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Scannapico: «Una finanza ad impatto sociale per rilanciare l’Europa»

L'intervento dei vicepresidente della Bei (Banca europea per gli investimenti) e presidente del Fei (Fondo europeo degli investimenti): «Per rispondere ai cittadini e governare i cambiamenti occorre quindi rilanciare il progetto europeo su basi tecniche nuove ma pur sempre ispirate alla solidarietà: evoluzione, dunque ma coerenza nei valori identitari di base»

di Dario Scannapico

Identità e Cambiamento

L'appuntamento di oggi è dedicato al tema “Identità e cambiamento”. È un tema che richiama le esigenze di adeguamento della società alle sfide che rapidamente si succedono e la necessità per le istituzioni di rinnovarsi per gestirle. Ma è anche un tema che richiama l’idea di valori identitari, solidi e stabili, a cui fare riferimento nel momento delle decisioni. Lo stesso tema lo troviamo anche al centro delle celebrazioni per i 60 anni dell’Unione Europea. Robert Schuman, uno dei suoi fondatori, all’epoca affermò: “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costituita tutta insieme. Essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Un’Europa, quindi, da realizzare progressivamente attraverso risposte concrete ai cambiamenti. Risposte che hanno l’obiettivo di sviluppare un’identità basata sul principio della solidarietà, che diventa così cuore e motore della costruzione europea. Sessant’anni più tardi, queste parole sono ancora attuali.

Il termine, “solidarietà” ha origine nella parola latina “solidus”. È definita come “sostegno reciproco”. Richiama il modo in cui ogni parte di un solido è retta e tenuta salda da tutte le altre: nessuna si ritrova sola nel vuoto. La solidarietà ci dice che la forza di un corpo sta nella sua coesione. Coesione che, a livello sociale, scaturisce dalla coscienza di far parte di un destino comune in cui nessuno dovreb Per rispondere ai cittadini e governare i cambiamenti occorre quindi rilanciare il progetto europeo su basi tecniche nuove ma pur sempre ispirate alla solidarietà: evoluzione, dunque ma coerenza nei valori identitari di base.

be essere dimenticato o lasciato indietro. In questi termini, una società solidale è quindi una società solida. Questo valore identitario dell’Europa oggi sembra vacillare di fronte a crisi interne, sfide globali e al ripiegarsi di molti Paesi sul proprio interesse nazionale di breve termine lasciando altri a gestire problemi troppo grandi per essere risolti da soli.

Oggi i cittadini europei sono spaventati. La crisi ha impoverito molte famiglie. La disoccupazione giovanile, a livelli socialmente inaccettabili in molte regioni, rischia di creare una generazione perduta. I flussi migratori generano tensioni. Il senso di insicurezza si diffonde. E, purtroppo, siamo lontani da una risposta europea, unitaria e solidale, nello spirito del Manifesto di Ventotene, alle aspettative crescenti della popolazione in termini di sicurezza, lavoro e crescita. La stessa idea di Europa è oramai associata a concetti grigi: burocrazia, autoreferenzialità e frustrante tecnicismo. Ci viene ricordato, ad esempio, che “I dieci comandamenti – nella versione lunga dell’Esodo – contengono circa 280 parole, il testo completo della Dichiarazione Americana d'Indipendenza circa 1.300 e le disposizioni dell’Unione Europea sulla importazione di caramelle esattamente 25.911!!”.

Eppure, fondandosi sulla solidarietà e perseguendo quello “sviluppo armonioso” delle regioni europee previsto dal Trattato di Roma, l’Europa ha garantito per decenni pace, democrazia e benessere. Il principio di solidarietà ha inoltre caratterizzato molte politiche europee e gli strumenti operativi funzionali al loro raggiungimento, dai Fondi Strutturali fino al Piano Juncker.

La situazione in Europa

La crisi ci ha consegnato un’Europa più eterogenea, ponendo termine al pluriennale processo di convergenza delle varie economie nazionali. Di recente abbiamo registrato segnali di miglioramento: nel 2017, il PIL è cresciuto in tutti gli Stati Membri. Nel periodo 2013-2016 gli investimenti hanno registrato un tasso medio annuo di crescita del 3,2%, superiore rispetto al 2,8% del decennio pre-crisi. Tuttavia l’Europa si sta riprendendo con maggiore lentezza rispetto ad altri blocchi economici. E questo è rischioso, perché un periodo prolungato di investimenti insufficienti pregiudica nel tempo la capacità di competere. Secondo le nostre stime, il gap di investimenti in Europa rispetto agli obiettivi nei campi dell’ambiente, della ricerca, della digitalizzazione e delle infrastrutture, incluse quelle sociali, è di circa 700 miliardi l’anno. A conferma di ciò, i dati sulla crescita media della produttività indicano come l’Europa, poco al di sotto degli Stati Uniti nel periodo 2000/2007 (e in linea con il Giappone), con la crisi ha avuto un crollo, mentre gli Stati Uniti dopo un calo, si sono ripresi rapidamente.

