Cooperazione & Relazioni internazionali

La storia di Fatema, donna simbolo dei Rohingya in fuga dal Myanmar

Dal 25 Agosto al 21 Dicembre almeno 655.500 persone hanno oltrepassato il confine col Bangladesh, per sfuggire alle persecuzioni in Myanmar, mettendo così duramente alla prova un Paese spesso vittima di catastrofi naturali e dove la povertà è endemica. Da settembre Moas è impegnato nell’assistenza umanitaria ai profughi in Bangladesh con due Aid Station

di Regina Catrambone

È il 7 Dicembre quando Mernahar è arrivata alla nostra MOAS Aid Station di Unchiprang con la nipote neonata in braccio. La bambina, venuta al mondo 7 giorni prima in una tenda del campo profughi di Unchiprang, aveva bisogno di assistenza medica e la nonna è venuta a chiederla al nostro team costantemente impegnato per mitigare le terribili conseguenze dell’esodo dei Rohingya: dal 25 Agosto al 21 Dicembre almeno 655.500 persone hanno infatti oltrepassato il confine col Bangladesh, mettendo a dura prova un paese già vittima di povertà endemica e catastrofi naturali. Fra questi, stando alle stime fino al 21 Dicembre: 720mila bambini hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria; 1.2 milioni di persone hanno bisogno di aiuto; quasi 380mila bambini arrivati con la più recente ondata migratoria necessitano supporto umanitario.

La bambina arrivata con la nonna protagonista di questa storia è una di loro e avrebbe potuto perdersi fra tutte le altre, se i membri del nostro team medico non ne fossero stati testimoni. Inoltre, avendo appreso della sua recentissima nascita, hanno chiesto dove fosse la madre, riuscendo a farla trasportare fino alla nostra clinica da campo grazie all’aiuto dei suoi familiari. La donna ci racconta che la figlia, madre della bambina nostra paziente, era stata chiusa dentro la loro casa prima che questa venisse data alle fiamme dall’esercito in Myanmar. Miracolosamente sopravvissuta all’incendio, la figlia Fatema, di 25 anni, è rimasta gravemente deturpata dalle ustioni riportate e ha dovuto affrontare il terribile viaggio verso il Bangladesh incinta e senza alcuna assistenza. Nelle violenze, racconta Mernahar, hanno visto morire il marito di un’altra delle sue figlie e non potevano far altro che scappare. Tre mesi fa, a Settembre, insieme al marito con cui Fatema era sposata da un anno è arrivata nel paese dove ha cercato una sistemazione fra le migliaia di altri rifugiati che avevano varcato il confine. Ma subito dopo, il marito la abbandona con i suoi traumi, la sua sofferenza fisica e psicologica e in procinto di dare alla luce la loro prima figlia.

Fatema è stata trasportata dai familiari con una barella improvvisata perché non è in grado di camminare e alla MOAS Aid Station abbiamo tutti cercato di darle conforto e rassicurazioni, oltre alle cure mediche urgenti che la sua condizione richiedeva. L’arrivo di un numero così elevato di persone disperate, vulnerabili e bisognose di tutto ha messo a durissima prova le risorse del Bangladesh che, però, continua a darci una storica lezione di solidarietà e responsabilità verso i perseguitati e i vulnerabili. Per questo, impegnandoci con la nostra missione in Sud-Est Asiatico a portare aiuti umanitari e cure mediche, assistiamo Rohingya appena arrivati o precedentemente insediatisi nei campi sparsi nel paese e in caso d’emergenza prestiamo il primo soccorso anche alle comunità locali .

Così come il mare fa da livella annullando ogni differenza fra il ricco e il povero, fra chi è istruito e chi non ha mai frequentato una scuola, fra l’ateo e il religioso, allo stesso modo la sofferenza e la malattia ci rendono tutti uguali e bisognosi di cura per il corpo e per l’anima. Alcune volte, fra l’altro, i Rohingya che vengono a trovarci lo fanno anche solo per sedersi all’ombra in un ambiente accogliente dove possono usufruire di servizi igienici e acqua potabile o per lavarsi le mani secondo le istruzioni del nostro team.

Come la Phoenix era un faro di speranza nel mare dell’indifferenza, così le nostre Aid Station in Bangladesh sono delle oasi di umanità e dignità nel mezzo di un esodo senza precedenti.

L'autrice è Co-Fondatrice e Direttrice MOAS


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA