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La più grande fake news? Che l’azzardo “legale” sottragga business alle mafie

Svelati i dati nazionali sull'azzardo: un'epidemia che travolge legami e istituzioni. Dopo la nostra campagna di trasparenza, anche il Gruppo Gedi (Repubblica) lancia la sua e promette battaglia: comune per comune, quartiere per quartiere, strada per strada i dati sui flussi monetari che investono il nostro Paese vanno resi pubblici. E non "nascosti" nei cassetti dei funzionari

di Redazione

Soldi sottratti alle famiglie, all'economia, al sociale. Altro che "soldi sottratti alla mafia".

L’azzardo legale brucia miliardi di euro, rovina le famiglie, distrugge il legame sociale. “Il re è nudo: crolla la bufala secondo cui l'azzardo legale avrebbe contrastato le mafie e aiutato l’economia. E’ vero, semmai, l’esatto il contrario. Come hanno certificato le nostre inchieste e accessi agli atti compiuti insieme alle associazioni come No Slot e confermano i dati presentati oggi da Gedi, nel 2016 l’azzardo ha bruciato 96 miliardi. Tutto denaro sottratto dall’economia reale a danno di famiglie, commercio e attività produttive sane e della stessa legalità”. Lo dichiarano i capigruppo del Movimento 5 Stelle di Camera e Senato Giovanni Endrizzi e Daniele Pesco insieme al parlamentare M5S Matteo Mantero.

"In questi mesi – aggiungono – abbiamo diffuso sui territori i nostri dossier frutto di accesso agli atti. Pensiamo ad esempio al dato record di Roma di 5,4 miliardi di euro bruciati nella Capitale, ma anche agli enormi volumi dell'azzardo online in Sicilia e Calabria e le cifre record in alcuni Comuni anche del Nord . Le osservazioni della Commissione Bicamerale Antimafia appaiono suffragate: nell'azzardo legale si mimetizza la lavatrice di denaro sporco delle mafie»

“Accanto a ciò va considerato il danno alle famiglie, che si impoveriscono e perdono potere d'acquisto persino nei consumi quotidiani, e migliaia di negozianti e imprese vedono sfumare la speranza di una ripresa economica a causa di questo dissanguamento. I Monopoli di Stato dovranno spiegare le reticenze di questi ultimi anni a fornire i dati in loro possesso». Dati che, quando e dove forniti ai sindaci che li richiedevano, i Monopoli si sono persino fatti pagare 300 euro ad accesso.


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