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Politica & Istituzioni

Se la maggioranza silenziosa alza la voce

Le elezioni del 4 marzo dimostrano una tendenza incontrovertibile: l'elettorato moderato non teme più gli estremi. In questa situazione, i partiti di centro rischiano di perdere la loro tradizionale funzione. Ma è solo un sintomo del disagio in cui versa la classe media, che chiede un nuovo patto contro il rischio che globalizzazione estrema, digitalizzazione e automazione ne compromettano ancora di più il livello già precario di vita

di Giacomo Tosolin

Gli estremi, si usa dire, si toccano. Ma la fine della polarizzazione destra-sinistra, più volte annunciata sembra infine giunta. E si è portata via ogni estremo. E il riorientamento politico su nuovi assi (sovranismo-europeismo, apertura-chiusura delle frontiere, etc.) ha eroso spazio al centro. A farne le spese, i partiti che svolgevano funzioni di ago della bilancia. In particolare, guardando alla situazione italiana, il Partito Democratico.

La secolarizzazione del voto

L'ha detto quello che (per ora) è ancora il suo segretario, Matteo Renzi. Un Renzi che con una mossa azzardata e al tempo stesso disperata sembra aver capito a fondo la situazione, dichiarando di collocare il partito all'opposizione. E lì starà. Perché quello è il solo spazio in cui il Partito Democratico si può muovere, se intende restare un raggruppamento coeso.

Ciò che con molta approssimazione, talvolta con improvvisazione, di certo con grande disaccordo i commentatori chiamano "populismo", "antipolitica", "post-politica" è oggi una massa che si polarizza secondo logiche situazionali. Una silent majority che esce allo scoperto e sceglie opzioni un tempo giudicate incompatibili fra loro, ma che ora convivono senza timori nella stessa offerta elettorale. Si può essere di destra sull'immigrazione e di sinistra sui diritti. Per l'ambiente e per le armi. E così via.

Segno anche della secolarizzazione del voto dove valori e modelli cattolici contano sempre meno. Oggi solo il 41% degli italiani si dichiara influenzato da quei valori e da quei modelli. Ma alla prova del voto, sono molti meno. Questa maggioranza secolarizzata, la classe media, chiede oggi un nuovo patto per munirsi qui e ora (il reddito di cittadinanza è, in tutto il mondo, oggetto di discussione in tal senso) degli strumenti che possano mitigare l'impatto dell'automazione del lavoro e della conseguente fine del lavoro.

Che i tradizionali partiti di centro non l'abbiano compreso è un segno dei tempi. Il collasso in cui versano le loro strutture di pensiero è evidente. E il passaggio di voti dal PD al M5S, ossia dall'ex sinistra a una post-sinistra è un dato indicativo in tal senso.

I moderati non hanno più paura

Nel dicembre scorso, facendo leva su una vecchia corda Silvio Berlusconi dichiarava: «Forza Italia arriverà al 30% con il voto dei moderati delusi». Forza Italia ha preso il 14%, meno della metà di quanto preconizzato dal suo leader-fondatore. Ma, soprattutto, gli elettori moderati hanno mostrato di non avere più paura. Né del M5S populista, né della Lega sovranista. Se devo indicare un dato nuovo che dall'esterno appare allo sguardo dell'osservatore direi che è proprio questo: la fine della paura.

La maggioranza silenziosa ha alzato la voce.


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