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Cooperazione & Relazioni internazionali

Migranti: a che punto siamo con i ricollocamenti

Dopo lo stop alla riforma di Dublino, arrivato martedì dai ministri dell'Interno e della Giustizia UE, riuniti a Lussemburgo, il sistema di asilo europeo rimane nel limbo, mentre il programma di ricollocamenti per alleviare la pressione su Italia e Grecia continua a rilento

di Ottavia Spaggiari

La riforma di Dublino è bloccata. Un no alla proposta avanzata dalla Presidenza bulgara sulla riforma al sistema di asilo è arrivato da Italia, Spagna, Austria, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca e Germania. Molto diverse le ragioni che hanno portato i diversi stati ad opporsi. Se infatti l’Italia sostiene che la riforma avrebbe posto una pressione eccessiva sul nostro sistema di accoglienza, il gruppo di Visegrad ha espresso le proprie obiezioni proprio sulla proposta di una ripartizione della responsabilità dei migranti tra tutti i Paesi europei.

Il testo proposto dalla Bulgaria propone, al posto di una relocation obbligatoria, un sostegno economico per gli stati che non vogliono aderire ad una quota di persone da accogliere. Il ricollocamento diventerebbe obbligatorio solo nel momento in cui un Paese si trovasse ad accogliere un numero di migranti superiore alla quota massima prevista, calcolata in base al Pil e alla popolazione.
I sostenitori della riforma hanno sottolineato che, se approvata, la riforma avrebbe superato l’obbligatorietà di richiesta di asilo nel primo Paese di ingresso, eliminando così l’effetto imbuto negli stati del sud Europa.

I numeri delle relocation

Con il sistema attuale i ricollocamenti sono stati lo strumento adottato dall’Europa per cercare di alleviare la pressione sui sistemi di accoglienza nazionali di Grecia e Italia.

Il piano iniziale, approvato dal Consiglio Giustizia e Affari Interni a settembre 2015 su proposta della Commissione, prevedeva la relocation di 160mila profughi dall’Italia e dalla Grecia in altri Paesi europei, entro due anni. In realtà, dopo l’accordo con la Turchia del 18 marzo 2016, il Consiglio aveva modificato la decisione e l’obiettivo da raggiungere era sceso al ricollocamento di 98.255 persone.
Da subito però i numeri hanno dimostrato che si trattava di un obiettivo molto difficile da raggiungere.
Al 31 maggio 2018, le persone ricollocate dall’Italia sono 12.690 e 21.999 dalla Grecia.
Ad oggi, Ungheria e Polonia hanno rifiutato categoricamente la partecipazione al piano.


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