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Politica & Istituzioni

Hirsch: «Vi spiego il boom della società civile alle elezioni cilene»

Intervista a Tomás Hirsch, leader umanista eletto deputato con il Frente Amplio, coalizione che ha raggiunto il 20 per cento nella recente tornata elettorale, con un exploit senza precedenti

di Redazione

Tomás Hirsch, una delle persone più note a livello internazionale del Movimento umanista, è stato appena eletto deputato in Cile nel Frente Amplio, rete di organizzazioni legate alla società civile che alle recenti elezioni ha raggiunto il 20% dei voti. “E’ fondamentale mettere l’accento sulla valorizzazione della diversità e sulla partecipazione non solo delle forze politiche, ma anche delle organizzazioni sociali”, sottolinea Hirsch intervistato dal network Pressenza. A fine gennaio verrà in Europa per una serie di incontri pubblici, tra cui la tappa italiana a Milano di mercoledì 31 gennaio alle 21 alla Casa della cultura.

Il Frente Amplio si è formato nel gennaio 2017, ma anche prima di allora ci sono stati molti tentativi di lavorare insieme tra le forze politiche progressiste cilene. Puoi tracciare una breve sintesi di questo percorso, con i suoi diversi momenti?
Fin dall’epoca della dittatura in Cile ci sono sempre stati tentativi e tendenze alla convergenza tra le forze politiche. Si tratta di una costante che fa parte della storia del processo politico cileno. Se si guarda più indietro, il governo di Salvador Allende era quello dell’Unidad Popular e prima ancora c’era il Frente Popular. Dunque direi che la formazione di coalizioni che lavorano insieme sta nel DNA della politica cilena; tutto ciò ha un grandissimo valore, perché ci ha formato in una costruzione che valorizza la diversità. Molte volte questo si è rivelato difficile, ma comunque è sempre stato presente. […] Dunque quello che stiamo vivendo oggi ha molti antecedenti, viene da un processo. Ci sono anche difficoltà, causate dalla tendenza a moltiplicare la frammentazione all’interno di queste diversità, una caratteristica della sinistra cilena. Qui la sinistra è divisa in 20, 30 o 40 micro partiti, micro organizzazioni, alla ricerca permanente di un modo per unirsi e convergere, cosa che sta succedendo anche oggi.

Quali sono a tuo parere gli elementi essenziali che hanno consentito la creazione di un’alleanza così ampia e che, al di là delle differenti situazioni sociali e politiche, si potrebbero riprendere anche in altri paesi?
Credo che ci siano vari fattori. Da un lato un profondo logoramento delle coalizioni tradizionali, che hanno gestito il modello politico ed economico del paese per più di 25 anni. Un degrado in termini di credibilità, di mancanza di un progetto, di perdita di leadership e di capacità di dare riferimenti. Insomma, in ogni senso. In secondo luogo, il fatto che il Partito Comunista sia entrato nel governo ha lasciato uno spazio perché altre organizzazioni si sentissero forse più libere di cercare una convergenza. Nella sinistra tradizionale c’è la tendenza a una relazione di amore-odio con il Partito Comunista, che non coinvolge il Partito Umanista, ma fa sì che molte organizzazioni finiscano per agire in relazione o in funzione di quello che fanno o non fanno i comunisti. […] Un terzo elemento, direi, riguarda il fatto che i movimenti studenteschi del 2011– frutto dell’esperienza di altri paesi, soprattutto la Spagna – hanno compreso l’importanza di organizzarsi a livello politico, senza limitarsi alla dinamica studentesca e alle rivendicazioni puntuali. Hanno capito molto rapidamente che era necessario avanzare verso la proposta di trasformazione strutturale del modello. Questo ha permesso di lavorare insieme per un progetto più a lungo termine, non solo nella lotta per un’educazione con certe caratteristiche.

