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Sistema, testimonianza, immagine. Saggi sulla tecnica di Jacques Ellul

È necessario smontare i luoghi comuni che costruiscono idee condivise, ma sostanzialmente errate e che condizionano il nostro agire sociale. Una di queste è la presunta "libertà" che l'accesso alle informazioni dovrebbe garantire a tutti. Ecco perché il pensiero del filosofo e teologo Jacques Ellul è, oggi più che mai, decisivo

di Pietro Piro

Pensare la tecnica

La casa editrice Mimesis ha recentemente pubblicato una raccolta di saggi del francese Jacques Ellul curata dalla studiosa Cristina Coccimiglio dal titolo: Sistema, testimonianza, immagine. Saggi sulla tecnica (Mimesis, Milano-Udine 2017). Ellul è noto nel nostro Paese per i suoi lavori sul diritto, la storia delle istituzioni e per essere uno dei critici più radicali del "sistema tecnico". Tuttavia, la sua produzione in lingua francese non è ancora stata interamente tradotta in italiano e questo impedisce ancora oggi di accedere a una visione più approfondita del suo pensiero per chi non è in grado accedere ai suoi testi in lingua originale. Il merito, dunque, di questa pubblicazione è di permetterci di approfondire con maggiore coscienza parte del suo vasto e inesplorato pensiero.

Ellul è un punto di riferimento essenziale per studiosi di varie discipline che lo considerano un punto di riferimento: "I teorizzatori della insostenibilità della crescita infinita, sia del consumo che della produzione, colgono nel suo pensiero un riferimento imprescindibile della teoria della decrescita economica e ne fanno un precursore dell’ecologia politica. Ellul era un giurista ma anche un insegnante che educava i suoi allievi a pensare in modo autonomo, utilizzando la ragione e la dialettica. Aveva dato vita a dei piccoli “cenacoli” e conosceva l’importanza di esplorare le contraddizioni del fenomeno tecnico. Il tratto ambivalente delle sue tesi – la loro continua oscillazione tra un’analisi profonda del fenomeno tecnico e una denuncia degli esiti indesiderati del predominio della tecnica sull’uomo – resta la cifra distintiva della sua produzione, riflettendo in fondo la complessità e le contraddizioni proprie della questione filosofica della tecnica (p. 9).

Ellul è stato certamente un "filosofo della tecnica" ma credo che la sua più profonda aspirazione sia stata quella di conservare uno spazio "umano" di pensiero e di relazione all'interno di un crescente spaesamento causato dal progredire inesorabile di "sistemi" (tecnici, burocratici, religiosi) che riducono l'uomo a un semplice "ingranaggio" privo di storia e di memoria. Scrive bene Coccimiglio quando osserva: "A Ellul sta a cuore di trovare il modo per preservare un luogo, sebbene fragile indispensabile, del discorso – inteso nel senso ampio della capacità di esercitare un pensiero critico nei confronti della realtà, sia in modalità linguistiche che non linguistiche – a fronte dell’immediata efficacia dell’immagine. Egli denuncia pertanto i rischi della sopraffazione delle informazioni sull’esperienza, immediata o mediata (per esempio nella forma di una critica), della cultura, della società e in definitiva del mondo" (p. 21). La selezione dei saggi contenuti in questa pubblicazione, può essere considerata anche come una primissima introduzione al pensiero di Ellul.

Ellul di fronte al PC

Cosa pensava Ellul dell'irruzione del PC nelle nostre vite? Non poteva che osservarlo con sospetto. Scrive Ellul: "Ci fu un periodo nell’uso dei computer in cui eravamo totalmente entusiasti: il computer avrebbe permesso di razionalizzare le decisioni. Era ciò che si definiva “l’aiuto alla decisione”. Se colui che deve prendere la decisione sa tutto in merito alla situazione, egli potrà prendere una decisione esatta; e il computer permette di sapere tutto. Era l’epoca, parliamo di dieci anni fa, in cui si pensava al famoso computer centrale che avrebbe deciso della guerra e della pace! Ora gli studi recenti sulla decisione (Sfez, Dupuy, Greinion) mostrano come l’aiuto, “l’aiuto alla decisione”, sia del tutto inaffidabile. Non è l’accumulazione di informazioni che permette di prendere una decisione giusta. Ovviamente è meglio avere una conoscenza esatta dei dati, ma né di tutti i dati, né a un livello troppo dettagliato. In altri termini, l’eccesso di informazione blocca la decisione. Solo le soluzioni di problemi tecnici sono facilitate dal computer, ma non le decisioni politiche,economiche e sociali, né le scelte dei grandi orientamenti valoriali. In questi campi si erano considerevolmente sovrastimati i servizi che il computer poteva rendere" (p. 56).

