Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Migranti, le Regioni per l’accoglienza

Il bilancio della terza edizione del progetto Comin 3.0 che ha visto in questa sua ultima fase dal 2017 impegnati 732 operatori pubblici e privati di oltre 300 istituzioni appartenenti a 5 Regioni: la Campania (capofila del progetto), con la Basilicata, la Calabria, la Puglia e la Sicilia più il Consorzio Nova

di Paolo Biondi

Per smantellare le baraccopoli abusive nelle quali si rifugiano (si fa infatti fatica a dire che vi abitano) gli immigrati che lavorano nelle raccolte stagionali nella zona di Manfredonia, in Puglia, saranno acquistati moduli abitativi, biciclette per recarsi al lavoro e Van.

È una delle misure che sono state studiate al fine di far fronte al fenomeno del caporalato. Si tratta di un problema non legato a brevi periodi di tempo – come la stagionalità dei lavori agricoli implicati lascerebbe pensare –, ma che vede impegnati in un territorio vasto 4.000 chilometri quadrati i lavoratori 10 mesi su 12, visto il susseguirsi delle varie raccolte: si va ora concludendo, ad esempio, la raccolta dei semi di cipolla, un lavoro che avviene di notte per non rovinare alla luce del sole il raccolto.

Lo ha raccontato il prefetto Iolanda Rolli, commissario straordinario del governo per la zona di Manfredonia nel quadro delle iniziative per fare fronte al fenomeno del caporalato, tentando di stroncarlo facendo leva sull’inserimento sociale dei lavoratori – tutti immigrati provenienti dai centri di raccolta della zona – e incrementando l’efficacia dell’impegno del terzo settore, come ha raccontato il prefetto.

Lo sfruttamento del lavoro, nome moderno della schiavitù, è il terzo reato al mondo dopo lo spaccio di droga e il traffico di armi. Si tratta di una schiavitù che ha come connotati più evidenti la mancanza di un qualsiasi contratto di lavoro, stipendi irrisori, orari di lavoro disumani e una intermediazione illegale.

Il prefetto Rolli ha raccontato la sua esperienza nel corso della due giorni di Workshop sul tema “Dall’accoglienza all’integrazione: il ruolo delle Regioni”, conferenza finale del progetto Comin 3.0 Competenze per l’integrazione. Si tratta della terza edizione di un progetto avviato nel 2011 e che ha visto in questa sua ultima fase dal 2017 impegnati 732 operatori pubblici e privati di oltre 300 istituzioni appartenenti a 5 Regioni: la Campania (capofila del progetto), con la Basilicata, la Calabria, la Puglia e la Sicilia più il Consorzio Nova.

La strategia del progetto, è stato spiegato alla conferenza alla quale hanno partecipato molti degli operatori che hanno seguito i corsi di formazione, è volta a rafforzare le reti e la capacità di governance regionale. Un obbiettivo che ha al centro il coordinamento territoriale fra istituzioni, enti locali e terzo settore al fine di una migliore qualificazione dell’offerta dei servizi per gli immigrati.

Introducendo i lavori Carmela Cotrone, della Regione Campania capofila del progetto, ha detto che che i 68,5 milioni di persone in movimento, soprattutto dal Sud dell’Africa – secondo i dati dell’Unhcr –, fanno della nostra «una fase storica particolare che ci impone di pensare globalmente ma di agire localmente. Si tratta infatti di affrontare fenomeni complessi in modo differenziato, ma comunque non mi pare che i numeri con i quali ci troviamo a confrontarci prospettino dei problemi irrisolvibili».

Secondo la rappresentante della Campania «spesso questi movimenti di civiltà sono causa di sviluppo dei territori o di un loro mancato sviluppo a seconda di come li si affronta. Noi cerchiamo di dare una risposta sperimentando una messa in opera dei nostri servizi. Abbiamo cercato di trasformare la macchina burocratica e amministrativa mettendoci dentro i bisogni dei territori.

«Interrogandoci su cosa volesse dire integrazione abbiamo incrociato problematiche legate alla salute, alla abitazione, alle politiche del lavoro, all’istruzione, alla formazione…», ha aggiunto Tatiana Esposito, direttore generale della direzione Immigrazione e politiche di integrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali: «Questi due giorni ci permettono di mettere ulteriore benzina in una macchina che si è già messa in moto».

Si tratta innanzi tutto di saper guardare al fenomeno dell’immigrazione, uscendo dalle polemiche quotidiane, sapendo che nei primi sei mesi di quest’anno sono arrivati in Italia 60.000 immigrati in meno dello scorso anno e che anche nella denominazione il fatto che si tratti o meno di regolari o irregolari «è una questione nominalistica legata esclusivamente alle leggi e al loro cambiare», come ha detto Antonio Ciniero dell’Università del Salento. Altro mito da sfatare è che chi arriva da noi non è l’ultimo degli emarginati perché «la povertà assoluta non si sposta».

Il progetto Comin 3.0 è cofinanziato dall’Unione Europea e dal ministero dell’Interno nell’ambito del Fondo asilo, migrazione e integrazione 2014-2020.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA