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La digital innovation non solo ha bisogno dell’uomo ma è anche meritocratica

Evo Pricing è una startup specializzata nelle analisi predittive che fa dell’alleanza uomo-macchina il proprio tratto peculiare: va a caccia di talenti cui mettere in mano gli algoritmi

di Redazione

L’Italia è il paese meno meritocratico d’Europa ma esiste una via d’uscita. Sul Meritometro dell’associazione non profit Forum della meritocrazia il Belpaese ha totalizzato 23,15 punti: 44 lunghezze di distacco dalla Finlandia, prima in classifica e dieci dalla Spagna penultima. Lo slogan del sodalizio è riassunto nell’hashtag #iocredonelmerito e ben si sposa con la politica di molte aziende, almeno nei desiderata.

Welfare aziendale, lavoro agile, conciliazione vita-lavoro sono alcuni argomenti che stanno lentamente entrando nel vocabolario dei manager, trovando però terreno più fertile nelle grandi realtà in un Paese in cui la maggior parte delle aziende sono di piccole e medie dimensioni.

«Il cambiamento in senso meritocratico della società non arriverà dall'alto, ma dipenderà dalla volontà di tanti nostri concittadini di farsi apertamente e trasparentemente Campioni del merito» recita lo slogan del think tank Merito che fa capo a Roger Abravanel. Una filosofia in linea con il “nuovo modello Torino” che sfrutta la collaborazione fra università e aziende per individuare i migliori studenti universitari e dar loro l’opportunità di conoscere, crescere e lavorare nelle imprese più innovative. A coltivare questo fiuto per i talenti ci sono ovviamente i colossi, da Intesa Sanpaolo a Amazon, ma in prima fila non possono mancare le startup. Tra loro c’è Evo Pricing azienda specializzata nelle analisi predittive. Nata a Londra, la startup ha scelto proprio Torino – sede di importanti percorsi di laurea all’avanguardia e capitale europea del social impact come testimonia un memorandum firmato recentemente a Toolbox dove peraltro sorgono gli uffici torinesi di Evo Pricing – per fare “campagna acquisti” di data scientist e costruire il suo futuro anche in salsa italiana.

La formula è semplice: «L’intelligenza artificiale non è un nemico ma un alleato, va conosciuto e sfruttato senza prescindere dall’apporto umano, al contrario, nel nostro caso aiutiamo le aziende a comprendere l’importanza dell’alleanza uomo-macchina avvalendoci di personale competente, altamente specializzato e motivato grazie al valore della meritocrazia che per noi è al primo posto» rivela Fabrizio Fantini, fondatore di Evo Pricing e già collega di Abravanel ai tempi di McKinsey. Non è un caso quindi che entrambi siano sostenitori di un’Italia migliore fondata sul superamento delle raccomandazioni e sulla valorizzazione dei migliori. «Questo Paese noi possiamo metterlo a posto» sostiene da sempre Abravanel e qualche anno fa lo ha scritto anche in un libro edito da Garzanti e intitolato, appunto, “Meritocrazia”.

A dimostrazione del fatto che la tecnologia e gli input che arrivano dall’estero, forse, ci salveranno l’intuizione di Evo Pricing è nata proprio negli anni in McKinsey quando Fantini è stato a contatto con i top manager di tutto il mondo riscontrando il potenziale inespresso dalle aziende, incapaci di comprendere il valore dei loro dati e beneficiarne, ma anche il mancato utilizzo dell’intuito umano, primo e indispensabile alleato delle macchine.

«L’intuizione umana migliora i risultati dell’intelligenza artificiale e nel mondo retail in cui ad esempio lavoriamo noi, la loro combinazione riduce l’errore del 40 per cento, le decisioni diventano più accurate e le vendite crescono di oltre il dieci per cento – assicura Fantini -. La più grande battaglia che stiamo portando avanti consiste nel combattere gli sprechi, i rischi e le lentezze dovute all’incertezza, facendo cambiare alle aziende il modo in cui prendono decisioni». Il mondo produttivo sta iniziando a comprendere questo processo e così chi ci ha investito cresce insieme a loro. «Siamo partiti nel 2015 in pochissimi e oggi il nostro team è in continua espansione grazie alla valorizzazione del personale made in Italy e a consulenti sparsi in tutto il mondo» aggiunge il fondatore di Evo Pricing che in poco più di tre anni ha aperto due sedi (Londra e Torino), conta clienti in Europa e Nord America, decine di advisor nelle più prestigiose università internazionali (Harvard, Escp, London Business School, Esade, Università degli Studi di Torino…) e una squadra under 30 di 23 persone buona parte delle quali sono “scienziati dei dati”.

Il data scientist è tra i profili digitali più utili per fronteggiare la trasformazione digitale in atto in tutti i settori. Lo ha sottolineato anche un recente studio di Boston Consulting Group descrivendo così questo mestiere 4.0: il data scientist «analizza e soprattutto interpreta i dati raccolti in modo avanzato, trovando connessioni nascoste e modelli da applicare al business per favorirne la crescita». Mentre le cronache raccontano di alcune aziende che affidano la selezione del personale o i turni lavorativi a “freddi” algoritmi, startup come Evo Pricing fanno il contrario: scelgono risorse in base alle loro qualità dimostrate già nel percorso di studi e mettono gli algoritmi nelle loro mani per governarli. «Abbiamo collaboratori sparsi in tutto il mondo, per questo da noi l'ufficio è una risorsa, un'opportunità, ma non è obbligatorio lavorare dalla stessa sede tutti i giorni – chiarisce Fantini – l'importante è il risultato, non da dove lo si raggiunge».


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