Ellul cerca sempre di "smontare" i luoghi comuni che costruiscono idee condivise ma sostanzialmente errate e che condizionano il nostro agire sociale. Una di queste idee è la presunta "libertà" che l'accesso alle informazioni dovrebbe garantire a tutti: "In primo luogo si dice: da ora in poi chiunque potrà avere informazioni complete su qualsiasi fatto. Nella pratica ciò è falso. Perché è del tutto evidente che non è l’operaio di fabbrica, né il piccolo commerciante, né la dattilografa, etc. etc. Non sono queste categorie che si metteranno a ricercare informazioni economiche, politiche o culturali complesse. Coloro i quali utilizzeranno i computer, ed è già così, apparterranno, in un modo o in un altro, alla categoria dei potenti: gli uomini politici, gli scienziati, gli industriali e gli uomini d’affari di alto livello, i quadri sindacali, i redattori di giornali importanti. Solamente costoro sapranno al contempo ciò che bisogna chiedere al computer, come utilizzarlo, a cosa rivolgersi e chi avrà anche il tempo di farlo! In altre parole, ci sarà di necessità un rafforzamento del potere dei quadri; la potenza di fatto (politica, economica, scientifica) sarà rafforzata dalla potenza d’informazioni. Sarà in misura crescente impossibile all’uomo qualunque controllare, criticare, fare delle scelte: sarà in presenza di un’aristocrazia (la stessa a destra o a sinistra) fornita di computer, come un tempo il cavaliere era munito di armatura. E il semplice cittadino sarà semplicemente disarmato. Questa è la situazione di fatto, il resto è astrazione: possibilità infinite aperte, ma che non mostrano alcuna tendenza a realizzarsi" (p. 58). Per Ellul il PC non è uno strumento di libertà a basso costo e di democrazia garantita: "il computer entra in un corpo sociale dato, centralizzato, autoritario, tecnico, etc. E non può che rafforzare le tendenze già esistenti. Non può andare altrimenti: colui il quale nei fatti userà il computer sarà chi, per esempio, è già un amministratore formato alla centralizzazione, al controllo, all’organizzazione razionale. Il computer gli servirà certamente a questo. Ed è esattamente la stessa cosa per la sinistra e per la destra" […] " Tutti i partiti sono ugualmente tecnocratici, ugualmente centralizzatori, ugualmente favorevoli al controllo (per il bene degli interessati, questo va da sé)". (p. 59).

Ellul non accetta che si analizzino i pro e i contro di una innovazione tecnica senza valutare "il contesto" in cui questa innovazione è introdotta. Contesto che lo porta a valutare negativamente l'impatto di questo strumento: "L’uomo, abituato ad avere per interlocutore il computer, diventa sempre più incapace di una relazione con delle persone. Si vedano le solitudini gomito a gomito, ognuno collegato sul sistema computer. In particolare la pedagogia attraverso il computer (il computer che sostituisce il professore) comporta effetti psicologici spaventosi. L’altro elemento di riflessione è l’impossibilità dell’oblio: tutte le informazioni, tutte le parole, tutte le menzogne, tutti gli errori rilevati restano registrati in memoria per sempre. Il tempo non può coprire nulla. L’individuo non può cambiare completamente la sua pelle: sa che tutto il suo passato è sempre presente e accessibile da parte dell’autorità. Schiacciamento psicologico. Poiché il computer non può perdonare, i suoi utilizzatori non saranno portati a farlo. Il computer è sempre necessariamente un organo d’accusa" (p. 60). Posizione "radicale" quella di Ellul che rischia di deludere gli entusiasti del Pc come strumento di libertà e innovazione sociale.

La possibilità della testimonianza

Il tema della testimonianza riguarda direttamente il vissuto di Ellul. L'analisi dei "segni dei tempi" non era semplicemente un "esercizio" ma un modo di essere nel mondo da cristiano autentico. In questa prospettiva, va inteso il modo d'intendere la testimonianza per Ellul: "la testimonianza porta inevitabilmente un turbamento in un’organizzazione, qualunque essa sia; essa fa apparire un nuovo riferimento, fa appello ad una dimensione prima sconosciuta o che, anche se conosciuta, non essendo stata l’oggetto di una testimonianza, non era ricevuta come una dimensione della vita umana. Non appena c’è la testimonianza, si ha l’apertura su una possibilità altra di vivere, di comprendere, di ordinare il mondo, di trovare un senso. Ma a partire da questo fatto, e reciprocamente, tutto quello che era stato ricevuto fino a quel momento deve essere ripensato. Da qui la testimonianza pone il gruppo in un conflitto e provoca tensioni. Essa genera uno squilibrio nella situazione che era stata normalizzata, istituzionalizzata. Non è il coraggio, la dedizione del testimone che la produce, non è perché egli è pronto a essere sgozzato che mette in discussione la società: è perché egli è testimone e rinvia a ciò che è necessariamente altro. Introduce quindi un margine di libertà, la designazione di un esterno che, non potendo essere assimilato direttamente, apre comunque a nuovi possibili" (p. 65).

