Attivismo civico & Terzo settore

Negli orti comunitari il volontariato coltiva relazioni

Successo di pubblico e di contenuti per l’evento finale del percorso “Orto come bene comune” organizzato dal Csv di Trento. Un terreno dove sempre più si diffondono nuove forme di partecipazione dei cittadini e collaborazioni sociali ibride

di Andreas Fernandez

Orti nati su terreni abbandonati, cooperative che creano lavoro e integrazione grazie al verde, scuole che usano il cortile come fosse un’aula, cittadini che grazie agli orti comunitari hanno coltivato il proprio cibo per la prima volta nella loro vita, associazioni che usano le aiuole come spazi rigenerativi per le persone con difficoltà o che preservano specie antiche di vegetali…
Potrebbe continuare a lungo l’elenco delle esperienze incontrate pochi giorni fa a “Coltiviamo con Cura”, la festa degli orti comunitari organizzata presso il Muse (Museo delle Scienze) di Trento dal Centro di servizio per il volontariato insieme al comune.

Un grande successo di contenuti e di pubblico arrivato non a caso: la festa ha concluso infatti il percorso “Orto come bene comune: tra territorio e comunità”, un vero laboratorio cittadino iniziato lo scorso settembre e in grado di coinvolgere una sessantina fra associazioni, cooperative, istituzioni pubbliche ed enti privati.
Obiettivo principale è stato insegnare ai cittadini come costruire relazioni attraverso un orto urbano, attraverso diversi incontri con docenti, esperti a livello nazionale e locale e vari conoscitori delle esperienze di orti comunitari. I numeri dell’evento conclusivo parlano di 200 volontari attivi durante l’evento conclusivo e di un’affluenza di 3.300 persone.

In Trentino ci sono orti creati dalle realtà associative più diverse, ma anche da scuole, aziende e gruppi di amici; alcuni sono nati per coltivare cibo a filiera corta, altri per creare solidarietà, altri ancora per godersi la natura o solo per organizzare momenti conviviali e stare in compagnia. Tutti sono espressione di un modo nuovo di considerare il verde urbano: un luogo di partecipazione, dove ciascuno può “mettere mano” e prendersi cura, migliorando la qualità della vita di una intera comunità.

“Coltiviamo con Cura” è stata un’occasione unica per conoscere il movimento degli orti urbani comunitari e le esperienze positive di amministrazione condivisa sia sul territorio trentino, sia in altre parti d’Italia. Come è avvenuto ad esempio con l’orto Salewa di Bolzano, nato dall’incontro tra Binario1bz, un'associazione di Bolzano che accoglie i migranti alla stazione del Brennero, l’azienda Salewa, uno chef e una cooperativa sociale: una rete di solidarietà fatta di molti volontari che ha offerto a una quindicina di rifugiati la possibilità di coltivare un orto di 3.000 metri quadrati, imparare le tecniche dell’agricoltura biologica e produrre verdure e altri prodotti destinati, fra l’altro, a un ristorante stellato di Bolzano.

O con la vicenda di Funky Tomato, un’azienda di pomodori a filiera partecipata che dice no al caporalato e assume i migranti; e che coinvolge migliaia di agricoltori, un centinaio di stabilimenti di trasformazione sparsi fra Puglia, Basilicata e Campania e circa 20 giovani impegnati in prima linea a difendere i diritti dei lavoratori.
Tanti i protagonisti degli incontri e dei laboratori. Come Costantina Righetto dell’università di Bologna, che ha spiegato cosa succede alle persone quando si trovano in connessione con le piante e ha raccontato la sua esperienza all’ospedale di Venezia, nella creazione di un programma di riabilitazione post-trauma basato sull’ortoterapia. O come Silvia Cama di P’orto di Lampedusa, Francesca Forno di Nutrire Trento, Shirley Djukurnã Krenak, ultima custode della cultura e della storia dei Krenak, e Diogo Juruna, attivista per il diritto alla terra del popolo Xavante.

Molto di più di una festa degli orti, “Coltiviamo con cura” ha soprattutto evidenziato come si stiano diffondendo forme di partecipazione dei cittadini e collaborazioni ibride fra istituzioni e pezzi della società che si attivano “dal basso”. Un volontariato in continua evoluzione che, in questo caso, rende gli orti più “fertili” grazie alla sua capacità di coltivare relazioni.


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