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Il santo della porta accanto. Sulla Gaudete et exultate di Papa Francesco

Quello che Papa Francesco ci consegna è l'ennesimo invito all'agire, a non farci turbare dal fascino dell'indifferenza, a ricercare l'avventura della crescita spirituale

di Pietro Piro

I santi della porta accanto

In uno dei suoi ultimi libri, dedicato al delicatissimo tema della "sorveglianza" (Z. Bauman, David L., Sesto potere: la sorveglianza nella modernità liquida, Laterza, Roma-Bari 2014) il sociologo Zygmunt Bauman, concludeva il suo ragionare con un richiamo alla santità: "senza la presenza dei santi, non saremmo umani essi ci mostrano la via ci dimostrano che incamminarci è possibile, sono fitte della coscienza per noi che non vogliamo o non sappiamo imboccare la via e seguirla" (p. 150). I santi hanno sempre suscitato attenzione e ammirazione, paura e tremore, indignazione e scandalo. Al loro stile di vita si è guardato sempre con sguardo ambiguo: da un lato essi rappresentano un esempio di vita "totalmente altra" rispetto alla "mondanità" e da un altro, essi suscitano sospetti e antipatie anche viscerali. Papa Francesco ha recentemente scritto una esortazione apostolica sul tema della santità che ci invita a riflettere sulle possibili strade della "chiamata alla santità nel mondo contemporaneo".

L'esortazione GAUDETE ET EXSULTATE rinnova lo stile sincero e diretto di Papa Francesco che mira sempre a suscitare sentimenti di vicinanza e familiarità mantenendo sempre alta la "tensione teologica" e i riferimenti scritturali. L'impronta "sociale" del pensiero di Francesco è subito espressa: "Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo (6). Nessuno si salva da solo, tutti siamo legati in una rete compassionevole che tesse i legami fra noi e crea comunità di destino. In questo contesto di relazione, ognuno deve cercare la propria strada alla santità a partire da un profondo ascolto dei suoi desideri più profondi: "Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1 Cor 12,7) e non che si esaurisca cercando d'imitare qualcosa che non è stato pensato per lui. Tutti siamo chiamati ad essere testimoni, però esistono molte forme esistenziali di testimonianza.[11] Di fatto, quando il grande mistico san Giovanni della Croce scriveva il suo Cantico spirituale, preferiva evitare regole fisse per tutti e spiegava che i suoi versi erano scritti perché ciascuno se ne giovasse «a modo suo».[12] Perché la vita divina si comunica ad alcuni in un modo e ad altri in un altro" (11). Per Papa Francesco la possibilità di accedere alla santità non è riservata a pochi casi eccezionali ma ciascuno può intraprendere un cammino di perfezionamento spirituale. Piccoli gesti possono essere decisivi: "Per esempio: una signora va al mercato a fare la spesa, incontra una vicina e inizia a parlare, e vengono le critiche. Ma questa donna dice dentro di sé: “No, non parlerò male di nessuno”.

Questo è un passo verso la santità. Poi, a casa, suo figlio le chiede di parlare delle sue fantasie e, anche se è stanca, si siede accanto a lui e ascolta con pazienza e affetto. Ecco un’altra offerta che santifica. Quindi sperimenta un momento di angoscia, ma ricorda l’amore della Vergine Maria, prende il rosario e prega con fede. Questa è un’altra via di santità. Poi esce per strada, incontra un povero e si ferma a conversare con lui con affetto. Anche questo è un passo avanti" (16). In fondo, per molti che già sono in cammino: "si tratta soltanto di trovare un modo più perfetto di vivere quello che già facciamo" (17). Il richiamo forte è a una "spiritualità del quotidiano" che rinnovi le relazioni e metta al centro il "piccolo" vissuto di ogni persona che s'incontra sul proprio cammino. Tuttavia, sé si vuole percorrere questo sentiero, occorre rivolgersi anche ai potenti strumenti di "centratura" offerti dai momenti di quiete, solitudine e silenzio perché: "le continue novità degli strumenti tecnologici, l’attrattiva dei viaggi, le innumerevoli offerte di consumo, a volte non lasciano spazi vuoti in cui risuoni la voce di Dio. Tutto si riempie di parole, di piaceri epidermici e di rumori ad una velocità sempre crescente. Lì non regna la gioia ma l’insoddisfazione di chi non sa per che cosa vive. Come dunque non riconoscere che abbiamo bisogno di fermare questa corsa febbrile per recuperare uno spazio personale, a volte doloroso ma sempre fecondo, in cui si intavola il dialogo sincero con Dio? In qualche momento dovremo guardare in faccia la verità di noi stessi, per lasciarla invadere dal Signore, e non sempre si ottiene questo se uno «non viene a trovarsi sull’orlo dell’abisso, della tentazione più grave, sulla scogliera dell’abbandono, sulla cima solitaria dove si ha l’impressione di rimanere totalmente soli».[28] In questo modo troviamo le grandi motivazioni che ci spingono a vivere fino in fondo i nostri compiti" (29). Forse dunque, è proprio vero quello che affermava Lèon Bloy che nella vita «non c’è che una tristezza, […] quella di non essere santi».

