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Così la solidarietà di Progetto Arca resta al passo con i bisogni

Presentato all'Abbazia di Mirasole il Bilancio sociale 2017. Tra i numeri dei pasti distribuiti (2,4 milioni), l'accoglienza garantita a oltre 6mila persone, la sperimentazione per i senza dimora nel centro di via San Marco a Milano, il co-housing a Mirasole e i progetti di inserimento e formazione al lavoro emerge il ritratto di una realtà che ha fatto dell'ascolto della persona la sua bussola

di Antonietta Nembri

Non un atto formale, ma un momento di restituzione in cui come ha sottolineato il presidente di Fondazione Progetto Arca, Alberto Sinigallia «celebrare successi e fatiche e allo stesso tempo un punto di rilancio per gli anni futuri». All’Abbazia di Mirasole è stato presentato il nuovo Bilancio sociale della onlus che non ha solo rendicontato agli stakeholder attività, uso dei fondi, risultati, ma è stato un vero e proprio incontro per raccontare il metodo di una realtà che fin dalla sua nascita come associazione nel 1994 si è posta in ascolto dei bisogni e si è modulata su di essi più che su una strategia a tavolino.

Il racconto di numeri e azioni è stato affidato alla vicepresidente di Fondazione Progetto Arca, Laura Nurzia che ha acceso i riflettori soprattutto sul metodo di lavoro che nelle slide che scorrevano era simboleggiato da un omino stilizzato come in cammino.

Numeri tanti, da quelli relativi alla risposta a uno dei bisogni primari delle persone: l’accesso al cibo e quindi i pasti dispensati che nel 2017 hanno sfiorato i 2 milioni e mezzo (2.446.627 segnando un +14% rispetto al 2016). E si parla di colazioni, pranzi e cene all’interno dei centri di accoglienza, ma anche del cibo distribuito dalle unità mobili di strada a favore dei senza dimora e poi il sostegno rappresentato dai pacchi alimentari per le famiglie in difficoltà (5.190 quelli distribuiti a Milano, Brescia, Pavia, Torino e Napoli) e il Social Market di Bacoli (in provincia di Napoli). L’altra voce importante è quella dell’accoglienza che nel 2017 – anno di chiusura dell’hub Sammartini «dove siamo riusciti a lavorare insieme con 19 realtà», ha ricordato Nurzia – ha visto da un lato diminuire il numero dei beneficiari, ma contemporaneamente aumentare le notti di accoglienza «perché le persone restano con noi per molto più tempo» ha chiosato Nurzia con una sottolineatura non banale «le persone che accogliamo sono tutte facce», cioè individui cui viene dedicato un progetto.

«La prima risposta è al bisogno primario poi pian piano ai nostri ospiti offriamo prestazioni per favorire un percorso progettuale della loro vita». Tra i numeri spiccano poi i 160 homeless che non sono rientrati in strada, ma hanno iniziato un percorso di reintegrazione sociale «perché il problema di dove finiscono le persone non è secondario» ha concluso la vicepresidente di Arca che nel percorso inserisce proprio il luogo cornice della presenza: l’Abbazia Mirasole che è gestita da Arca con Progetto Mirasole, un’impresa sociale con obiettivi di accoglienza e reinserimento lavorativo. All'Abbazia, del resto è già attivo un progetto di co-housing e residenzialità che ha già accolto 14 persone in difficoltà.

Ad approfondire il metodo di lavoro di una realtà capace di generare un impatto sociale che moltiplica per tre il suo valore (a fronte di un costo di oltre 19 milioni e mezzo di euro, i progetti erogati alla collettività hanno un valore di mercato di quasi 59 milioni di euro) Costantina Regazzo che dirige i servizi della Fondazione. Regazzo ha sottolineato l’importanza, da un lato, di «capire il bisogno reale, compresi i bisogni latenti» e dall’altro «di non sottostimare mai le necessità e di guardare i dati, verificarli e modificare i servizi di conseguenza». Nelle sue parole emerge la necessaria duttilità che ha permesso di trasformare per esempio l’hub, divenuto un Cas. Inoltre è «fondamentale riuscire a lavorare in rete e non perdere il legame con le istituzioni». Esempi di questa capacità sono il servizio post-acute per gli homeless dimessi dagli ospedali, ma anche il progetto sperimentale di accoglienza in via San Marco a Milano, nato dalla collaborazione con Sea (i senza dimora erano all’aeroporto di Linate) e il Comune (proprietario della struttura).

Alla presentazione del bilancio sociale era presente anche l’assessore Pierfrancesco Majorino che ha ricordato come il rapporto tra Progetto Arca e il Comune sia nato proprio nel 2011 al culmine della crisi economica e poi con i flussi migratori «se Milano ha tenuto più che altrove è perché c’è stata la capacità di costruire progetti condivisi». Come ha sottolineato anche Riccardo Bonacina, fondatore di Vita, «il mettere in rete il fare comune è oggi una sfida culturale».


Da sinistra, Pierfrancesco Majorino, Alberto Sinigallia, Laura Nurzia, Tina Regazzo e Riccardo Bonacina, protagonisti della presentazione del Bilancio sociale 2017

Sfida che Alberto Sinigallia, nel presentare i piani futuri della Fondazione raccoglie ricordando che il piano strategico di Progetto Arca da qui al 2020 è quello di «affrontare il mondo in cambiamento e nel farlo non bisogna stare fermi». Le prossime azioni guarderanno infatti alla formazione lavorativa, alla casa e al lavoro (i bisogni sempre più emergenti nell’accompagnamento progettuale delle persone accolte e aiutate) «Sono tre colonne su cui appoggiarsi e qui a Mirasole è il luogo in cui rafforzarle», ha aggiunto Sinigallia parlando dell’imminente apertura della falegnameria , dei campi che saranno affittati a un’azienda agricola realizzata con gli ospiti del carcere di Opera, ma anche della cucina industriale già attiva in cui lavorano 17 persone il 65% delle quali sono lavoratori in svantaggio. «Nascerà anche un centro studi», annuncia Sinigallia che chiude il suo intervento sottolineando: «L’assistenzialismo di per sé non aiuta le persone, io posso fare 99 passi verso l’altro, ma il centesimo passo no. Quello lo deve fare lui perché se non lo fa non cambierà nulla».

In apertura foto di Progetto Arca @Lilitphoto