Inoltre, la ripresa in Europa è disomogenea. A fine 2017 gli investimenti negli Stati c.d. “core”, avevano superato di circa il 10% il livello pre-crisi, mentre nei c.d. "Paesi periferici", più colpiti dalla recessione, erano inferiori di oltre il 20%. Nei Paesi a finanza pubblica più debole, inoltre, la necessità di consolidamento fiscale ha agito da freno agli investimenti pubblici, soprattutto in infrastrutture, insieme ad altri fattori, in primis l’indebolimento della capacità dell’Amministrazione Pubblica nel programmare e realizzare investimenti. Gli investimenti in Ricerca e Sviluppo restano intorno al 2% del PIL, ben distanti dall’obiettivo del 3%. Siamo stati superati dalla Cina, mentre Stati Uniti e Giappone sono intorno al 3% e la Corea del Sud oltre il 4%.

La recente ripresa degli investimenti in Europa è stata quindi trainata dalle imprese, favorite anche dall’allentarsi della stretta creditizia. E ciò, nonostante nel settore bancario, e in particolare tra gli intermediari di dimensione minore, prevalga ancora l’attenzione a rafforzare i ratios patrimoniali e la propensione ad assumere rischi rimanga moderata, pur in presenza degli stimoli della politica monetaria.

Infine, le imprese europee scontano una carenza strutturale di equity. Le fonti non bancarie appaiono ancora modeste se confrontate, ad esempio, con gli Stati Uniti. È emblematica la situazione del Venture Capital, fonte essenziale per le start-up innovative: nel 2016 negli Stati Uniti i fondi di VC hanno investito circa 40 miliardi di euro. In Europa, solo 6,5. Inoltre in Europa il 30% del fundraising viene da soggetti pubblici. [con una quota del FEI intorno al 15%.]

Secondo le nostre stime, il gap di investimenti in Europa rispetto agli obiettivi nei campi dell’ambiente, della ricerca, della digitalizzazione e delle infrastrutture, incluse quelle sociali, è di circa 700 miliardi l’anno.

La situazione in Italia

In Italia la situazione non è migliore: crescita economica e coesione sociale sono sotto pressione. Nonostante l’economia sia in moderata ripresa, gli investimenti restano di circa il 20% inferiori rispetto ai livelli pre-crisi. Tuttavia dal 2015 si è registrata un’accelerazione, anche qui grazie agli investimenti delle imprese, favoriti dalle misure previste nel pacchetto Industria 4.0. Per contro, il livello degli investimenti pubblici in percentuale sul PIL è ai minimi dal 1995. L’accesso alla finanza per le imprese è migliorato, ma le banche restano in media avverse al rischio e vincolate dalla necessità di rispettare i requisiti regolatori di capitale. Gli investimenti in Ricerca e Sviluppo sono in crescita ma ancora insufficienti. I livelli di disoccupazione, soprattutto giovanile, sono tra i più elevati in Europa.

Come reagire?

Di fronte a queste sfide è utile riferirsi al concetto di solidarietà: amministrazioni pubbliche, istituzioni europee, il sistema imprenditoriale e finanziario, il mondo della ricerca e anche soggetti come le Fondazioni, devono unirsi come in un solido mettendo le rispettive competenze, esperienze e risorse al servizio della crescita.

Il “lavorare insieme” ha ispirato anche l’attività della BEI in Italia negli ultimi 10 anni, in cui oltre 100 miliardi di finanziamenti hanno sostenuto investimenti per circa 270 miliardi in infrastrutture, ambiente, innovazione e, soprattutto, PMI.

Ad esempio, nel 2009, al peggiorare della crisi, l’accordo con Confindustria e ABI ha rafforzato la nostra attività con il mondo bancario a favore delle PMI, mitigando gli effetti del credit crunch. Collaborazione poi rinnovata nell’ambito del Piano Juncker. I frutti di questo approccio sono tangibili: nell’ultimo decennio oltre 210.000 PMI hanno beneficiato del nostro sostegno.

Con le amministrazioni centrali – per esempio con il MISE ed il MIUR – abbiamo creato facilities per sostenere ricerca e innovazione combinando in modo nuovo la finanza pubblica (nel caso del MIUR risorse del PON Ricerca e Innovazione) con risorse della BEI e private, ampliando così le dotazioni disponibili (blending). I Comuni sono stati partner fondamentali nella mobilità urbana ed efficienza energetica. Le Regioni, nelle infrastrutture e servizi locali e nei programmi per le PMI. Nelle Regioni del Mezzogiorno, oltre al tradizionale cofinanziamento dei Fondi Strutturali, abbiamo introdotto strumenti rotativi che mobilizzano anche risorse private: ad esempio, in Sicilia, Sardegna e Campania fondi di rinnovamento urbano ed efficienza energetica con una dotazione di 292 milioni hanno investito in 75 progetti mobilizzando investimenti per 772 milioni.