Per Ellul un vero testimone è colui che fa riferimento a una dimensione Totalmente Altra (p. 67) rispetto alle strutture sociali già esistenti e che grazie a questa apertura può criticarle e rinnovarle. Tuttavia, il sistema tecnico inibisce questa funzione: "in una società tecnica la testimonianza perde molta della sua importanza, essendo ciascuno chiamato a diventare testimone di fronte a se stesso. A causa della diffusione delle conoscenze e delle informazioni, i fatti o le dottrine sono messi a disposizione di tutti. Esiste un nuovo modo di comunicare oggettivante che mette ciascuno in contatto con la realtà politica, economica o intellettuale della società. Ciò permette a tutti non solo di farsi un’opinione ma di essere in grado di testimoniare impegnandosi più lucidamente: ora ciascuno è chiamato a ciò dall’esistenza stessa di questa diffusione. Non c’è dunque, a dirla tutta, urgenza di una testimonianza" (p. 67). Per Ellul la società tecnica induce ad uno stato di passività che rende i "sensi" – per utilizzare un concetto di Ivan Illich, ammiratore e lettore di Ellul – sempre più incapaci di percepire la voce del Totalmente Altro.

Per Ellul la crescita illimitata dei mezzi tecnici non conduce meccanicamente a un maggiore riguardo per la condizione dell'uomo: " questa dismisura dell’efficacia dei mezzi, che ha impedito ogni altra considerazione, modifica l’“anima” umana. Non solo tutto è mezzo, ma per di più per l’uomo tutto è chiamato a essere mezzo. Forse non è un carattere definitivo, ma oggi è così. Assistiamo a una svalutazione delle idee, dello spirituale, dell’arte, dato che tutto questo è respinto nella sfera dell’“interessante” (nel senso di Kierkegaard) e del non efficiente. I fini svaniscono e non possono più essere determinanti. Tutto quello che non può essere trasformato in mezzo non ha la benché minima importanza: sono fenomeni accessori, laterali, lasciati ai margini della corrente generale. Orbene, l’uomo può essere considerato sia come fine che come mezzo. Ma, in questa esplosione di strumentalizzazione, a rigore non ha più senso pretendere che l’uomo debba essere un fine; egli non viene preso sul serio che a patto di essere lui stesso mezzo. “L’uomo, il capitale più prezioso”. Ha un bell’essere più prezioso, egli è pur sempre un “capitale”, vale a dire, ad esempio, il mezzo di sviluppo economico. E l’ideologia erotica conferma questa considerazione: l’erotismo implica sempre che il partner sia un mezzo. Non c’è reificazione maggiore dell’altro che il sadismo. Ora, non è indifferente constatare l’espansione, la volgarizzazione, la massificazione dell’erotismo proprio in una società tecnica che abitua a considerare tutto, dunque anche l’uomo, come strumento. In questa situazione, la testimonianza è radicalmente impossibile e, quel che è peggio, negata, rifiutata in anticipo. Si può affermare che la crescita dei mezzi provoca una tale attrazione che il prossimo non può più essere riconosciuto come tale, la sua libertà si ritrova negata dall’universo dei mezzi e di conseguenza, di riflesso, la mia libertà è negata non da un gioco meccanico, ma dalla mia stessa adesione a questa universalizzazione dei mezzi" (p. 69).


Contro la retorica dei luoghi comuni

Lucetta Scaraffia ha detto di Ellul che: "Pensava che fosse suo compito educare a mantenere un occhio vigile su quello che accade, instillare il dubbio e tenere desta l’attenzione. In modo da comprendere i processi in corso, prima che il male fosse compiuto, quando è troppo tardi e si può solo prenderne atto. In questo risiede parte della soluzione" . Credo che Scaraffia abbia compreso uno degli atteggiamenti essenziali di Ellul. Essere "vigili" per Ellul significava non cedere alla "retorica dei luoghi comuni" e vivere coerentemente con le conclusioni del proprio ragionare. La lettura del libro di Ellul, Il sistema tecnico, Jaca Book, Milano 2009 – che consiglio vivamente a tutti di leggere e meditare – suggerisce un atteggiamento di ostinata precauzione di fronte all'entusiasmo nei confronti della tecnica. Tecnica che nell'analisi di Ellul non è più semplice strumento ma ambiente in cui siamo immersi e che determina la nostra coscienza. Ambiente che evolve – inesorabilmente – verso una dittatura totalitaria di freddi burocrati.

Accolgo, dunque, questa nuova pubblicazione di saggi di Ellul con gioia perché ci permette di conoscere meglio uno dei pensatori più radicali e influenti del XX secolo.


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