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Politica & Istituzioni

Disabilità, il grande silenzio della campagna elettorale

Ricomporre tutta la spesa sociale relativa alla disabilità in un unico fondo, che dovrebbe avere una dotazione a regime di 7 miliardi. Ma anche classi di concorso ad hoc per gli insegnanti di sostegno e finalmente un sistema pubblico capace di mediare con successo fra domanda e offerta di lavoro. Ecco l'appello della Fish alla politica

di Redazione

Abbiamo la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009. Abbiamo anche indicazioni operative e condivise per rendere concreti i principi e i valori di quella Convenzione: il Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 dicembre 2017. Abbiamo buone norme e buone pratiche, più pronunciamenti della Corte Costituzionale. Eppure le persone con disabilità continuano in ogni parte d’Italia a incontrare ostacoli nella loro partecipazione nella società e a subire violazioni dei loro diritti umani. Per questo il movimento delle persone con disabilità e dei loro familiari, chiede alla politica un impegno non episodico nella direzione di realizzare politiche e servizi inclusivi. Ecco allora il manifesto-appello della FISH e le sue principali richieste (in allegato in fondo all'articolo).

  1. Riconoscimento della condizione di disabilità. È indifferibile il superamento delle vetuste modalità di accertamento dell’invalidità che, oltre ad essere informate da pregiudizi, stigma e distorsioni, producono esiti assolutamente inadeguati alla costruzione di progetti personalizzati, alla attivazione di sostegni adeguati, alla predisposizione di politiche coerenti e di servizi inclusivi.
  2. Politiche e servizi per la vita indipendente e l’inclusione nella società. Le persone con disabilità non devono più essere relegati nell’immagine di “ragazzi per sempre”, ma adulti in grado di scegliere liberamente dove, come, con chi vivere. Lo Stato, le regioni, gli enti locali li sostengano, superando lo sperimentalismo degli attuali progetti per la vita indipendente con le loro insostenibili disparità regionali, attivando adeguati supporti personalizzati coprogettati con i diretti interessati. Vanno previsti stanziamenti strutturali, giacché non si tratta di spese, ma di investimenti. È anche necessario giungere all’abrogazione della inabilitazione e interdizione e rafforzare l’amministratore di sostegno.
  3. Non autosufficienza e servizi di supporto intensivo. Va attribuita forza di legge ad un piano sulla non autosufficienza e vita indipendente che comprenda la definizione di livelli essenziali delle prestazioni ed interventi sociali e adeguamento dei trattamenti assistenziali (pensioni, indennità) al fine di garantire l’autonomia personale e contrastare il rischio di impoverimento. La correlata spesa socio-assistenziale, socio-sanitaria, indennità di accompagnamento, permessi lavorativi, “dopo di noi”, assegni di cura, servizi e sostegni per l’abitare, ecc va ricomposta per assicurare che la globalità degli interventi disponga di adeguate risorse. A tal fine occorre un incremento graduale e strutturale delle risorse fino a 7 miliardi.
  4. Riconoscimento del ruolo del caregiver familiare. Giungere ad una norma che riconosca e valorizzi il ruolo del caregiver familiare, ma unitamente a concrete misure di tutela previdenziale, di malattia, di tecnopatie e di riconoscimento di contributi utili al pensionamento con ciò che comporta in termini di copertura finanziaria. 
Tali misure vanno affiancate a solide misure per la conciliazione dei tempi di cura e di lavoro, per il welfare aziendale, per contrastare l’abbandono del mondo del lavoro da parte dei familiari delle persone con disabilità, con particolare attenzione alle donne.
  5. Diritto allo studio. Rafforzare la capacità della scuola di includere anche gli alunni con disabilità anche grave, bandire le “classi pollaio” e le segreganti “aule di sostegno”, novelle forme delle classi e scuole differenziali. Incentivare ed assicurare una maggiore qualificazione del personale, a partire dai dirigenti scolastici, fino a tutti i docenti curricolari. Puntare alla costituzione di classi di concorso ad hoc per gli insegnanti di sostegno. Prevedere un adeguato stanziamento per gli assistenti educativi ed alla comunicazione, per il trasporto scolastico ed una più equa ripartizione delle risorse tra le regioni.
  6. Inclusione lavorativa. Contrastare la disoccupazione, compreso quella delle persone con disabilità, vittime dello stigma dell’improduttività, attraverso strumenti concreti che garantiscano alla persona di ambire ad un lavoro confacente alle proprie abilità residue e necessità e senza discriminazioni legate alla disabilità o al genere. È il tema del collocamento mirato e quindi la sfida della costruzione di un sistema pubblico capace di operare con e nel mercato del lavoro.

Il documento parla, ancora, di diritto alla mobilità, che va rilanciato, di universal design, di accessibilità ai beni culturali e alle ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), dal momento che le nuove tecnologie (web, app, sistemi di commercio elettronico, accesso a servizi, ATM bancari, dispositivi elettronici domestici) «devono rappresentare una nuova opportunità e non un ulteriore ambito di esclusione per le persone con disabilità e in particolare per quelle con limitazioni sensoriali o con difficoltà cognitive».

Foro by Pete Johnson/Pexels


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