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Italia, un Paese di disuguali

Solo quando i dati incontrano un territorio diventano segno di realtà tangibili. Nel suo ultimo lavoro, Dario Di Vico mette a frutto questa lezione portandoci nel cuore di una disuguaglianza tanto più disarmante, quanto più il calore (e il dolore) del vissuto converge con la freddezza dei dati

di Marco Dotti

Solo quando i dati incontrano un territorio diventano segno di realtà tangibili. Nel suo ultimo lavoro, titolato Nel Paese dei disuguali. Noi, i cinesi e la giustizia globale (Egea, Milano 2017) Dario Di Vico, inviato del Corriere della Sera, tra i più attenti a cogliere i mutamenti della realtà sociale italiana, mette a frutto questa lezione portandoci nel cuore di una disuguaglianza tanto più disarmante, quanto più tangibile.

Domande che non possono restare circoscritte in qualche slide e in qualche grafico, ma urlano alla coscienza etica, civile, intellettuale di tutti: tanto più oggi, quando apprendiamo che nel nostro Paese 1,3milioni di bambini vivono in condizioni di povertà assoluta, milioni che diventano 2 (ovvero 1 bambino su 4 fra quelli che abitano il nostro Paese) se prendiamo come riferimento i parametri della povertà relativa.

Un fenomeno, quello della disuguaglianza, che non può restare oggetto di (infinito) dibattito fra assertori di teorie e ricette economiche astratte o comunque lontane dalla vita attiva dei territori. A contatto con i territori, infatti, più che un’astratta disuguaglianza emergono i disuguali: donne e uomini che, nella vita minuta, nelle storie concrete, fanno i conti con la “globalizzazione”.

Se, come si diceva un tempo, la mappa non è il territorio è altrettanto vero che senza buone mappe non si va a nessuna parte. Ma le mappe devono “mordere” il terreno, non diventare alibi. Così, scrive l’Autore, se «le lezioni dei classici dell'egualitarismo riformista, i Sen o i Rawls, che ci hanno aiutato a impadronirci del lessico e della pratica della moderna giustizia sociale non mordono più. Sono litanie buone per i festival di cultura, non per allargare il perimetro della società aperta ai forgotten men».

Un fenomeno, quello della disuguaglianza, che non può restare oggetto di (infinito) dibattito fra assertori di teorie e ricette economiche astratte. A contatto con i territori, infatti, più che un’astratta disuguaglianza emergono i disuguali: donne e uomini che, nella vita minuta, nelle storie concrete, fanno i conti con la “globalizzazione”

Se, come insegnava l’economista Ernst F. Schumacher, vogliamo davvero cominciare a immaginarci un’economia «come se le persone contassero davvero», queste mappe e queste storie ci servono come il pane.


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