Welfare & Lavoro

L’età giusta per aprire un profilo Facebook da soli? 16 anni

L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza invia un parere al Governo in vista dell'adeguamento alle disposizioni del Regolamento 2016/679/UE del Parlamento europeo. I ragazzi possono esprimere il loro “consenso digitale” autonomamente, a prescindere dal consenso dei genitori dai 16 anni. E aggiunge: «i dati dei ragazzi non siano trattati per pubblicità comportamentali»

di Redazione

Qual è l’età giusta per aprire un profilo Facebook da soli o in generale per fare da soli nel mondo digitale? Per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano, l’età giusta è 16 anni: solo allora i ragazzi possono esprimere il loro “consenso digitale” autonomamente, a prescindere dal consenso dei genitori o di chi esercita la responsabilità genitoriale. È questo il parere inviato dalla Garante al Governo, che si appresta a discutere lo schema di decreto legislativo all’esame del Consiglio dei ministri per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento 2016/679/UE del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di privacy. Questa nuova disposizione europea, nota anche come GDPR, entrerà in vigore il 25 maggio e fissa a 16 anni tale età, consentendo però agli Stati membri di stabilirne una più bassa, purché non inferiore ai 13 anni.

«Non è opportuno abbassare la soglia dei 16 anni prevista dal Regolamento», osserva la Garante Filomena Albano. Molte le ragioni portate, a cominciare dal fatto che «ad oggi, in Italia non si registra una diffusione capillare di programmi educativi tarati specificatamente sulla ‘consapevolezza digitale’. Serve che le agenzie educative e le istituzioni predispongano e attuino un programma in tal senso, accompagnato da uno studio sulla necessaria consapevolezza digitale da parte delle persone di minore età. In assenza non è possibile immaginare una soglia per il consenso autonomo dei minorenni più bassa di quella stabilita a 16 anni a livello europeo». Inoltre «i diritti di ascolto, partecipazione, espressione e quello di essere parte della vita culturale e artistica del Paese previsti dalla Convenzione internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza devono dar vita a una ‘partecipazione leggera’ dei minorenni, non gravata da pesi e responsabilità che competono a chi esercita la responsabilità genitoriale e ai contesti educativi e istituzionali nei quali sono inseriti i ragazzi».

Il parere dell’Agia è stato preceduto dall’audizione di venti esperti e della stessa Consulta dei ragazzi e contiene anche alcune richieste, fra cui la richiesta che le informative sul trattamento dei dati personali siano scritte in un linguaggio comprensibile ai minorenni (children friendly) e che i loro dati siano trattati al solo scopo di tutelarne i diritti e non per finalità di marketing. La profilazione inconsapevole per la pubblicità comportamentale potrebbe infatti per la Garante «influenzare in modo sostanziale lo sviluppo dell’adolescente e il suo processo di costruzione dell’identità». È sottolineato anche il diritto del minorenne ad accedere, rettificare o chiedere di cancellare le informazioni che lo riguardano.

Foto Pixabay


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