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Umani a Milano: i volti della città

Durerà tutto il mese di febbraio l'iniziativa social a favore di Progetto Arca. Tutto nasce dalla collaborazione tra la onlus e Stefano D'Andrea autore e scrittore che racconterà chi vive senza dimora e chi dedica loro attenzione e cura. 28 ritratti e altrettanti motivi per fermarsi un attimo a riflettere. Ne abbiamo parlato con Stefano D'Andrea

di Rossana Cavallari

Sono tanti i volti di una città. Quei volti a cui, spesso, non prestiamo attenzione perché presi dalla velocità, dalla quotidianità, dai pensieri.
Ma è lì in quegli sguardi, in quegli occhi, in quei lineamenti che si celano storie e racconti di vite diverse. Vite preziose. Importanti anche quando non tutto va come dovrebbe andare. Anche quando la dignità sembra essere stata offerta ad alcuni sì e ad altri no sapendo, benissimo, che così non dovrebbe essere.

Per questo nasce il progetto Umani a Milano per Progetto Arca grazie alla collaborazione tra la onlus e Stefano D’Andrea autore e scrittore che, per tutto il mese di febbraio, racconterà chi vive senza dimora e chi dedica loro attenzione e cura cercando di essere di aiuto.
28 giorni. 28 ritratti. 28 motivi per fermarsi un attimo. Conoscere. Riflettere. Ne abbiamo parlato con Stefano D’Andrea.

Cos’è Umani a Milano?
È un progetto di storytelling dedicato alla mia città. Un’idea che va avanti dal 2014 su Facebook con una pagina dedicata diventando poi, anche, un libro. Un modo per vincere la mia paura della gente. Una copia di Humans of New York del fotografo Brandon Stanton ma più superficiale.
Un umano al giorno incontrato per caso, per strada a cui chiedo un ritratto e un brevissimo racconto di quello che sta facendo lì, in quel momento. Una specie di Spoon River ma delle persone vive.

Perché Umani a Milano?
Perché volevo capire in che città vivo e non c’è modo per farlo che andare fuori e chiederglielo, alla città.

Umani a Milano e Progetto Arca come si sono incontrati?
Un’amica che collabora con loro mi ha chiesto se volevo fare del bene facendo qualcosa che sapevo fare. Ho detto sì. Poi mi ha spiegato di cosa si trattasse.
Io mi fido sempre degli amici.

In cosa consiste questa idea che ci accompagnerà per tutto il mese di febbraio?
Cerco di raccontare un piccolo pezzo della storia degli utenti dei servizi della onlus. Persone che ho incontrato in varie situazioni e in vari luoghi. Fare loro un ritratto in cui si vedano bene i loro occhi facendomi aiutare da un gruppo di giovani fotografi che hanno dato nuova linfa a Umani a Milano.

Lo scopo di tutto questo?
Lo stesso di Umani a Milano ma di più e cioè togliere quel velo, ridurre la distanza, spezzare il vuoto che c’è tra le persone che si incrociano sui marciapiedi ogni giorno. Non per diventare amici o volersi tutti bene, no, ma per essere meglio consapevoli che ogni singola persona che viaggia per questo mondo ha una storia, un colon e un posto dove dorme la notte. Si ha meno paura degli altri se ci hai parlato.

Perché Milano ha bisogno di un progetto così secondo te?
Perché ogni città ha bisogno di uno specchio soprattutto se è bella e non se ne accorge.

Cosa rappresenta Milano dal punto di vista sociale?
Un miracolo. È l’unica città al mondo, oltre a Johannesburg, a essere cresciuta senza il mare o un fiume. È un fiore di cactus.
È l’unica città italiana che conosca dove puoi perderti e ritrovarti, perché milanese lo puoi diventare e questo accade solo qui. Non diventerai mai romano o napoletano o fiorentino, milanese sì. Se vuoi. Come quello che succede a New York, ma con lo zafferano. Milano è un laboratorio millenario dove ci sono anche ingredienti spagnoli, francesi e austriaci. Può non piacere ma a me stare qui dà un grande senso di libertà.

Perché Umani a Milano ha detto sì a Progetto Arca?
Perché dire di no sarebbe stato stupido, inutile e forse anche dannoso.

In apertura il backstage del progetto, nell'immagine Stefano D'Andrea e Samuel


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