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Athletic Club? Più che una squadra, un’utopia

Simone Bertelegni ha dato alle stampe il più competo manuale sulla squadra di calcio di Bilbao. Una vicenda unica al mondo fondata sui canoni dell'appartenenza a una comunità (sia ben chiaro non etnica): "l’unica squadra alla quale i tifosi non chiedono di vincere, ma semplicemente di (r)esistere". Da leggere per chi non si accontenta di vedere alla tv Ronaldo e Messi

di Redazione

La squadra dell’anno? L’Athletic Club di Bilbao. Come l’anno scorso e come l’anno prossimo. Del resto non potrebbe essere altrimenti, visto che l’Athletic è l’unica squadra alla quale i tifosi non chiedono di vincere, ma semplicemente di (r)esistere. A raccontare la vicenda di questo club fuori dal tempo è l’ottimo Simone Bertelegni che per Bradipo Libri ha dato alle stampe il suo “Athletic Club di Bilbao-L’utopia continua”, il suo terzo libro dedicato alla “squadra perfetta” (“Dio creò solo una squadra perfetta. Le altre le riempì di stranieri”, recita un detto popolare bilbaino).

Si tratta senza dubbio del più completo e aggiornato manuale sull’Athletic in circolazione, e non solo in Italia.Gianni Mura l’ha definita “un’ostinata eresia”, quella di un club che ha deciso di immolarsi alla “filosofia”. Ovvero quella legge non scritta, “e se lo fosse sarebbe comunque carta straccia per evidente anticostuzionalità”, nota giustamente Bertelegni in base alla quale possono vestire la maglia biancorossa solo i calciatori di origine basca o formati a Lezama (centro sportivo dell’Athletic) o nelle giovanile di un altro club basco. Questa sorta di commistione fra ius soli e nazionalismo pragmatico, la filosofia appunto, non sta in nessun regolamento interno, “in teoria qualunque presidente dell’Athletic potrebbe tesserare giocatori di ogni dove, senza violare alcuna norma e senza dover rendere conto, sulle prime a nessuno.

Eppure, nessun presidente biancorosso oserebbe mai rischiare una cosa simile. Si alienerebbe immediatamente (o quasi l’intera tifoseria)…e dovrebbe temere per la propria poltrona. Nell’Athletic, il presidente non è padre-padrone della squadra, ma un amministratore eletto, che deve rendere conto al popolo dello stadio San Memés.

Ma attenzione, la filosofia autarchica del club lungi dall’essere una gabbia, è un autentico tesoro. Sono moltissimi in Spagna come nel resto del mondo (in Italia va segnalata la vivacissima Peña Leones Italianos – Italiako Lehoiak Taldea) i simpatizzanti dell’Athletic. La squadra di Bilbao è il quarto club di Spagna per numero di tifosi e il terzo per fatturato dalla vendita del proprio materiale. “Alla base della filosofia dell’Athletic c’è una sfida”, sintetizza l’antropologa ungherese Mariann Vàczi, autrice di uno studio sulla tifoseria biancorossa per l’università del Nevada, “affrontare con giocatori locali una competizione globalizzata è una sfida che risponde allo spirito di avventura, all’amore per il rischio che sono propri della storia di Bilbao. Non a caso esiste la parola bilbainada per indicare la spacconata. La filosofia dell’Athletic riflette il desiderio non di vincere, ma di vincere in maniera speciale e contro ogni pronostico. Una comunità si definisce non tanto attraverso il circuito quotidiano di relazioni politiche ed economiche, quanto attraverso la trasgressione di leggi altrui: l’Athletic è amato perché rappresenta una trasgressione, secondo la stessa logica della sepoltura del fratello da parte di Antigone; è un obbligo simbolico che scaturisce dal senso della famiglia e della tradizione, e sovverte le leggi dello sport globale e dell’economia di mercato”.

Sono tante le sfumature della storia e dell’eresia zurigorri che Bertelegni offre al suo lettore. Una fra le altre quella legata a uno dei canti a cui sono più legati gli hinchas dell’Atlhetic Club (mi raccomando, Athletic scritto rigorosamente all’inglese e Club, pronunciato rigorosamente alla mediterranea con la U), quello dell’Aliròn. “Tra ottocento e l’inizio del novecento” spiega l’autore, “le miniere di ferro biscagline (la Biscaglia è la regione di Bilbao) erano in mano alle compagnie britanniche. Nella miniera di Muskiz, a pochi chilometri da Bilbao, lo stipendio dei minatori era commisurato alla purezza del minerale. Quando gli ingegneri appendevano fuori dalla porta dei loro uffici un cartello con la scritta All Iron, ferro puro, per i minatori significava paga doppia e si levavano al cielo grida di giubilo che storpiavano la voce inglese Aliròn!, Aliròn!

La filosofia dell’Athletic riflette il desiderio non di vincere, ma di vincere in maniera speciale e contro ogni pronostico. Una comunità si definisce non tanto attraverso il circuito quotidiano di relazioni politiche ed economiche, quanto attraverso la trasgressione di leggi altrui: l’Athletic è amato perché rappresenta una trasgressione, secondo la stessa logica della sepoltura del fratello da parte di Antigone; è un obbligo simbolico che scaturisce dal senso della famiglia e della tradizione, e sovverte le leggi dello sport globale e dell’economia di mercato

Il tuffo di Bertelegni nel mondo dell’Athletic Club non è però come nota Igor Santos Salazar dell’Università dei Paesi Baschi, ed è questo uno dei meriti del testo, “non risparmia spazio alle contraddizioni dell’Athletic”. Ma è anche grazie a queste contraddizioni che la storia e il presente dell’Athetic sono diventati universali “e non possono essere letti (come spesso capita per colpa delle penne di autori disinformati o parziali) in termini vicini ai peggiori principi ideologici del nazionalismo. Infatti, la grande famiglia dell’Athletic non può essere definita dal punto di vista dell’esclusione etnica”.


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