Politica & Istituzioni

Giovanni Tria, il ministro dell’economia che preferisce le cicale alle formiche

Preside della facoltà di Economia dell'università Tor Vergata a Roma, è molto critico nei confronti del surplus tedesco: "L'Europa a trazione tedesca non ha volutamente colto, sbagliando, che l’eccesso di virtù (surplus delle “formiche”) produce più danni dell’eccesso di deficit (dei paesi “cicala”)”

di Redazione

Governo sì, governo no, governo forse. E alla fine ecco il governo (forse). Fino a ulteriore smentita, se ci sarà. Il nodo del Tesoro potrebbe aver trovato una soluzione nel nome di Giovanni Tria, col conseguente spostamento di Paolo Savona, a cui la Lega non rinuncia, al dicastero delle Politiche comunitarie. Non male per colui che è stato dipinto come il peggior incubo di tedeschi e burocrati.

Ma chi è Giovanni Tria? Tria è il preside della facoltà di Economia dell'università Tor Vergata a Roma, dove insegna da ordinario Economia politica.
Dal curriculum di Tria vengono indicazioni importanti. Inanzitutto capiamo che il professor Tria è un esperto di cooperazione e sviluppo. Direttore del CEIS (Center in Economics and International Studies) dell'Università degli studi "Tor Vergata", ha lavorato all'Organizzazione internazionale del Lavoro.

Molto critico nei confronti della Germania e della sua politica espansiva a base si surplus, Tria non si è mai avventurato sui terreni impervi della critica frontale all'UE. Basterà per rassicurare i mercati? Nel frattempo, sembra aver ridotto l'attrito fra Quirinale e forze politiche proponenti.In un articolo pubblicato circa un anno fa a quattro mani con Renato Brunetta sosteneva: “Il surplus crescente dell’economia tedesca dimostra che l’espansione monetaria, senza una politica che aiuti la convergenza economica tra i vari paesi, non fa che alimentare uno squilibrio che ci pone in conflitto anche con il resto del mondo. L’Europa a trazione tedesca non ha volutamente colto, sbagliando, che l’eccesso di virtù (surplus delle “formiche”) produce più danni dell’eccesso di deficit (dei paesi “cicala”). E le misure per fronteggiare la crisi che ne sono derivate non hanno fatto altro che peggiorare la situazione, piuttosto che risolverla. Pensare che la convergenza delle economie dovesse passare attraverso la deflazione interna ai paesi cosiddetti deboli (le “cicale”), e imposta attraverso il consolidamento fiscale anche nei periodi di recessione, ha prodotto deflazione generalizzata e nessun consolidamento fiscale.".

Da qui la necessità di un grande piano di investimenti pubblici produttivi fuori dai parametri europei: "In questo contesto, è chiaro quel che si dovrebbe fare, anche se farlo implica cambiare le regole che sovrintendono l’Unione monetaria. Ad oggi non è facile cambiarle, ma la strada non è quella del non rispetto delle regole, anche se fino ad oggi l’Unione si è arrangiata accettandone sostanzialmente la violazione o la loro flessibilità. Ciò che manca sono gli investimenti necessari al sostegno della domanda interna all’eurozona, ma soprattutto a recuperare competitività sui mercati internazionali e ad assicurare la sostenibilità di lungo periodo, innanzitutto sociale, della crescita"

Di certo, però le posizioni del professor Tria su alcuni dei capisaldi del discorso elettorale della (probabile) compagine di governo senbrano andare contro tendenza. Su flat tax, reddito di cittadinanza e, soprattutto, riforma della Legge Fornero Tria non è stato tenero. Arrivando a scrivere, sulla Fornero, che «allo stato attuale, una stima del costo mi sembra ancora velleitaria se non si chiarisce il meccanismo, anche perché l’abitudine di denunciarne l’impatto cumulandone il costo per un lungo periodo di tempo non contribuisce alla chiarezza in termini di impatto che è importante quanto il lungo periodo». Tradotto: non si può fare.

Al contrario, scriveva su Formiche il 14 maggio scorso, Lega e M5S dovrebbero concentrarsi su una concreta e coerente politica industriale.


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