Politica & Istituzioni

Giro: «Si parla solo di soldati, ma in Niger esportiamo sviluppo»

Intervista al viceministro degli Esteri dopo il via libera alla missione militare nel paese africano e a pochi giorni dall'apertura della Conferenza nazionale della cooperazione allo sviluppo. i Fondi europei: «Oggi Francia e Germania fanno la parte del leone, ma presto a quel tavolo siederemo anche noi»

di Redazione

«La missione militare in Niger (ieri il parlamento ha approvato l’invio di un contingente di 470 fanti in un Paese di oltre un milione di chilometri quadrati, ndr.) è solo un aspetto della presenza italiana in quel Paese. In pochi se ne sono accorti, ma la Cooperazione Italiana di Niger si sta occupando da almeno due anni». A parlare è il viceministro del Maeci Mario Giro. L’esponente della comunità di Sant’Egidio guida la nostra Cooperazione da due anni (prima con Matteo Renzi, poi con Paolo Gentiloni) e si appresta a chiudere il suo mandato con la Conferenza nazionale della cooperazione allo sviluppo che si tiene a Roma il 24 e 25 gennaio. Se sarà un addio o un arrivederci dipenderà dall’esito delle elezioni e dal puzzle politico che determinerà la prossima squadra di governo. Giro, dal canto suo, non si nasconde: «Certo che mi auguro di essere candidato e di poter continuare il mio lavoro qui». Anche perché ha una convinzione: «Il mio successore vivrà una stagione di grande rilancio della cooperazione italiana nel mondo. In questi anni abbiamo posto le basi a una macchina che darà i frutti nella prossima legislatura».

La sua esperienza alla Farnesina si chiude con una conferenza intitolata “Novità e futuro: il mondo della cooperazione italiana”. Ecco, guardando avanti: quali sono le linee di lavoro da cui dovrà partite il nuovo esecutivo?
Gliene indico due che non esauriscono il panorama, ma che sono estremamente significative. La prima la potremmo catalogare sotto il cartello “Aiutiamoli a casa loro”. Guardando il particolare all’Africa dobbiamo creare le condizioni per portare sviluppo e lavoro. La parola chiave è appunto: lavoro. Per farlo bisogna spingere le organizzazioni non governative e le piccole e medie imprese a lavorare insieme in un’ottica condivisa. In questo quadro per altro l’Agenzia per la cooperazione ha recentemente ha promosso un bando ad hoc.

Niger 2013 – Reportage RFI – Architecture sans bois

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ll Niger non può essere il Paese dell’uranio e dello sfruttamento dei gas naturali. Il futuro non è questo. Noi dobbiamo contribuire a creare una generazione di nuovi imprenditori agricoli, capaci di vivere del loro lavoro

Crede che un bando sia sufficiente?
Assolutamente no. I fondi non bastano. Bisogna creare le condizioni affinché si inneschi il meccanismo che auspico. Le faccio un esempio: quello che non deve più accadere è che in Mali nasca una produzione di mango di eccellente qualità, ma non esista la catena commerciale per portare quel prodotto sui mercati.

Perché una piccola/media impresa dovrebbe prendere una strada sconosciuta?
Perché in questo modo avrebbe le risorse necessarie per avviare l’internalizzazione delle sue attività. Agro-business ed energia pulita, per esempio sono settori in cui, come in alcuni casi sta già avvenendo, dentro il quadro strategico dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibie, si possono creare alleanze fra Ong e Pmi capaci di esportare valori e generare valore economico, per rubare un’espressione cara a Nino Sergi. Nello stesso tempo è necessario anche aumentare la scala dei nostri interventi.

Noi non abbiamo una Banca di Sviluppo come in Francia e Germania, che proprio in virtù delle loro infrastrutture drenano la maggior parte delle risorse europee…
Però adesso vogliamo essere della partita. La Cassa Depositi e Prestiti non è nata per fare la banca di Sviluppo, ma ha la dotazione finanziaria necessaria per farci fare il salto di scala. Forse mancano ancora alcune competenze e il know how interno. Ma vedo che le cose stanno cambiando. L’obiettivo è proprio quello di guardare Parigi e Berlino da pari a pari. Ci arriveremo.

"Salto di scala", ovvero?
Glielo dico in soldoni. Se oggi con l’Agenzia e la Direzione generale facciamo progetti da 10 milioni di euro, domani ne dovremo fare da 100, 200 milioni. Su ambiente, energie rinnovabili, accesso all’acqua potremo giocare davvero le partite che contano davvero in termini di sviluppo di un Paese. Con una priorità, lo ripeto: dare lavoro ai giovani.

Oggi però di Niger si parla esclusivamente in termini di cooperazione militare…
Io capisco che per alcuni giornali sia “affascinante” raccontare quello che l’Italia sta facendo in un Parse così complesso solo da un punto di vista, quello militare legato all'emergenza migranti. Ma è appunto una visione parziale che non rappresenta il ruolo che ci siamo ritagliati grazie ai progetti che abbiamo attivato afavore dei giovani attingendo all’External Investment Plan o al Fondo Africa de La Valletta (il Fondo fiduciario di emergenza dell'UE, ndr). Il Niger non può essere il Paese dell’uranio e dello sfruttamento dei gas naturali. Il futuro non è questo. Noi dobbiamo contribuire a creare una generazione di nuovi imprenditori agricoli, capaci di vivere del loro lavoro. E i primi segnali di questo seme, incominciano a vedersi. Poi, certo, c'è anche l'aspetto militare, ma non è certamente l'aspetto più rilevante

Foto di apertura: Gustave Deghilage/FLICKR da Niger 2013: Reportage RF


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