanno un impatto negativo sulla vita quotidiana in Cisgiordania».

Lo Special Rapporteur sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati ha descritto così la situazione: «La Cisgiordania è stata divisa da Israele in un arcipelago di piccole isole densamente popolate ma disconnesse l’una dall’altra». Il rapporto ricorda inoltre come «dopo che Hamas ha preso il controllo di Gaza nel 2007, Israele ha imposto un blocco, violando il diritto internazionale umanitario. Questa misura limita notevolmente la libertà di movimento della merce e delle persone verso e da Gaza e viola un ampio spettro di altri diritti umani, tra cui l’accesso alla salute, all’acqua, alla sanità, al lavoro, al cibo e all’istruzione».

Nonostante l’oscillazione nell’entità delle restrizioni, le Nazioni Unite sottolineano nel report che il blocco è sempre rimasto attivo, ricordano poi che il Segretario Generale dell’Onu l’aveva definito come una vera e propria «punizione collettiva».

L’Alto Commissario Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati ha espresso inoltre «serie preoccupazioni riguardo la mancanza di responsabilità relativa ai cicli passati di violenza e all’escalation a Gaza e agli incidenti in Cisgiordania, compresi Gerusalemme est e le zone ad accesso ristretto nella Striscia di Gaza».


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