Che ruolo ha avuto la candidatura di Beatriz Sanchez, figura molto nota in Cile in prima linea per i diritti delle donne, nel risultato ottenuto dal Frente Amplio? E le proposte di rottura come quella di tassare i super ricchi?
Credo che la proposta di tassare i super ricchi non abbia influito affatto sul risultato. Credo che sia stata poco conosciuta e poco compresa; qui c’è molta paura ogni volta che si parla di tasse. In generale il Cile è un paese conservatore. A parte questo, direi che invece abbiano contato molto il fatto che Beatriz fosse una donna con una posizione femminista e l’alto numero di candidate donne all’interno della coalizione. Se studiamo i voti ottenuti dal Frente Amplio, si nota chiaramente una maggiore tendenza ad appoggiarlo da parte delle donne. Le donne hanno votato più degli uomini e sono state elette in proporzione maggiore rispetto alle altre coalizioni. I consiglieri regionali eletti sono tutte donne. Le deputate sono 7 su 20; è una minoranza, certo, ma corrisponde al 35%, ossia al triplo della percentuale nazionale, che non arriva al 14%. Dunque c’è una differenza importante. Il programma di governo di Beatriz Sánchez contiene molti elementi che si potrebbero definire femministi, ma io direi che ciò che ha avuto più influenza è stato il suo atteggiamento, il suo stile e il suo tono. Un tono non solo femminista, ma soprattutto molto onesto, molto trasparente, molto paritario, molto orizzontale, molto sincero. In una situazione in cui la politica ha perso ogni credibilità, in cui qualsiasi politico risulta sospetto – e con buoni motivi – una donna che è stata giornalista, famosa per non avere peli sulla lingua e dire in modo franco e diretto quello che molta gente – milioni di persone – sente, ha prodotto una grandissima empatia con la sua candidatura. Potrei affermare che il maggiore impatto sia stato prodotto da una frase che Beatriz ha pronunciato il primo giorno della campagna elettorale: “Il fatto che io sia candidata dimostra che nel nostro paese qualsiasi persona può candidarsi ed essere eletta alla presidenza del Cile”. Credo che questa affermazione abbia avuto più effetto di molte delle proposte. Mi pare che le proposte del “Programa de Muchos” (il Programma dei Molti) abbiano dato un inquadramento, un tono generale, ma che non siano state loro a spingere la gente ad appoggiarlo. Se chiediamo a chi ci ha votato quante proposte si ricordano, di sicuro citeranno l’educazione gratuita e la fine della gestione privata delle pensioni, però ci sono molti altri che sostengono questi punti. Dunque credo che la cosa più importante sia stata il suo stile.

Le forze politiche critici nei confronti di chi detiene il potere e decisi a superare un sistema come quello liberista, basato sulla disuguaglianza e la violenza. Quali sono gli errori da evitare e i punti di forza da valorizzare e mantenere?

Significa incoraggiare una molteplicità di leadership in tutti i campi, di tutti i tipi, non monopolizzare, non egemonizzare – un linguaggio tipico di questo campo – non pretendere di imporre i propri punti di vista. Questo è fondamentale quando si lavora in una coalizione ampia come la nostra e come quelle presenti in altri paesi. Credo inoltre che non si debba mai perdere la capacità di dialogare con altri diversi da noi. E’ molto importante essere capaci di costruire maggioranze su determinati temi. Da questo punto di vista credo che in questo momento un atteggiamento fondamentalista non convenga e non aiuti. Viviamo in una società che ha bisogno di una grande flessibilità tattica, molto veloce e questa flessibilità richiede risposte rapide. Mi pare inoltre che sia necessario mantenere molti legami con altre organizzazioni di altre parti del mondo. Là c’è molta esperienza da conoscere e su cui interscambiare. Nessuno ha la verità in tasca. Noi stiamo in Cile, però cosa stanno facendo in Uruguay, dove il Frente Amplio esiste da trent’anni? Cosa stanno facendo in Francia con France Insoumise? E in Egitto, con una situazione diversa e molto complessa, con dittature di mezzo? Credo che sia molto importante raccogliere queste esperienze, avere uno scambio intenso e ricco.


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