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Tribunale di Milano, la povertà non è reato

La comunità di Sant'Egidio ottiene l'assoluzione degli abitanti della baraccopoli di via Cima. «La sentenza», dichiara la Comunità, «è importante perché è un forte "stop" alla criminalizzazione della povertà. Le otto famiglie vivevano nelle baracche non per scelta ma per l'assenza di alternative». Inoltre il terreno su cui sorgevano le baracche era, ed è tuttora, inutilizzato

di Redazione

La baraccopoli di via Cima, seguita dai volontari della Comunità di Sant'Egidio a titolo gratuito dal 2011 al 2015, era abitata da otto famiglie e, nonostante le difficili condizioni di vita, tutti i minori presenti erano iscritti regolarmente dall'asilo nido alle superiori e il loro percorso era accompagnato da Sant'Egidio con un doposcuola svolto presso la Biblioteca di zona e le docce presso la vicina parrocchia. Inoltre erano stati avviati dei percorsi di inserimento lavorativo per gli adulti.

In occasione dello sgombero, avvenuto il 15 marzo 2015, agli occupanti era stato contestato il reato di invasione di terreni ed edifici” (art. 633 cod. penale), compiuto "insediandosi all’interno di baracche fatiscenti utilizzate come dimora abituale”.

Ma il Tribunale di Milano (Sezione 4° penale, Giudice Dott.ssa M.T. Guadagnino- n° 2518/2017. RG Trib) ha assolto i sette rom romeni per l'occupazione della piccola baraccopoli di via Cima a Milano.

Gli imputati sono stati assolti perché “il fatto non costituisce reato”. Il legale della Comunità di Sant'Egidio, che ha difeso i sette rom durante il processo, ha infatti invocato lo stato di necessità, per salvaguardare il diritto fondamentale all’abitazione e per poter così riparare se stessi e le famiglie con bambini, in assenza di effettive alternative possibili e senza causare danni a nessuno (il terreno su cui sorgevano le baracche era – ed è tuttora – inutilizzato).

La denuncia era stata avviata il giorno dello sgombero e aveva riguardato solo 7 cittadini romeni, tra cui un disabile certificato con invalidità al 100%, poiché gli altri si trovavano, anche il giorno dello sgombero, al lavoro o ad accompagnare i figli a scuola.

"La sentenza – dichiara la Comunità di Sant'Egidio – è importante perché è un forte "stop" alla criminalizzazione della povertà. Le otto famiglie vivevano nelle baracche non per scelta ma per la povertà e l'assenza di alternative". La prova è data dal fatto che oggi, grazie al sostegno di Sant'Egidio, tutte le otto famiglie vivono in casa, continuano la scolarizzazione dei figli e in ciascuna almeno un componente lavora: "La povertà non si sconfigge con le ruspe o denunce che intasano i tribunali, ma con seri progetti di accompagnamento sociale".

La sentenza è l'occasione per ribadire due urgenze: serve attuare la Strategia Nazionale di Inclusione per Rom, Sinti e Caminanti, approvata nel 2012 e di fatto sostanzialmente inapplicata da allora; occorre garantire i diritti dei baraccati e dei poveri, con particolare attenzione a quelli dei minori.

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