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Decreto Dignità, Becchetti: «Tutto sommato mi sembra una buona proposta»

Il provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri prevede lo stop agli spot di scommesse, il cosiddetto “fisco light”, multe sulle delocalizzazioni e interventi sul contratto a tempo determinato. «Molte delle misure sono state addolcite. La cosa migliore è la lotta all’azzardo, la più discutibile quella sui contratti», sottolinea l’economista con cui siamo andati a vedere norma per norma in cosa consiste il decreto

di Lorenzo Maria Alvaro

Il Consiglio dei ministri ha approvato il Decreto Dignità. «Un primo passo in avanti. Ma so benissimo che il nostro intervento non potrà prescindere dall'abbassamento del costo del lavoro che sarà nella legge di Bilancio», ha commentato soddisfatto il vicepremier Luigi Di Maio. Ma cosa prevede il provvedimento? Include in primo luogo un pacchetto fisco "light" con ritocchi al redditometro, lo slittamento della scadenza dello spesometro al 28 febbraio (dal 30 settembre) e lo stop allo split payment solo per i professionisti. Rivede la norma sulle delocalizzazioni che farà scattare multe da 2 a 4 volte il beneficio ricevuto per le imprese che delocalizzano “entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa agevolata”. La stretta resta per chi lascia l'Italia per un Paese extraeuropeo mentre è dubbio che sia applicabile a chi trasferisce l'attività, anche in parte, in uno dei Paesi dell'Unione. Il beneficio pubblico, inoltre, andrà restituito con gli interessi maggiorati fino a 4 punti percentuali. Arriva l'annunciata stretta sulla pubblicità di giochi e scommesse contro l'azzardopatia, fatti salvi però i contratti in essere e le lotterie a estrazione in differita, come la Lotteria Italia. E infine cambia il contratto determinato: per tutti i tempi determinati non si potranno avere più di 4 proroghe, con un limite di durata massima comunque non superiore a 24 mesi. Le nuove norme valgono anche nei casi di rinnovo dei contratti attualmente in corso. Un bilancio? Lo abbiamo chiesto all’economista Leonardo Becchetti.


Una delle novità contenute nel decreto dignità è il “fisco light”. Che ne pensa?
Che si sta perdendo una grande occasione. La strada giusta sarebbe quella di pagare meno e pagare tutti. Allentare invece le regole sull’elusione e sui pagamenti significa fare qualcosa di iniquo. Perché si fa un favore ai furbi. È stata certamente alleggerita la portata rispetto all’idea iniziale con i ritocchi al redditometro e lo slittamento della scadenza dello spesometro, ma si poteva cogliere questa occasione per fare una mossa decisa verso la riduzione del contante, che ormai è l’orizzonte in tutto il mondo, e l’estensione del metodo di collegare le Casse all’Agenzia delle entrate favorendo così forme di contratto fiscale che stimolino i clienti a richiedere lo scontrino.

Le delocalizzazioni da oggi saranno multate…
Anche questo aspetto è stato un po’ ridimensionato. Il problema che vedo è quello di separare le scelte buone da quelle cattive. Per un’azienda certe volte andare all’estero o diversificare è anche una questione di sopravvivenza. Però è giusto il principio che se lo fai non hai diritto agli incentivi. È un disincentivo alla delocalizzazione che può funzionare.

Lo stop alla pubblicità dell’azzardo è stato mantenuto. È una cosa giusta?
È la cosa migliore del decreto. Mi sono sempre espresso in questo senso e sul tema i 5stelle sono sempre stati sensibili. Hanno abolito una pubblicità ingannevole e subliminale che induce l’idea della vincita. La probabilità della grande vincita è la stessa di essere colpiti da un filmine. Al massimo possiamo accettare una pubblicità negativa come quella sul fumo. Le critiche che ci sono state sono ridicole. Chi fa pubblicità con l’azzardo può raccogliere gli stessi soldi con tantissimi altri settori dell’economia. Se lo Stato è vero che raccoglie 200 milioni di Iva stiamo parlando di una somma ridicola. E in ogni caso non è mai stato fatto bene il calcolo di costi benefici del fenomeno. Ci dicano quanto spendono di welfare a causa dell’azzardo.

Infine il Decreto rivede i contratti a tempo determinato. Una mossa che ridurrà il precariato?
Questa è la cosa forse più discutibile. L’idea che tutti i contratti a termine siano precariato è forzata. Certe volte si fanno i contratti a termine perché non ci sono alternative. La stretta, che non è una mossa particolarmente severa, apre un ragionamento. Perché esiste una categoria di lavoratori che è una via di mezzo tra lavoratore dipendente e partita iva. Penso agli operai imprenditivi o ai lavoratori della gig economy. Che tutele avranno queste persone? Non lo sappiamo


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