Hanno detto che la santità di una persona si commisura dallo spessore delle attese. Forse è vero

Don Tonino Bello

Profili

Papa Francesco delinea il "profilo" del santo del nostro tempo attraverso il percorso delle beatitudini: "Essere poveri nel cuore (70); Reagire con umile mitezza (74); Saper piangere con gli altri (76); Cercare la giustizia con fame e sete (79); Guardare e agire con misericordia (82); Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore (86); Seminare pace intorno a noi (89); Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi (94); questi sono i principali segni della santità di oggi e di sempre. L'attenzione primaria resta lo sguardo rivolto all'altro: "la vita ha senso nel soccorrere un altro nel suo dolore, nel comprendere l’angoscia altrui, nel dare sollievo agli altri. Questa persona sente che l’altro è carne della sua carne, non teme di avvicinarsi fino a toccare la sua ferita, ha compassione fino a sperimentare che le distanze si annullano" (76).

Attenzione inspirata da un profondo senso della giustizia: "Tale giustizia incomincia a realizzarsi nella vita di ciascuno quando si è giusti nelle proprie decisioni, e si esprime poi nel cercare la giustizia per i poveri e i deboli. Certo la parola “giustizia” può essere sinonimo di fedeltà alla volontà di Dio con tutta la nostra vita, ma se le diamo un senso molto generale dimentichiamo che si manifesta specialmente nella giustizia con gli indifesi: «Cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova» (Is 1,17).

La scelta dell'attenzione per l'altro muove da una libertà radicale che spezza ogni automatismo e che ogni momento invoca alla decisione consapevole e partecipe: "Quando incontro una persona che dorme alle intemperie, in una notte fredda, posso sentire che questo fagotto è un imprevisto che mi intralcia, un delinquente ozioso, un ostacolo sul mio cammino, un pungiglione molesto per la mia coscienza, un problema che devono risolvere i politici, e forse anche un’immondizia che sporca lo spazio pubblico. Oppure posso reagire a partire dalla fede e dalla carità e riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità, una creatura infinitamente amata dal Padre, un’immagine di Dio, un fratello redento da Cristo. Questo è essere cristiani! O si può forse intendere la santità prescindendo da questo riconoscimento vivo della dignità di ogni essere umano?" (98). Non possiamo, dunque, separare il percorso della santità da quello dell'impegno sociale per la liberazione degli oppressi perché: "Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo, dove alcuni festeggiano, spendono allegramente e riducono la propria vita alle novità del consumo, mentre altri guardano solo da fuori e intanto la loro vita passa e finisce miseramente" (101).

La via dell'austerità

Una vita austera e gioiosa è necessaria per poter dedicare del tempo agli altri: "Sarà difficile che ci impegniamo e dedichiamo energie a dare una mano a chi sta male se non coltiviamo una certa austerità, se non lottiamo contro questa febbre che ci impone la società dei consumi per venderci cose, e che alla fine ci trasforma in poveri insoddisfatti che vogliono avere tutto e provare tutto.

