Famiglia & Minori

De Palo: «Sulla famiglia servono meno slogan e più giustizia fiscale»

Il presidente del Forum delle associazioni familiari non vuole entrare nelle polemiche di queste ore: «siamo contenti ci sia un Ministero dedicato. Ora però non vorremmo che cambiando la natura dei fattori di governo del Paese, per le famiglie il risultato finale non cambi. Serve una nuova centralità della famiglia». L'intervista

di Lorenzo Maria Alvaro

Il nuovo Governo Lega-M5S non ha ancora ricevuto la fiducia in Parlamento ma è già riuscito ad aprire alcune polemiche. In particolare a far parlare di sé è stato il neo ministro per la Famiglia e la Disabilità, Lorenzo Fontana. Una serie di dichiarazioni che hanno svariato dal tema della famiglia in senso stretto fino ad un muro contro muro dialettico con la comunità Lgtb che ha riaperto una veemente discussione pubblica. «Di natura non sono polemico ma molto concreto. Spero un giorno impareremo a giudicare la politica dai fatti e non dalle dichiarazioni», è la prima reazione di Gianluigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, che aggiunge, «sono 20 anni che la famiglia porta sulle proprie spalle il peso del welfare di questo Paese. Non ci interessano questi dibattiti. Continuare a polemizzare a colpi di slogan sparando nel mucchio non aiuta a mettere mano ai problemi». L'intervista


Il nuovo Governo ha accorpato, sotto la guida del neo ministro Lorenzo Fontana, Famiglia e Disabilità. Che ne pensa?
Come Forum abbiamo chiesto insistentemente durante la campagna elettorale un Ministero per la Famiglia. Quindi il fatto che ci sia ci rende contenti. Però siamo convinti che questo Ministero ha una ragione di esistere se ha un canale comunicativo e di rispetto reciproco con il ministero dell'Economia. La famiglia non si aiuta con i bonus e le regalie. Ma con la fiducia. Il Paese decide di ripartire dalle famiglie mettendole fiscalmente nelle condizioni di mettere al mondo figli e fare da motore della società. Senza famiglie e figli crolla il welfare, crollano le pensioni. Non c'è più il Paese.

E per quello che riguarda l'averlo tenuto legato al tema della disabilità?
Mi piace ci sia un ministero per la disabilità. I disabili sono i veri discriminati di questo Paese. Le famiglie che hanno figli disabili, essendo completamente assorbite dal peso di una quotidianità che le consuma, non hanno il tempo di far valere i propri diritti come gli altri. Io ho un bambino disabile. E percepisco oggi che chi è nella mia situazione viene abbandonato. Perché? Perché tanto, come sempre, dei problemi se ne fa carico la famiglia. Che è oltretutto una visione miope. Se io non avessi altri quattro figli, che domani saranno il welfare gratuito del mio bambino, mio figlio domani peserebbe interamente sul welfare pubblico.

In queste ore si è scatenato un feroce dibatitto dovuto alle dichiarazioni del neo ministro. Che ne pensa?
In Italia siamo bravissimi a parlare. Ma fare cose concrete è un'altra cosa. Innanzitutto c'è un problema: non si ha più rispetto per chi la pensa diversamente da noi. Ormai è tutto un clima da stadio, da tifoseria. È il grande problema dell'Italia a fronte, per altro, di una visione ideologica del mondo che, mi sembra evidente, gli italiani hanno dimostrato di non avere. Noi vorremmo che sulle politiche familiari si calmassero i toni e aumentasse la concretezza. C'è un Ministero della famiglia? Faccia proposte concrete e buone. C'è chi è contro? Faccia opposizione concreta a queste politiche. Abbiamo bisogno di riscoprire l'aspetto istituzionali dei ruoli. Cambiano i Governi ma questo rispetto va portato avanti comunque con molta serenità. Perché in mezzo a questi governi che cambiano ci sono le famiglie che cercano di tirare avanti.

Concretamente quali sono le proposte che andrebbero portate avanti?
La famiglia non deve essere abbandonata. Oggi chi fa un figlio è considerato un eroe perché si immola alla povertà. Serve una politica fiscale che tenga conto dei carichi. Non è questione di elemosine ma di giustizia sociale. Lo Stato oggi è una sanguisuga con le famiglie. Poi abbiamo bisogno di conciliazione lavoro-famiglia, e non solo per le donne. Oggi spesso nelle famiglie ci sono coniugi che rinunciano a lavorare perché gli costerebbe più del potenziale guadagno. È un problema enorme: oggi fare un figlio è sinonimo di disoccupazione. Poi, ma solo alla fine, c'è il tema dei servizi. Ma la prima cosa, lo ripeto, è avere fiducia nelle famiglie. Lo Stato dimostra di credere che le famiglie non sappiano spendere i propri soldi e vuole deciderlo lui. È l'annoso problema di scegliere tra assistenzialismo e la sussidiarietà.

C'è poi il tema natalità. Come si può incentivare?
Senza un’azione finalmente concreta di giustizia fiscale, sociale e di welfare anche quest’anno, in base ai dati ISTAT, perderemo tra le 10 e le 20mila persone nel saldo nascite, rendendo permanente l’inverno demografico. E questo succede in un Paese come il nostro in cui non c'è alcun bisogno di spingere i giovani a fare i figli. I nostri giovani vogliono fare figli e famiglia. Quello che manca sono le condizioni. Lo ripeto: oggi sposarsi e fare figli è una scelta controproducente. Nei Paesi nordici e in Francia hanno il problema opposto. Arrivano a pagare week end romantici alle coppie per incrementare la natalità. Ci rendiamo conto? Da noi che invece il desiderio c'è si fa di tutto per frustarlo. Ed è anche una situazione economicamente svantaggiosa per lo Stato…

In che senso?
Che ci piaccia o no il matrimonio ha una valenza sociale. È impensabile che oggi chi fa una scelta duratura come chi si sposa debba essere discriminato. Oggi una famiglia che mette al mondo dei figli non ha alcun aiuto fiscale, è svantaggiata per tutto quello che riguarda le graduatorie relative ai servizi. Oggi conviene divorziare. Con lo status di divorziato si ha accesso a detassazioni, si può far comparire due prime case e si è agevolati nelle graduatorie. È una follia. Non solo: si parla sempre di impresa in Italia quando si parla di rilanciare l'economia. Bene, la famiglia è la prima impresa nazionale, in Italia l'82 per cento delle imprese sono a carattere familiare.


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