Con il settore finanziario e produttivo abbiamo creato strutture innovative per finanziare imprese, progetti di sviluppo urbano, edilizia scolastica e sanitaria, grandi infrastrutture e reti nei settori idrico, dei trasporti, dell’energia, e nelle telecomunicazioni, consapevoli che la solidarietà si costruisce anche con le interconnessioni. Non è mancato, infine, il sostegno alla ricostruzione dopo le calamità naturali. In molte di queste iniziative siamo intervenuti insieme a CDP, come noi investitore di lungo termine, spesso erogando prestiti con scadenze che il mercato stenta ad offrire.

Le imprese europee scontano una carenza strutturale di equity. Le fonti non bancarie appaiono ancora modeste se confrontate, ad esempio, con gli Stati Uniti. È emblematica la situazione del Venture Capital, fonte essenziale per le start-up innovative: nel 2016 negli Stati Uniti i fondi di VC hanno investito circa 40 miliardi di euro. In Europa, solo 6,5.

La partnership strategica con CDP, lanciata con l’accordo iniziale del 2009, si è rafforzata con il Piano Juncker e rappresenta oggi un benchmark europeo. In questo ambito, con la Cassa abbiamo costituito Piattaforme di Investimento per cofinanziare progetti nei campi delle grandi infrastrutture e delle corporates, per intervenire in fondi infrastrutturali e di rigenerazione urbana e per offrire risk-sharing, ossia capital relief, a intermediari finanziari su crediti a PMI, mid caps ed a progetti di green economy a condizione che nuovo credito venisse erogato.

Il FEI, braccio equity del gruppo BEI, gestisce inoltre le iniziative congiunte ITAtech per investire in fondi di tech transfer, il Fondo Social Impact Italia, per la finanza ad impatto sociale ed il Fondo Caravella per co-investire nel seed capital insieme ai business angels. Ricordo infine l’intervento congiunto in operazioni di securitisation, nella Piattaforma multiregionale Agri, in cui fondi europei sono utilizzati per offrire garanzie e stimolare il credito ad imprese dell’agribusiness e l’accordo con il FII per intervenire in fondi di VC e PE e sviluppare l’intero comparto.

Le Fondazioni, poi, sono per la BEI un partner importantissimo al di là del ruolo in CDP, per il loro patrimonio di conoscenza del territorio ed esperienza nella promozione dello sviluppo sociale, culturale, civile ed economico. Insieme, interveniamo in fondi di technology transfer, venture capital, private equity e di debito, nel campo della social economy, nell’housing sociale e nel sostegno all’innovazione. La collaborazione si è sviluppata anche su altri fronti: ricordo, ad esempio, l’accordo tra la BEI, il Museo del Risparmio di Torino e la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo per diffondere l’educazione finanziaria tra gli alunni del Piemonte. E quella con Fondazione Cariplo, in occasione del Social Innovation Tournament, per le start-up europee innovative impegnate a generare un impatto sociale, etico o ambientale. Con alcune Fondazioni, infine, il FEI sta dialogando per co-investire o, in prospettiva, gestire lo strumento del “payment by results”, una modalità innovativa di finanziamento di interventi che rispondono a sfide sociali (es. immigrazione, dispersione scolastica, problemi minorili, ecc.), messa a punto sempre in ambito Piano Juncker. Anche questo fa parte di quel lavorare insieme per sostenere la ripresa e rispondere alle sfide sentendosi tutti componenti di un solido

L’approccio della BEI è di “lavorare insieme” mettendosi al servizio delle istituzioni italiane, condividendo le best practice europee e proponendo le soluzioni finanziarie più adatte ai progetti. È il modo in cui abbiamo interpretato il nostro essere Europa. Sentirci parte viva del solido dell’economia e della società italiana e rispondere ai cambiamenti promuovendo la crescita e la coesione sociale

Per concludere, oggi in Europa è necessario stimolare gli investimenti per rilanciare la competitività e favorire la coesione. A tal fine dobbiamo fornire assistenza tecnica alle amministrazioni – uscite indebolite dalla crisi – per migliorare la programmazione dei progetti e la loro implementazione. Un caso per tutti: il Mezzogiorno. Da un lato è tra le regioni europee più colpite dalla crisi (-7,2% dal 2001 al 2016) e dall’altro è agli ultimi posti nella spesa dei Fondi Europei, con solo il 5,6% a fine 2017. Occorre poi rafforzare la finanza a sostegno delle start-up innovative: secondo l’OCSE l’Italia è al settimo posto per produzione scientifica ma è agli ultimi posti in termini di investimenti del VC. La buona ricerca spesso non si trasforma in impresa per carenza di funding dedicato. È necessario, infine, che il sistema politico dia stabilità al contesto normativo e regolatorio, condizione necessaria per convogliare il consistente risparmio privato verso il finanziamento delle infrastrutture.

L’approccio della BEI è di “lavorare insieme” mettendosi al servizio delle istituzioni italiane, condividendo le best practice europee e proponendo le soluzioni finanziarie più adatte ai progetti. È il modo in cui abbiamo interpretato il nostro essere Europa. Sentirci parte viva del solido dell’economia e della società italiana e rispondere ai cambiamenti promuovendo la crescita e la coesione sociale nel nostro Paese e in Europa.


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