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Consulta Nazionale Antiusura: il bilancio di un’Italia in crisi

Sono state 123.926 le persone indebitate e a rischio usura ascoltate, oltre 20.222 le pratiche istruite: ecco i numeri di 23 anni di lotta all’usura che emergono dalla Relazione al Bilancio annuale 2017 della Consulta Nazionale Antiusura approvato all’unanimità ad Assisi

di Marco Dotti

Anche se nei primi mesi del decorso 2017 gran parte dei mass-media hanno "raccontato" la definitiva uscita del nostro Paese da una crisi profonda e prolungata, la realtà è ben altra. In Italia vivono in uno stato di grave indigenza economica 7,209 milioni di persone pari al 12% della popolazione ed il 26% versa in seria difficoltà. È il quadro che emerge dai resoconti delle trenta Fondazioni Antiusura riunite nella Consulta nazionale che operano sul territorio nazionale.

In questi 23 anni, leggiamo nella Relazione al Bilancio annuale 2017 della Consulta Nazionale Antiusura, approvato all’unanimità ieri, ad Assisi, dall’Assemblea ordinaria, sono state 123.926 le persone indebitate e a rischio e a usura ascoltate. Oltre 20.222 le pratiche istruite.

L’anno 2017 si è chiuso con 7.501 famiglie ascoltate dalle trenta Fondazioni Antiusura e n904 pratiche finanziate e garantite con fondi statali rendicontati (ed questo è un dato importantissimo) pari a 20.753.891,00.

I più colpiti in questi anni di crisi sono stati i giovani. Per loro la situazione è tuttora critica. Mentre in area Euro la disoccupazione generale si è attestata all’8,7%, in Italia si è fermata al 10,9% cioè al livello di agosto 2012. Il tasso di disoccupazione degli under 25 è tornato a crescere attestandosi al 32,8%, uno 0,3% in più rispetto al mese di gennaio c.a. occupando la terzultima posizione in Europa (la cui media è del 17,7%), dietro la Spagna 35,5% e la Grecia 45%. I più fortunati che riescono a trovare un lavoro, il più delle volte lo trovano in nero (13%).

Secondo i dati ISTAT i giovani che non studiano, non hanno un lavoro e non sono impegnati in percorsi formativi, i cosiddetti N.E.E.T., sono pari a 3 milioni 278mila, il 26% della popolazione fra i 15 ed i 34 anni, in maggioranza donne. Il primato dell’Italia è seguito in Europa dalla Grecia (25,6%) e dalla Bulgaria (22,8%).

Purtroppo il fenomeno si è evoluto nel tempo; nel 2004, primo anno di cui sono disponibili i dati, erano il 19,6%; il dato è sceso al 18,8% nel 2017 per poi risalire dal 2008, anno di inizio della crisi mondiale ed italiana, al 26%. La crisi ha favorito l’espansione del lavoro irregolare: mentre tra il 2012 e il 2015 andavano in fumo 462mila posti regolari, l’occupazione irregolare è aumentata di 200mila unità, oltre 3,3 milioni. Con l’impiego di irregolari le imprese hanno ridotto il costo del lavoro di oltre il 50% mettendo fuori mercato le aziende legali, con una evasione contributiva di 11 miliardi lasciando di conseguenza i lavoratori privi delle coperture previdenziali, assistenziali e sanitarie.

Secondo la Banca Mondiale il 50% della ricchezza globale è finita nelle tasche dell’1% della popolazione e solo l’1% è stato distribuito al 50% della popolazione più povera.

In Italia la recessione ha scavato ulteriormente il gap tra ricchi e poveri.

La Banca d’Italia, in una recente indagine sui bilanci delle famiglie italiane, ha verificato che il numero di persone a rischio di povertà, cioè con un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano, è salito al 23% (nel 2006 era al 19,6%), quasi una persona su quattro. L’indice Gini, che misura la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, è salito al 33,5% contro il 33% del 2014 ed il 32% del 2006. Le famiglie con capofamiglia più giovane, meno istruito o nato all’estero, hanno un rischio di povertà più elevato.

La disuguaglianza reale fra l’enorme ricchezza dei pochi e la disperante povertà di tanti è enormemente maggiore di ciò che risulta dai bilanci nazionali. In effetti, gran parte del danaro delle persone più ricche e potenti è nascosto al di là dei confini in valute diverse nonché in varie forme di beni e proprietà variamente occultati, invisibili, irreperibili, irraggiungibili soprattutto perché manca un serio impegno per riportarli dove serve.

ll rapporto tra la Fondazione Nazionale Antiusura, tramite la sua Presidenza, e la Segreteria della Conferenza Episcopale Italiana sono stati intensi e costruttivi. Si è sviluppata in continuità anche la collaborazione con la Caritas Italiana e con gli Organismi socio-assistenziali della CEI.

Sul piano istituzionale civile, i rapporti con il Ministero dell’Economia e delle Finanze anche nel corso dell’anno 2017 sono stati collaborativi.

Come ormai è prassi consolidata, la Consulta Nazionale Antiusura ha inoltre collaborato con il Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Prefetto Domenico Cuttaia, nello svolgimento delle attività proprie del Comitato nazionale di Solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura. Nel 2017 il Comitato ha deliberato interventi per Euro 17.905.972,11, di cui 11.378.254,66 a favore delle vittime di estorsione e Euro 6.527.717,00 a favore delle vittime di usura. Al Prefetto è stata sollecitata la soluzione relativa all’accesso delle famiglie alle provvidenze previste dall’art. 14 della Legge 108/96, allo stato riservate ancora, solamente agli operatori economici. Gli istituzionali rapporti intercorrenti con le Fondazioni antiusura, nel 2017 si sono svolti in un clima di vicinanza e collaborazione. Si sono associate alla Consulta Nazionale Antiusura la Fondazione “San Giuseppe Lavoratore” di Lecce e la Fondazione “San Martino Antiusura” di Tortona (Alessandria).


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