Cooperazione & Relazioni internazionali

Società civile: il nuovo Parlamento sospenda l’invio di armi in Yemen

A tre anni esatti dall'inizio del conflitto, Amnesty International, Movimento dei Focolari, Fondazione Finanza Etica, Oxfam Italia, Rete della Pace e Rete Italiana per il Disarmo chiedono alle istituzioni italiane, ai Paesi membri e all'Unione Europea di sospendere l’invio di armamenti alle parti in conflitto in Yemen e di sollecitare un’iniziativa di pace a guida ONU

di Redazione

«Non possiamo più chiudere gli occhi davanti alla catastrofe umanitaria che da tre anni si sta perpetrando in Yemen anche con armi italiane», dichiarano Amnesty International, Movimento dei Focolari, Fondazione Finanza Etica, Oxfam Italia, Rete della Pace e Rete Italiana per il Disarmo in un appello congiunto alle istituzioni italiane ed europee. «Per questo chiediamo che la prima iniziativa del Parlamento italiano sia quella di conformarsi alle risoluzioni, votate ad ampia maggioranza nel Parlamento europeo, che chiedono di promuovere un embargo di armamenti verso l’Arabia Saudita e i suoi alleati in considerazione del coinvolgimento nelle gravi violazioni del diritto umanitario in Yemen accertate dalle autorità competenti delle Nazioni Unite. Chiediamo inoltre al prossimo Governo di farsi promotore della medesima istanza in sede di Consiglio europeo e di avviare un’iniziativa multilaterale per promuovere la fine del conflitto e il processo di pace in Yemen».

«L'Italia e l'Unione Europea non possono continuare ad essere complici del disastro umanitario e della carneficina in corso in Yemen. Un confitto sanguinoso che sta colpendo soprattutto la popolazione civile da tre anni, cioè da quando la coalizione guidata dall'Arabia Saudita, senza alcun mandato internazionale, ha iniziato i primi bombardamenti sul territorio yemenita il 25 marzo 2015. Tre anni di guerra hanno portato a una situazione drammatica ed insostenibile per la popolazione locale (oltre 22 milioni di persone in condizioni di emergenza umanitaria), con più di 9 mila morti, di cui 6mila civili, causati da scontri tra le parti in conflitto e e bombardamenti quotidiani soprattutto su aree cittadine. La crisi umanitaria è senza precedenti con difficoltà di accesso al cibo e acqua e con emergenze sanitarie sempre crescenti, nei mesi scorsi contraddistinte anche da epidemie di colera (1 milione di casi di colera ed 1 altro milione a rischio), inasprite dal blocco navale deciso dalla coalizione Saudita che impedisce l'arrivo di aiuti umanitari».

«La richiesta della società civile italiana (in linea con le richieste internazionali tra cui la recenti decisioni del Consiglio di Sicurezza ONU che chiede il via libera agli aiuti umanitari oltre ad indagini sulle violazioni del diritto internazionale commesse in questi tre anni) continua d essere con forza quella di fermare le ostilità e permettere l'assistenza umanitaria alla popolazione e l’avvio di un percorso di pacificazione che parta in primo luogo dalle necessità della popolazione civile. Chiediamo con forza che cessino gli attacchi ad ospedali, luoghi di cura ed abitazioni.

In questi tre anni la guerra è stata condotta con armi fornite principalmente dall’Occidente e dai maggiori produttori di armamenti. Tra di essi anche l’Italia che ha consentito l'invio all'Arabia Saudita e ai propri alleati di bombe ed altri armamenti in quantità mai registrata prima, con un livello record di autorizzazioni per centinaia di milioni di euro. Le licenze rilasciate hanno già consentito negli ultimi mesi l’invio di migliaia di ordigni – sicuramente utilizzati nel conflitto, come dimostrano numerose prove raccolte sul campo – e la messa in produzione di nuove forniture che potrebbero giungere nei luoghi di ostilità nelle prossime settimane.

Contribuendo a rendere ancora più insostenibile una situazione già drammatica; tutti gli osservatori indipendenti ed anche autorevoli e anche autorevoli prese di posizione e Rapporti delle Nazioni Unite hanno sottolineato le violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani perpetrate in Yemen da tutte le parti in conflitto».


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