Anche il consumo di informazione superficiale e le forme di comunicazione rapida e virtuale possono essere un fattore di stordimento che si porta via tutto il nostro tempo e ci allontana dalla carne sofferente dei fratelli. In mezzo a questa voragine attuale, il Vangelo risuona nuovamente per offrirci una vita diversa, più sana e più felice" (108). Austerità che non significa mortificazione ma gioia del vivere dell'essenziale, rinunciando alla superficie vuota del mercato delle promesse. Mercato delle vanità, in cui si manifestano potentemente: "l’ansietà nervosa e violenta che ci disperde e debilita; la negatività e la tristezza; l’accidia comoda, consumista ed egoista; l’individualismo, e tante forme di falsa spiritualità senza incontro con Dio" (111).

Essere santi significa rinunciare alla violenza e al livore: "La fermezza interiore, che è opera della grazia, ci preserva dal lasciarci trascinare dalla violenza che invade la vita sociale, perché la grazia smorza la vanità e rende possibile la mitezza del cuore. Il santo non spreca le sue energie lamentandosi degli errori altrui, è capace di fare silenzio davanti ai difetti dei fratelli ed evita la violenza verbale che distrugge e maltratta, perché non si ritiene degno di essere duro con gli altri, ma piuttosto li considera «superiori a sé stesso» (Fil 2,3)" (116).

Ritorna prepotentemente in Francesco l'esigenza della gioia come "segno di Grazia" – il gaudium – come manifestazione convinta della presenza del divino nell'uomo che parla soprattutto grazie al sorriso benevolo: "Ci sono momenti duri, tempi di croce, ma niente può distruggere la gioia soprannaturale, che «si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto».[100] E’ una sicurezza interiore, una serenità piena di speranza che offre una soddisfazione spirituale incomprensibile secondo i criteri mondani" (125). La gioia e il buonumore di certi santi cristiani – e non solo – appare dunque "incomprensibile" ma Papa Francesco crede che "ll malumore non è un segno di santità" (126) "a volte la tristezza è legata all’ingratitudine, con lo stare talmente chiusi in sé stessi da diventare incapaci di riconoscere i doni di Dio" (126).

La via dell'audacia

"La santità è parresia: è audacia, è slancio evangelizzatore che lascia un segno in questo mondo" (129) "Dio è sempre novità, che ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere. Ci conduce là dove si trova l’umanità più ferita e dove gli esseri umani, al di sotto dell’apparenza della superficialità e del conformismo, continuano a cercare la risposta alla domanda sul senso della vita" (135) " I santi sorprendono, spiazzano, perché la loro vita ci chiama a uscire dalla mediocrità tranquilla e anestetizzante" (138).

La santità per l'uomo di oggi è un orizzonte che può sembrare strano e bizzarro, effetto perverso di un miracolismo anacronistico. Eppure, la santità suscita sempre stupore perché è una chiamata all'agire, un invito a superare il punto morto. La strada percorsa dai santi di tutte le religioni e di ogni tempo è costellata di pericoli e di insidie ma è anche piena di novità, manifestazioni ieratiche, segni celesti. Nulla a che vedere con il tedium delle vite dedicate al freddo accumulo di capitale. Quello che Papa Francesco ci consegna è l'ennesimo invito all'agire, a non farci turbare dal fascino dell'indifferenza, a ricercare l'avventura della crescita spirituale.

Con quali mezzi? Oltre a quelli già citati ci piace concludere con questo invito al Silenzio: "non è possibile prescindere dal silenzio della preghiera prolungata per percepire meglio quel linguaggio, per interpretare il significato reale delle ispirazioni che pensiamo di aver ricevuto, per calmare le ansie e ricomporre l’insieme della propria esistenza alla luce di Dio. Così possiamo permettere la nascita di quella nuova sintesi che scaturisce dalla vita illuminata dallo Spirito" (171). In questo momento di grande confusione, abbiamo tutti bisogno di guardare maggiormente alla vita dei santi piuttosto che a quella dei personaggi da copertina fabbricati ad arte dall'industria dello stordimento.


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